Alcune centinaia di lavoratori della scuola (quasi tutti docenti) e un migliaio di studenti hanno animato, a Catania, il corteo in difesa della scuola pubblica statale. Una manifestazione, cosi’ come e’ avvenuto in tutta Italia, con la quale si e’ detto no alla ‘buona scuola’ di Renzi e della Giannini.
No a quello che e’ stato unanimemente definito (ovviamente dai contestatori) un progetto pericoloso perche’ propone un’idea di scuola gerarchizzata, competitiva, non democratica all’interno. Una scuola decisamente lontana rispetto a valori e idee presenti nella Costituzione.
Avendo Argo già’ sviluppato queste riflessioni, proveremo a concentrarci su quanto avvenuto il 10.
Tra i lavoratori della scuola lo sciopero e’ stato proclamato dai COBAS, mentre tutti gli altri sindacati hanno espresso posizioni più’ articolate, limitandosi, in alcuni casi, a proporre raccolte firme a sostegno delle loro tesi.
La CGIL, pur non avendo aderito formalmente allo sciopero, aveva preannunciato la propria presenza in piazza a fianco degli studenti. Il che è avvenuto con un numero limitato di scioperanti e la ‘improbabile’ presenza di uno striscione retto da pochi militanti.
Tra gli studenti si sono delineate almeno tre posizioni.
L’Unione degli Studenti, promotrice in tutta Italia delle manifestazioni, ha lavorato in sinergia con i Cobas, partecipando a momenti di confronto comune fra docenti e allievi e prefigurando, anche dopo lo sciopero, percorsi collettivi di contrasto alle proposte governative.
I giovani che fanno riferimento al gruppo Kaos, che si definiscono alternativi a partiti e sindacati (tutti), hanno partecipato al corteo con proprie parole d’ordine.
Altri studenti, infine, hanno deciso di non partecipare alla manifestazione, indicendone un’altra per il 13.
Questi studenti hanno promosso nella stessa giornata di venerdi’ momenti di autogestione, un modo discutibile di contestare lo sciopero, proponendo di fatto a chi fosse entrato di non fare ugualmente scuola. Un segnale preoccupante per chi ha a cuore una vera partecipazione democratica, alla cui base non può che eserci una coerente assunzione individuale di responsabilita’.
Il corteo, unito nella critica al governo e negli slogan proposti, data la composizione variegata dei partecipanti, ha visto, al suo interno, maturare scelte differenti, tant’e’ che alla fine gli studenti giunti in piazza Universita’ (circa un terzo dei partecipanti) hanno deciso di occupare e svolgere un’assemblea all’interno del Rettorato, mentre i lavoratori della scuola hanno concluso nella piazza il corteo.
A unire indistintamente tutti il ricordo di Salvatore La Fata, il lavoratore edile specializzato, disoccupato da due anni, morto di recente dopo giorni di atroci sofferenze. Cercava di sopravvivere vendendo prodotti ortofrutticoli in un banco improvvisato in piazza Risorgimento e si era dato a fuoco, gridando lavoro e dignità, in seguito al sequestro della sua mercanzia da parte dei vigili urbani. L’intero corteo si e’ stretto accanto ai familiari, presenti alla manifestazione.
Dopo questo primo ‘sondaggio’ contro la vecchia scuola di Renzi, saranno i prossimi mesi a dirci se crescera’ il fronte degli opositori e, soprattutto, se sara’ capace di rispondere unitariamente indicando anche percorsi alternativi credibili.
foto Vittorio Turco
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Mentre sono lieto che qualcuno cominci a protestare contro la ‘buona scuola’ renziana (neppure Grillo lo fa…la scuola interessa poco a tutti), vorrei aggiungere un elemento di contestazione ulteriore.
Anche l’Universita’ – ma anche di questo pochi se ne accorgono – sta per essere ‘de-statalizzata’ oltre che destituita di ogni credibilità, al di là delle sue colpe oggettive, e fatta morire per lenta asfissia, mentre i nostri migliori ricercatori arricchiscono il resto del mondo.
L’ultima sparata è che nella spending review dei singoli ministeri, per trovare i fondi con cui pagare la promessa di sistemare i precari della scuola (giusto!) si tolgono dall’università, dove ormai non riesco più a capire cosa si possa tagliare, se non… l’università (pubblica) stessa.
Come se i precari non ci fossero anche nell’università, e non siamo costretti a licenziarli anche dopo anni di onorato servizio didattico e scientifico.
ma forse sono troppo pochi perche’ facciano cassa elettorale per i politici…
Un corteo su questo dovrebbe avere una banda al seguito che suoni un requiem, così che la gente si accorga di che stiamo parlando, prima di cosntatarlo quando i loro figli non potranno più entrare in una università pubblica decente. Ma sarà troppo tardi.