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Sfruttati ed emarginati di ieri e di oggi. Un romanzo corale

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I diseredati di ieri e di oggi sono i protagonisti del breve e intenso romanzo di cui ci parla oggi Felice Rappazzo, studioso di letteratura italiana e letterature comparate, discipline che ha insegnato presso l’Università di Catania

“Splendide campagne di frutti e cibi ricercati dai palazzi del mondo sono, per chi lì strappa per sé l’acqua e il pane a genitori e figli distanti, terre agre dove si spalanca lo sfruttamento, la violenza, l’uso del corpo di donne e di uomini, di piante, di frutti, di terra. Vi resistono, in rifugi tra lamiere raccattate e cascami di plastica, nelle stalle degli animali, in buche scavate nella terra, tra solitudini mai rassegnate, germogli di affetti, di legami, di amicizie.”

Quello che avete letto è il passo di un breve e denso romanzo (a p. 28), che propongo ai lettori di Argo, perché la lettura può diventare un atto di impegno morale e significativo, di resistenza alla trasformazione dei valori umani e collettivi in violenza e merce. Nel passo si rappresentano il lavoro e gli insediamenti di un gruppo di immigrati o comunque di diseredati in una qualche campagna; ma si intravedono anche altri temi, e altri tempi. Cercherò di spiegarne il senso.

Il romanzo ha il titolo La memoria delle piante (ci torneremo), è pubblicato nell’anno 2023 dall’editore Manni (Lecce) e ne è autore Velio Abati. Insegnante, critico e organizzatore culturale nella sua Grosseto, radicato nella storia contadina della Maremma, Velio ha sempre coltivato anche la scrittura creativa, su una base di memoria che non viene meno, anzi si addensa, in queste poco più che cento pagine. La densità sta nel fatto che la sua prosa, qua e là un po’ difficile nel lessico arcaico e locale e nella sintassi in apparenza divagante, ha sempre uno spessore di riflessione.

Il romanzo non ha un protagonista, e neanche una voce dominante. Protagonisti sono i gruppi umani, talvolta dei ragazzi, scolari o contadini, le masse e gli individui diseredati, i lavoratori dei campi e dei boschi, che si ripropongono come soggetti della storia, quasi risorgendo dal nulla di volta in volta: «tornare» è infatti il verbo con cui si apre e chiude il romanzo.

Ma conta anche il fatto che le voci di chi racconta rappresentano coloro che vivono dure o marginali esperienze, realistiche o immaginarie; e – ancor di più – che nelle vicende si snoda una sorta di “storia delle vittime” (è un titolo del poeta Alfonso Gatto), che parte dalla prima o recente modernità, dagli anni cinquanta (o da prima ancora) del secolo scorso, e poi si muove in apparente disordine.

Si sposta all’indietro, in imprecisati luoghi e tempi del mondo antico, là dove e quando vivevano, anche in Italia, i culti delle dea Iside o di altre divinità “pagane”; o ancora in tempi che appaiono medievali); o si sposta in avanti, fino ai nostri giorni, nei quali le vittime sono migranti, lavoratori dei campi organizzati da sfruttatori, “caporali” e padroni occulti.

L’autore vuol presentarci una continuità ideale fra sfruttati ed emarginati di ieri e di oggi, sotto un potere anonimo e viscido; un potere che si esercita in maniera diretta sui corpi dei dominati e pretende di essere “civiltà”. In questo modo la violenza e la sopraffazione sono rese invisibili.

Nel brano che abbiamo citato all’inizio, la voce di un giovane lavoratore-intellettuale si trasforma nelle vicende di un compagno, migrante, scomparso da qualche giorno; e nell’autodifesa di un astuto “caporale”. Dello scomparso non si saprà nulla.

Le parti più ampie sono tuttavia riconducibili ad anni in cui quelli come me erano ragazzi o bambini, gli anni Cinquanta intendo, o a quelle dei genitori e nonni: i lavori nei campi, la fame, il piccolo orizzonte morale e culturale, ne sono lo sfondo, non dissimile da quello di ieri o di oggi.

Ma, accanto a quella povertà, si sviluppa una forte socialità, una grande vitalità generale, un’apertura al futuro. Il luogo più rappresentato è infatti la scuola; là dove bambini e bambine, ragazzetti, s’incrociano e scambiano, non sempre in maniera armonica, esperienze e affetti. Qui, come prima, vive una sorta di memoria autobiografica, certo di una generazione. Ma l’autobiografia è resa attraverso la voce e l’esperienza diretta di un mondo scomparso da parte di chi ne è stato, qualche decennio fa, ragazzetto, anche protagonista. Certe pagine – il lavoro nei campi, il mercato degli animali, mondi duri ma anche comunitari – non si possono scrivere senza una precisa conoscenza, un reale coinvolgimento emotivo.

Mi dispiace non poter andare più a fondo nella illustrazione del testo, nelle sue proiezioni nel tempo e nei suoi scavi linguistici. La lingua, quando è arcaizzante, ricostruisce e ripresenta mondi e civiltà, relazioni scomparse, possibilità ed esperienze scartate e rimosse dal tempo e dal dominio.

Preferisco concludere con un secondo passo, posto al termine del romanzo, quello in cui la voce narrante, probabilmente quella autoriale, mette in scena un momento di lutto (la morte e il funerale di un padre, quasi certamente), allargando l’accoramento personale per la scomparsa della persona cara, il dolore che non si può manifestare, per chi «per geografia, etnia, sesso, lingua, condizione sociale, religione […] non ha avuto storia, nome, faccia e persino luoghi». Per costoro non c’è neanche la memoria.

L’accoramento e l’indignazione tuttavia lasciano spazio anche alla vita e alla speranza. Ed è qui, nel passo col quale concludo e che traggo da una delle ultime intensissime pagine del libro, l’espressione scelta per il titolo, che a questo punto si spiega da solo come forza di resistenza vitale che viene dal basso:

“Però c’è un’altra memoria, altra vita germoglia, che chi domina conosce assai bene, nonostante che con altri nomi la dica, perché in essa ha radici e, se interrogato, la tratti non diversamente da ossa del paleontologo. È la stessa memoria delle piante, delle rughe della terra, del corpo di chi passa per strada. È nelle parole che senza fatica conosci, nei colori che vedi nella levata del sole, nell’occhio che guarda chi incontri.”

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