Non sappiamo se l’Ikea aprirà mai un ‘negozio’ in Kazakistan, ma certo il responsabile dell’azienda per quel paese difficilmente potrà lamentare, da parte del rais locale, un trattamento simile a quello subito dal suo collega Ton Reijmers, responsabile per l’Italia, a Palermo.
Il fatto: per quanto convocato dal governatore Lombardo, dopo aver fatto un’ora di anticamera, si è sentito dire che il Presidente era fuori sede e che sarebbe stato ricevuto solo dal suo capo di gabinetto.
L’oggetto (apparentemente nobile) del contendere: pochi operai ex-Cesame assunti nel nuovo punto vendita che sta per aprire a Catania, riutilizzando una parte del dismesso stabilimento che produceva sanitari.
L’oggetto (probabilmente reale) del contendere: l’imperdonabile comportamento dell’Ikea in materia di selezione del personale, svolta esclusivamente attraverso procedure online, sottraendo così il ricco osso del controllo clientelare delle assunzioni ai famelici politici locali.
Una pratica di cui si è ripetutamente sentito parlare in occasione di ogni apertura di centri commerciali, di cui ormai è difficile tenere il conto, e che è diventata uno dei principali cespiti elettorali della grande politica siciliana.
D’altra parte, come avrebbero dovute essere gestite le 48000 le domande di assunzione che avevano intasato il sito dell’azienda svedese, a fronte di un’offerta di 240 posti di lavoro più un centinaio nell’indotto?
E via con l’accusa di colonialismo alle multinazionali che vengono in Sicilia solo per fare i loro (porci?) comodi e fanno solo contratti part-time e a tempo determinato.
Non si tratta di difendere nessuno, ma le leggi che regolano attualmente il mercato del lavoro e lo hanno reso il regno del precariato a tempo indeterminato, senza peraltro riuscire a far diminuire la disoccupazione, soprattutto giovanile, che ormai si è assestata al 29% a livello nazionale, non le hanno mica inventate le aziende.
I politici si preoccupino dunque di questo gravissimo problema, ancora più consistente soprattutto nel Mezzogiorno, e lascino alle aziende la responsabilità di fare il loro mestiere.
Sono i politici di tutte le stagioni che hanno legittimato queste pratiche, e non sarebbe stato certo diverso il trattamento se le assunzioni fossero state ‘mediate’ dai caporali locali.
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