Muos, la visita guidata dei giornalisti embedded

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Erano venuti in ‘gita sociale’ organizzata da US Navy e Ministero della Difesa per sentire esaltare le magnifiche sorti e progressive del MUOS di Niscemi.
Ma il folto gruppo di giornalisti ospitati a Sigonella e portati in giro su un autobus militare scortato da un nutrito schieramento di polizia e carabinieri, ha subito dimostrato di non avere informazioni sufficienti a comprendere lo stato della questione.
Non sapevano chi fosse Massimo Careddu, uno degli scienziati indipendenti scelto come consulente dal Comune di Niscemi, ma soprattutto si è fatto di tutto per non farli entrare in contatto con i cittadini di Niscemi e gli attivisti NoMuos.
C’è voluto il coraggio di alcuni attivisti che si sono infilati letteralmente sotto l’autobus proprio mentre passava davanti al presidio del Coordinamento dei Comitati No MUOS per mettere in scena un incontro fuori programma fra i giornalisti, il dottor Careddu e altri esponenti del movimento.
Solo in questo modo avventuroso i giornalisti, precettati dagli americani e dal nostro ministero della Difesa per un’operazione di belletto posticcio al MUOS, hanno potuto sentire le ragioni e le testimonianze di chi si oppone all’istallazione delle antenne in nome della salute, della sicurezza dei voli civili e dell’autodeterminazione dei cittadini.
Riportiamo integralmente il racconto della giornata così some è stato diffuso da un comunicato stampa del Coordinamento dei Comitati No MUOS
Giornalisti sull’autobus militare a Niscemi circondati dal cordone di polizia: il nuovo modello dell’informazione targato US Navy e Difesa.
Escono dalla base militare americana con un ingente schieramento di polizia e carabinieri, funzionari della questura e di chissà quale altri “corpi speciali”. I giornalisti sono stipati su un autobus militare sicuramente poco confortevole, considerati i trentacinque gradi del sole di Niscemi.
Attivisti vanno loro incontro gridando a squarciagola: “Massimo Coraddu vi aspetta al Presidio No MUOS”.
E qui arriva la prima sorpresa: “Gran parte dei giornalisti sull’autobus non sapeva chi fosse Massimo Coraddu – puntualizza la Santarelli, del gruppo No MUOS Comunica – purtroppo, è un cattivo segnale di come si sia proceduto a concepire l’opera di‘sensibilizzazione’ nei confronti della stampa. Crediamo sia necessario che i giornalisti invitati dal governo italiano e dai marines si informino adeguatamente sul MUOS, le antenne, e gli scienziati indipendenti come Zucchetti e Coraddu”.

Un’altra grande anomalia è stato il blocco delle strade che portano all’ingresso della base. “Pur mostrando il tesserino di pubblicista, a tre chilometri dalla base, ho dovuto procedere a piedi sotto il sole cocente: in molti vi hanno rinunciato”, afferma la Santarelli.
Il gruppo comunicazione del coordinamento dei comitati No MUOS (raggiungibile all’indirizzo email: comunica@nomuos.info ) tenta di stabilire un contatto con alcuni giornalisti presenti all’interno della base per invitarli a sostare alcuni minuti al presidio per incontrare gli attivisti e lo scienziato Massimo Coraddu, l’esperto del politecnico di Torino e consulente del comune di Niscemi, che in questi giorni si trova in Sicilia.
Ma l’operazione balcone fiorito non ammette deroghe, la gente dev’essere tenuta a distanza dai giornalisti e dai reporter. E non è previsto che i giornalisti possano mettere il naso fuori dal pullman militare, se non all’interno della base (una base, ricordiamolo, che non è della Nato ma ad uso esclusivo della marina militare statunitense) ove sorge il MUOS. Neanche fossimo ai tempi di Videla o di Pinochet.
Cordoni di polizia, infatti, isolano la zona per un raggio di alcuni chilometri e impediscono per l’intera giornata a ogni genere di veicolo di accedere alla contrada Ulmo e alle strade che conducono alla base: in pochi riescono a passare a piedi previa identificazione, controllo dei “pregiudizi” e registrazione su particolari brogliacci ove solerti agenti annotano le generalità e gli estremi dei documenti di identità.
Ma tutto questo i giornalisti in visita alla base lo ignorano e non potrebbe essere altrimenti vista la distanza incolmabile che l’operazione balcone fiorito costruisce fra propaganda e realtà.
Ma a sorpresa qualcosa s’inceppa. Proprio davanti al presidio del Coordinamento deiComitati No MUOS, alcuni temerari si intrufolano sotto il pullman militare che si vede costretto a fermarsi. I giornalisti non scendono, dentro e fuori l’autobus il caldo è insopportabile. Eppure al presidio vi è un’ampia area all’ombra ideale per ospitare riunioni. Si decide di consentire al dr Coraddu e a un paio di attivisti di salire sul pullman e incontrare i giornalisti. C’è nervosismo fra gli organizzatori del tour guidato, si cerca di sminuire il valore delle loro testimonianze.
I pochi minuti a disposizione, e in una situazione decisamente disagevole, sono sufficienti a pronunciare numerose parole di grande peso: salute con tumori e leucemie dieci volte la media nazionale in ogni fascia di età, ambiente, pace, sviluppo del territorio, pericoli per la navigazione aerea, sovranità popolare, smilitarizzazione se non di tutta la Sicilia almeno delle sue aree protette. Non risulta che gli altri impianti MUOS siano installati come qui in una riserva naturale, né che le parabole siano puntate, come a Niscemi, verso la superficie circostante e la popolazione che vi risiede.
I temerari sotto il pullman, protetti da un cordone di cittadini festanti, riguadagnano la porta del presidio. Il pullman dei giornalisti riprende il suo viaggio per Sigonella ove un volo dell’aeronautica militare li riporterà lontano da qui.
La giornata di “informazione” targata US Navy e Difesa del Governo italiano si chiude con una vittoria del Movimento No MUOS.
Gruppo comunicazione del Coordinamento dei Comitati No MUOS
 

1 Comments

  1. Mi fa talmente tanta rabbia e mi da un tale senso di desolazione il fatto che ci possa essere questa sordità e questo accanimento nell’accettare la costruzione del MUOS. Al di là delle ragioni politiche e diplomatiche, c’è anche molta poca lungimiranza nel non capire che un amuneto dei tumori causa anche un aumento della spesa pubblica, per non parlare del menefreghismo di fronte al prezzo umano.
    Mi raggela anche l’ipocrisia nel non volere vedere ed evidenziare le differenti caratteristiche del territorio in cui sono state construite le altre antenne. Non vedo chi possa salvarci e mi manca la speranza.

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