Librino, non solo degrado

3 mins read

Librino non è solo degrado, noi ci viviamo con dignità” esordisce così Sara Fagone, abitante del quartiere e responsabile della sezione locale della CGIL, aprendo i lavori dell’assemblea svoltasi ieri pomeriggio, nella sede di viale Bummacaro, “Contro l’illegalità diffusa e per la valorizzazione del quartiere”. Invitati -e presenti- i rappresentanti di associazioni, scuole, municipalità, partiti, università, tutta quella rete di soggetti che operano da tempo sul territorio e che -sulla base di una riflessione comune- hanno redatto alcuni anni fa una Piattaforma per Librino, ricca di indicazioni concrete, che andrebbe riproposta alla città.
Invitata all’incontro, ma assente per una contemporanea riunione di Giunta, l’amministrazione comunale. Presenti, invece, il consigliere comunale del PD Niccolò Nortarbartolo, la parlamentare nazionale Luisa Albanella, la sindacalista Pina Palella.
Non è stata solo l’aggressione subita da Luciano Bruno mentre fotografava il Palazzo di cemento a fare scattare la molla che ha richiamato queste persone. Aggressioni analoghe sono state subite da ragazzini del quartiere, conducenti AMT e netturbini, tanto da indurre Santo Molino, preside dell’Istituto Comprensivo Pestalozzi ad interrogarsi se, rispetto a 5-10 anni fa, l’illegalità si sia rafforzata, proprio a partire da una crescente marginalizzazione del quartiere.
“Per vincere questa battaglia -afferma- bisogna innanzi tutto che Librino non sia considerato ‘altro’, ma una parte integrante della città“. E che le forze positive presenti sul territorio riprendano il filo dell’azione comune, tornando a quella attività di confronto e di elaborazione collettiva mai interrotta ma forse indebolita, per chiedere con forza alla nuova amministrazione, meno sorda delle precedenti, di rispondere con fatti concreti alle richieste avanzate dal quartiere.
Punto primo all’ordine del giorno il ‘palazzo di cemento‘, simbolo della illegalità e dello spaccio di droga, sgombrato in seguito ad un bliz, ma tornato ad essere punto di riferimento dei gruppi mafiosi, una struttura che una parte degli abitanti del quartiere vorrebbe che fosse abbattuta per ribadire, anche simbolicamente, la chiusura di un ciclo.
Una proposta che non piace a Molino perchè “il traffico illecito sarebbe solo spostato altrove”. Molto più significativo sarebbe un intervento di riqualificazione e la trasformazione della struttura in un presidio di legalità, destinando qualcuno dei piani dell’enorme edificio a sede di una presenza istituzionale.
Abbattimento o rimodulazione del progetto non sono, tuttavia, da mettere facilmente in campo, visto che il finanziamento di 13, 7 milioni, immediatamente cantierabili, concesso dal Ministero delle Infrastrutture alla giunta Stancanelli, è stato previsto per sopperire al disagio abitativo, come precisa il consigliere Notarbartolo, presidente della Commissione lavori pubblici, e come ribadisce Giusi Milazzo del Sunia.
Un finanziamento cospicuo ma non ancora utilizzato a causa delle casse vuote del Comune, che dovrebbe anticipare i soldi, anche se -ricorda Notarbartolo– tra febbraio e marzo la situazione potrebbe essere sbloccata dall’arrivo di circa 50 milioni di liquidità da cominciare ad utilizzare per le opere ritenute prioritarie.
Urge quindi il controllo sulle scelte della Giunta, a cui le associazioni di Librino intendono chiedere il rispetto delle promesse elettorali. Urge soprattutto riproporre il metodo della partecipazione e delle proposte elaborate dal basso che ha portato, in 10 anni di lavoro, alla redazione della Piattaforma per Librino, che dimostra la vivacità culturale e l’attivo lavoro di rete che fanno di questo quartiere un luogo in cui si pensa, si discute, si progetta.
E se i sopralluoghi di assessori e membri delle commissioni consiliari (come quello annunciato per sabato da Notarbartolo) possono essere apprezzati come modalità di approccio ai problemi di Librino, ormai il quartiere si aspetta interventi rapidi, concreti e soprattutto integrati. Non a caso molti degli intervenuti sono scettici sulla utilità di simboliche manifestazioni di protesta che non hanno ricadute concrete.
Come ricorda Laura Saija, ingegnera dell’Università di Catania, non bisogna rischiare di cadere negli errori del passato né accontentarsi delle ‘inaugurazioni’ di edifici ristrutturati per essere subito dopo abbandonati. Basterebbe studiare le “azioni consolidate messe in campo in quartieri simili di altre città e individuare piccoli ma significativi interventi ‘pilota’ con forte impatto sociale”. Comunque sempre azioni integrate e mai interventi singoli.
Un intervento immediato, fattibile ed economico, chiesto a più voci, potrebbe essere quello di trasferire a Librino un paio di assessorati. Non solo dimostrerebbe che Librino è parte integrante della città e non un mondo a parte da guardare con diffidenza, ma il trasferimento di uffici pubblici in strutture che sono nella disponibilità del Comune permetterebbe a quest’ultimo di risparmiare sui fitti passivi. Altri di questi ‘contenitori vuoti’ potrebbero essere destinati all’associazionismo di quartiere.
E se le richieste più ‘scontate’ (capillare presenza delle forze dell’ordine, illuminazione adeguata, luoghi di socializzazione) vengono fuori quasi a margine di alcuni interventi, come quello molto concreto della ‘librinese doc’ Eleonora Guzzetta, esponente dell’associazione South Media, riemerge più volte il tema della centralità della scuola, “presidio di legalità -come afferma Cristina Cascio, dirigente della Musco– non meno importante di un caserma dei vigili urbani”.
Tocca adesso alla politica, come ‘governo della polis’, e quindi all’amministrazione comunale, farsi carico delle decisioni e intervenire con atti concreti e tempestivi.

2 Comments

  1. Evviva i politici catanesi! Ci penseranno loro.
    🙂
    (PS:
    1 L’assemblea delle associazioni aveva chiesto un teatro, per un giorno, per Luciano: richiesta ignorata?
    2 Le associazioni avevano chiesto una Casa dell’Informazione e una Casa delel Associazioni, intitolate rispettivamente a Fava e Scidà, nei beni confiscati: richiesta ignorata?
    3 A Catania esiste una cosa chiamata I Siciliani di cui però, da trent’anni in qua, non bisogna parlare…)

  2. una bella realtà di gruppi e persone che dialogano, speriamo di vedere i frutti, per tutto il quartiere. E di coinvolgere i giovanissimi, i grandi assenti di ieri

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Gli ultimi articoli - Periferie