Un nostro lettore ci propone, a caldo, alcune riflessioni sui risultati referendari. Nessuna pretesa di analisi articolate, per cui occorrerà più tempo; più semplicemente, uno stimolo per aprire una discussione di cui tutti cogliamo l’importanza e la necessità
Chiuse le urne, un commento sulle votazioni per i referendum e sul quorum ben lontano dal necessario.
Quello che meraviglia non è che molti non vanno a votare (anche senza bisogno dei suggerimenti astensionisti), ormai questo è un dato di fatto della nostra stanca democrazia.
Ma in questo caso non si eleggevano rappresentanti, di cui sempre meno elettori si fidano, a qualunque partito appartengano. Si votava per cambiare alcune norme: quindi un raro caso di democrazia diretta. Ma neppure questo interessa al popolo, sovrano solo di nome, in realtà abituato ad essere suddito: suddito di chi invita a non votare, di chi non sa spiegare adeguatamente i vantaggi del perchè votare, di chi ha interesse a non cambiare.
Quello che sorprende nel flop dei referendum è che evidentemente non hanno votato molti di quelli che erano potenziali beneficiari dei cambiamenti previsti dai quesiti: lavoratori in cerca di tutele, per non essere licenziati indiscriminatamente nelle piccole imprese, per finirla con i contratti brevi, per avere più sicurezza nei subappalti.
I professionisti o gli agiati pensionati non avrebbero avuto alcun beneficio dalle modifiche, eppure molti di questi hanno votato. E invece non lo hanno fatto molti che avrebbero dovuto tutelarsi cambiando norme che li svantaggiano: non solo sudditi, ma pure autolesionisti.
Il discorso sul quesito che riguardava gli immigrati è diverso, il 35% di chi ha partecipato ha votato contro la possibilità di diventare cittadini dopo 5 anni di permanenza produttiva nel nostro paese. Più di un terzo di quelli che si sono scomodati a votare non sono d’accordo sull’aumento dei diritti agli immigrati.
Ulteriore prova dello scarso interesse della maggioranza degli italiani al benessere di chi vuole vivere e lavorare tra noi. Ma questo non è solo un problema italiano: vediamo il sovranismo e l’astio verso gli immigrati avanzare ovunque.
Ma anche la poca partecipazione popolare alle decisioni che riguardano il benessere di tutti lascia perplessi. Una maggioranza distratta dai salotti di Vespa e dai serial di Netflix, disorientata fra la propaganda governativa e l’incapacità comunicativa dell’opposizione, interessata a chattare tra amici piuttosto che ad impegnarsi nel sociale, che mondo prepara per i nostri nipoti?
Ogni tanto anche chi deve essere ottimista per professione (come l’educatore o lo psicologo) non riesce a “pensare positivo”…
Di commenti sull’insuccesso dei referendum se ne possono fare tanti e ben motivati. c’è solo un fatto molto importante secondo me che ne impedisce la vittoria e cioè la mancanza dei PARTITI che sono lo strumento essenziale per far conoscere i referendum e per farli votare. Fino a quando la nostra società non provvede a rimettere in piedi i PARTITI con propri statuti e progranmmi non si otterrà nulla. Non si va a votare per la bella faccia di qualche vecchio parlasmentare o qualche giovane sfigato e ben messo. Ci vuole il partito con il suo programma che invoglia sia le candidature sia il rilancio dei programmi che dovrebbero formare ed informare la società. Ma ho l’impressione che l’argomento non intererssa .