Destinato, nel progetto di Maroni, ad ospitare i richiedenti asilo, é diventato un C.A.R.A. (Centro Accoglieza Richiedenti Asilo). Parliamo del Villaggio degli Aranci di Mineo, ribattezzato impropriamente anche Villaggio della solidarietà. La follia di spostarvi persone già accolte in altri CARA d’Italia, interrompendo un percorso di integrazione già iniziato, non è stata l’unica. Ne abbiamo già parlato. Ma c’è dell’altro.
Costretto dalle pressione delle Associazioni che lavorano con i migranti, il ministero non ha potuto trasferire i richiedenti asilo più vulnerabili, che non sono pochi… Si profilava probabilmente una sottoutilizzazione della megastruttura presa in affitto (proprietà Pizzarotti) proprio nel momento in cui si doveva fronteggiare la pressione degli arrivi a Lampedusa. Ne è scaturita la decisone di traferirvi alcuni dei migranti appena arrivati, soprattutto Tunisini, ma non solo.
Trasferiti tutti in un non-luogo, lontano dai centri urbani e mantenuto in un isolamento deliberato a causa della decisone di non ammettervi i legali e i rappresentanti di quasi tutte le associazioni che operano in difesa dei migranti. Ma nella struttura, magnificata per la presenza di villette circondate da prato e fornite di giochi per bambini, mancano soprattutto i servizi essenziali realmente utili ai nuovi “ospiti”.
Lo hanno appurato i pochi avvocati che sono potuti entrare perchè nominati da alcuni richiedenti asilo, migranti che hanno ricevuto il diniego alla loro richiesta di asilo e intendono fare ricorso. E sono fortunati perchè hanno avuto la possibilità di nominare un legale, mentre la maggior parte degli altri ha grosse difficoltà a farlo.
La Croce Rossa, a cui è affidata la gestione del CARA, non offre nessun servizio legale e se gli “ospiti” volessero cercare di contattare un avvocato, devono comunque andare a piedi in città, Mineo o Catania che sia, perchè manca una navetta di collegamento. Oltre alla fatica rischiano anche la vita perchè si tratta di strade molto pericolose.
Alcuni richiedenti asilo sono stati, inoltre, come risulta ai loro avvocati, denunziati all’autorità giudiziaria per reato di clandestinità, prima della formalizzazione della domanda di protezione internazionale.
Molti di coloro che sono stati trasferiti a Mineo, non sono in possesso del relativo provvedimento da parte del questore. Nessuno glielo ha notificato. L’assenza di questo atto rende illegittimo il trasferimento e non permette di conoscere i motivi del trasferimento stesso, che non può quindi essere contestato per via giudiziaria.
Ecco i servizi di cui gli avvocati ammessi al CARA hanno denunciato la mancanza. Innanzi tutto sono assenti una linea telefonica e un fax, necessario non fosse altro che per inviare un atto di nomina ad un legale. Mancano anche gli interpreti che permettano ai migranti di capire bene la loro situazione e di conoscere i diritti riconosciuti a loro dalla legge, tra cui quello del gratuito patrocinio. Anche il provvedimento di rigetto della richiesta di asilo viene consegnato senza la traduzione nella lingua del richiedente, quella che è stata utilizzata nel colloquio con la Commissione Territoriale, collocata comunque in un’altra regione d’Italia.
Nel provvedimento non viene segnalato (e nessuno informa di questo i richiedenti) il fatto che, essendo ospitati in un CARA per cui è competente il Tribunale di Catania, per impugnare il diniego non devono più recarsi presso il Tribunale dove insistono le Commissioni Territoriali che li hanno ascoltati, ma a Catania.
Le carenze denunciate non sono di scarsa importanza. Tanto è vero che da Arci, ASGI, Centro Astalli e Caritas è stata fatta la richiesta formale di convocazione del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione per discutere dei problemi relativi al centro di Mineo, compreso quello della regolamentazione delle modalità di ingresso degli enti e quello della situazione dei minori.
La presenza dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) non è causale. Ad essere tradita nella gestione del CARA di Mineo non è solo la dignità delle persone “ospitate” (e scusate se è poco) ma anche la lettera della legge. E’ infatti la legge a prescrivere l’obbligo, per l’ente gestore del CARA, di garantire un servizio di informazione legale, di interpretariato e di mediazione culturale. Impossibilitati a rispettare i tempi previsti per il ricorso al diniego, i richiedenti rischiano di ricevere un decreto di espulsione che, se non osservato, avrebbe conseguenze penali.
La domanda a questo punto è la seguente: chi sta violando le legge? I migranti o il governo?
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