Ma cosa avranno mai fatto di male i 200 giornalisti accreditati per essere condannati a quella Canossa, ad attendere al freddo di questa stagione prima di poter entrare alla ST microelettronics? Per vedere da lontano il presidente Napolitano dopo averlo a lungo guardato dentro un maxischermo.
Del resto non è stato quello l’unico caso di sequestro/bavaglio alla stampa. La giornata della visita presidenziale a Catania si è snodata tutta così, dall’incontro a Palazzo degli Elefanti in poi.
Lì, nel salone Bellini gremito di autorità, mentre di fronte ad un taciturno presidente della Repubblica veniva firmata la costituzione del Distretto del Sud Esttra i territori di Catania, Siracusa e Ragusa, i giornalisti erano stati sequestrati nella sala Giunta, attigua ma irraggiungibile perché protetta da una fitta cortina di poliziotti, nel caso qualcuno, indisciplinato e curioso, intendesse trasgredire varcando la soglia tra i due ambienti.
In compenso anche lì era stato montato uno schermo. I televisivi vi avevano attaccato sopra con lo scotch, microfoni e registratori e indisturbati, parlottavano tra loro, sicuri di ritrovare l’audio in un secondo momento, in redazione. La carta stampata tentava di prendere appunti tendendo l’orecchio al di sopra del brusio.
I cameraman erano gli unici ad avere accesso alla sala e ad essere quindi ammessi alla presenza del capo dello Stato. Ma loro, si sa, non parlano, non fanno domande di nessun tipo, tantomeno irriverenti o critiche, loro riprendono soltanto con le loro camere mute. Nonostante ciò i poliziotti della security davano le spalle ai relatori e agli ospiti e tenevano d’occhio fotoreporter e cineoperatori, nella loro postazione in fondo al Salone. Non si sa mai a qualcuno venisse in mente di avvicinarsi e prendere la parola.
Subito dopo Napolitano si è recato in visita privata in cattedrale per vedere le reliquie di sant’Agata. La santa non costituiva alcun pericolo per il presidente: pur essendo un busto, la patrona di Catania è, infatti, ben lontana dall’essere un mezzobusto. Così, tranquilli, niente interviste.
Napolitano ha preso la parola solo alla ST parlando di ricerca e innovazione, giovani e futuro, eccellenza e sviluppo, di Mezzogiorno e di Europa e incontrando responsabili e lavoratori ma non i giornalisti.. Loro – come abbiamo già detto – erano stati lasciati addirittura fuori all’addiaccio: solo dopo le proteste sono stati fatti entrare e solo per guardare Napolitano stavolta “live” ma a debita distanza.
I giornalisti erano stati convocati per le 16, un’ora prima dell’arrivo del capo dello Stato alla zona industriale. Alcuni avevano anche anticipato. Tutti sono stati accuratamente controllati all’ingresso del parcheggio, all’ingresso dello stabilimento, davanti alla portineria, e successivamente convogliati nonostante la temperatura non fosse primaverile, alle spalle del plesso L7, sempre all’aperto, dove li attendeva l’ennesimo maxischermo.
Alle 16,10 un addetto alla sicurezza ha informato la stampa che la sala al chiuso doveva essere “bonificata”, operazione per la quale occorrevano ancora 5 minuti. Ma i 5 minuti passano e cinque e cinque ancora. Solo alle 16,45 e solo dopo l’unanime protesta degli assiderati, la sala già gremita, si apre. I giornalisti entrano ma rimangono nelle ultime file e in piedi. Ottima postazione per un lavoro che presuppone la possibilità di osservare da vicino.
Eccellente organizzazione! Accrediti distribuiti generosamente anche a qualcuno che giornalista non è; anzi è imputato per truffa aggravata ai danni di un ente che si occupa di ragazze madri e di donne che hanno subito violenza. In compenso gli organizzatori hanno dimenticato di invitare in Comune il Procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi che ha potuto raggiungere il presidente solo nel pomeriggio ai Benedettini.
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E’ un segnale di speranza che il Procuratore abbia incontrato il Presidente lontano dal Comune. La fretta ed il silenzio di Napolitano nell’avere abbandonato la seduta comunale conferma l’ accortezza del dott.Salvi. La blindatura continua per i giornalisti durante tutti gli incontri, sebbene sorprendente, è ampiamente giustificata dal diritto del Presidente Napolitano, di prevenire domande in relazione ai due miliardi di euro di finanza immobiliare da tempo irregolarmente predisposta nel porto mercantile di Catania che potrebbe essere già oggetto di indagini e coinvolgere personalità di governo nazionale.
Tale riservatezza del Presidente Napolitano ci fa ben sperare che presto egli stesso rigetterà il DDL n.370 del 3/4/13 che tenta di stravolgere le finalità mercantili dei porti nazionali come finalità urbanistiche analoghe , indipendenti e concorrenti a quelle delle rispettive città di appartenenza. Catania corre il concreto pericolo di una sanatoria della suddetta speculazione finanziaria, poiché il Sindaco in testa è ancora silente sul delicatissimo argomento di tale DDL e delle relative connessioni affaristiche e clientelari.
non riserverei agli attuali procuratori della Repubblica attenzioni particolari. Con le loro costanti omissioni hanno consentito che Catania si riempisse di cemento al posto di vecchie casette a solo un piano fuori terra. Chi potrà compensare le carenze in ordine agli standard urbanistici per queste nuove costruzioni? In via Francesca Corso ad angolo con la via Passo Gravina è stata demolita una casetta ad un piano di modestissime dimensioni ed al suo posto si sta erigendo una palazzina a 4 piani di orrenda fattura. Chi può averla autorizzata ? In base a quale piano regolatore si sostituisce una casa di pochi metri cubi con una diversa struttura a quattro piani? Cosa fa l’ufficio tecnico? Cosa fa la procura?
Con le prossime europee il presidente è venuto, come fece B., a ribadire che adesso il nuovo partito di regime è il suo P(CI)D.
Bianco gli dia pure le assicurazioni che fece allora il non commemorato Scapagnini, ma stavolta la gente è meno assuefatta (spero).
Un interessante libro di un valente politico (fuori dai giochi)mette in risalto il fallimento della politica ed il conseguente intervento della magistratura nel “raddrizzamento” dei torti subiti dalla collettività (il riferimento è a “mani pulite”). In questo modo l’autore, ed io condivido, sostiene che tutto ciò decreta a sua volta un sovraccarico istituzionale della seconda ed un avvitamento della giustizia. Adesso noi non vogliamo che lo stile sia quello che il politico o l’amministratore “ci provano” ed il magistrato interviene tirando loro le orecchie. Abbiamo il diritto di vivere in una società “normale” dove la conduzione politica sia corretta e tesa al soddisfacimento degli interessi collettivi e l’intervento della procura non debba essere necessario ad ogni respiro dell’amministratore. Questa amministrazione ha fatto delle dichiarazioni programmatiche in riferimento alla “legalità”; ebbene, noi siamo qui, non ad aspettare la regalia, ma ad avere soddisfazione con azioni concrete e con la condivisione dei progetti su questa città che non può continuare ad essere la prateria dove fare scorrazzare imprenditori edili di vecchio e nuovo appetito a dispetto delle opere veramente necessarie. Noi cittadini sostenitori vogliamo essere fedeli al patto con l’amministrazione; che l’amministrazione, orgogliosamente, rispetti in egual misura.