Così si muore di lavoro

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Uno spazio angusto, nero e asfittico, soffocante come una cella anche se privo di sipario, buio come un dolore che niente e nessuno può lenire, vuoto come la solitudine, nero come l’aria che manca, che non circola più nei polmoni di un operaio morto di lavoro, proprio il giorno prima del licenziamento. Morire di lavoro che c’è e morire di lavoro che manca.
E’ questo “Entro i limiti della media europea, oratorio in nero per le morti bianche (così le chiamano)”, pièce di Nino Romeo con Graziana Maniscalco e Nino Romeo, diretta da Nino Romeo e riproposta nei giorni scorsi al teatro Coppola.
Al centro della scena la bravissima Graziana Maniscalco, una figurina vestita di nero che tenta di elaborare un terribile lutto. Suo marito è l’ennesima vittima di un incidente sul lavoro, morto solo da poche ore. La piccola donna chiede, risponde, commenta e ricorda. Una serie di flash back fanno emergere il rapporto con il marito, la vita della famiglia, il rigore di risparmi sempre più rigidi, i progetti per il figlio. Poi il ritorno al presente e a quella perdita senza riparazione, senza ritorno, la morte del marito che dall’indomani sarebbe stato disoccupato.
Ma la piccola donna non è poi così fragile, se ha la forza di rifiutare la partecipazione a trasmissioni televisive sulla morte di suo marito e l’intervento dell’istituzione con l’offerta di funerali di Stato. Il suo dolore resterà privato, non diventerà spettacolo. Sarà suo, solo suo, quello almeno. Non servirà a cancellare i sensi di colpa di chi permette o, peggio, provoca tutto ciò ma ad accusare, per sempre.
Anche prima del doloroso monologo della donna, un’altra accusa viene lanciata ossessivamente dal palco: “Bastardi, assassini , chi mi ridà mio figlio? Pagherete caro, bastardi assassini, pagherete tutto. Chi mi darà mio figlio?”
Sono le parole che il padre di uno degli operai morti nel rogo della Thyssen ripeteva mostrando la fotografia del figlio. Ed è da questo terribile fatto di cronaca che è nata in Nino Romeo l’idea di mettere in scena e di denunciare la tragedia di tutte le morti cosiddette bianche, degli incidenti sul lavoro.
“Il titolo – è scritto sulla brochure dello spettacolo – riporta una frase tante volte ascoltata da politici, imprenditori, commentatori: il cinismo di questa frase non è soltanto verbale; è cinismo “di sistema”.
Non è vero che le morti sul lavoro sono “un dramma nazionale che unisce tutti i cittadini”; è una tragedia secolare che ci divide: per condizioni, per sensibilità, per valori”.
Il lavoro di Nino Romeo ha ricevuto il Premio Calcante 2010, Ecco la motivazione: “Entro i limiti della media europea di Nino Romeo è -al contempo- un assai incisivo pezzo di “teatro politico” e una suggestiva prova di teatro delle passioni, dell’ira e della dignità offesa. La terribile vicenda del rogo della Thyssen risulta emblematica e incancellabile nella nostra memoria individuale e sociale; e Romeo ha avuto, anche sul piano strettamente drammaturgico, la capacità di renderne il senso atroce con un linguaggio scarnificato eppure densissimo, incandescente e tuttavia raggelante. Dal pozzo oscuro del suo dolore, la moglie di un operaio morto da poche ore in un incidente sul lavoro, incarnata sulla scena da un’attrice di plastica sensibilità come Graziana Maniscalco, impartisce una dolorosa lezione di consapevolezza civile col suo rifiuto di prestarsi al gioco delle cerimonie ufficiali, che sempre più somigliano a una pantomima autoreferenziale e ipocrita, opponendo invece a tutto ciò un percorso di disperato ritrovamento memoriale e onirico del compagno perduto. Un monologo di lacerata compostezza”.
Lo spettacolo fa parte della rassegna “Andare Camminare Lavorare” del Teatro Coppola di Catania che invita a riflettere sulle possibili declinazioni e interpretazioni del concetto di lavoro: bisogno, rifiuto, sfruttamento, ricatto, dovere morale, talento, imposizione e molto altro.

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