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Chi decide cosa fare per San Berillo?

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“Veramente si pensa che pavimenti colorati siano un contributo all’inclusione e coesione sociale?”. Se lo chiede Giovanni Leone, architetto, in un articolo apparso su La Sicilia del 22 agosto2023, dedicato a San Berillo Vecchio, quartiere per il quale il Piano Urbano Integrato aveva previsto alcuni interventi di “riqualificazione urbana”.

Se, infatti, concentrare su San Berillo parte dei finanziamenti del Piano di Ripresa e Resilienza può sembrare un segno di attenzione verso un’area degradata della città, è opportuno chiedersi se la tipologia degli interventi individuati sia tale da risultare utile ad “innescare cambiamento” all’interno del quartiere. Per confrontarsi su domande come questa sono nate assemblee spontanee di residenti e cittadini impegnati in realtà che operano nell’area (da Trame di quartiere alla parrocchia del Crocifisso della Buona Morte, dal Sunia al Centro Astalli).

E’ nato così l’Osservatorio Urbano e Laboratorio Politico per Catania (OULP) che ha reagito prontamente alle proposte avanzate dalla società di progettazione (Technital spa) incaricata da Invitalia, che sono state presentate in occasione del secondo incontro organizzato dall’Amministrazione nella sala del Consiglio Comunale del 19 luglio scorso.

Ne è nato un documento di Osservazioni, inviato all’Amministrazione comunale.

Vi si evidenzia la complessità della situazione del quartiere, e la necessità di fronteggiarla non con interventi spot, isolati tra loro e destinati quindi a fallire, ma con un disegno organico per tutta l’area, da collocare – a sua volta – all’interno di un’idea condivisa di città. La riqualificazione, infatti, come leggiamo nel documento, non può non incidere sul piano sociale oltre che su quello edilizio ed urbanistico, avviando processi di inclusione e coesione sociale, come prevede lo stesso PNRR.

La categoria che prevale negli interventi previsti dai progettisti è, invece, quella “dell’arredo urbano con rifacimento di pavimentazioni e rete di illuminazione pubblica”, interventi che possono essere “di complemento ma non il cuore di una misura per un’area degradata come questa”.

Tanto più che quest’area è destinata ad essere oggetto di interventi edili che ne muteranno in parte la fisionomia, ragion per cui “realizzare interventi di finitura prima di conoscere la configurazione del comparto è un’accelerazione irrazionale – scrive Leone su La Sicilia – un po’ come arredare una casa e poi fare i lavori”. Nella prospettiva di soddisfare bisogni reali degli abitanti – prosegue – perché non realizzare piuttosto una casa di comunità per il quartiere con servizi di vicinato?

L’Osservatorio non vuole, infatti, limitarsi a criticare le proposte dei progettisti, ma provare anche ad elaborare proposte di ampio respiro, che mirino al ripristino di un tessuto sociale popolare. Intrecciando tradizione e innovazione – leggiamo ancora nelle Osservazioni – si può cercare di mantenere “un tessuto di stampo mediterraneo e arabo” in cui la “fruizione dello spazio pubblico avviene in continuità con quello domestico, rilanciando la dimensione del vicinato e rivisitando il tipo di ‘casa terrana’ di cui lo spazio pubblico (strada, piazza) diventa estensione”.

Una descrizione che sollecita in noi l’immagine di quello che avveniva una volta con le sedie e i tavolini davanti alla porta di casa, i bambini che giocavano in strada e i rapporti di vicinato, croce e delizia della comunità di quartiere. E che presuppone anche un una vocazione dell’area alla pedonalità.

Allo stato attuale c’è una novità su cui interrogarsi. Cosa avverrà adesso che il governo ha definanziato i Piani Urbani Integrati? Nonostante le rassicurazioni sul fatto che saranno reperite risorse da altri fondi europei, una volta pagate le società di progettazione (che dovrebbero avere redatto, nel frattempo, i progetti definitivi), quali saranno gli sviluppi a livello nazionale e locale?

Fino ad oggi l’Amministrazione non ha reagito all’invio delle Osservazioni da parte dell’Osservatorio e quest’ultimo intende quanto meno inviare una richiesta formale che solleciti un chiarimento sullo stato dell’arte dei progetti e sulle intenzioni dell’Amministrazione per il prossimo futuro.

L’Osservatorio intende comunque proseguire nel suo percorso di analisi della realtà di San Berillo e di ricerca di risposte idonee ai suoi bisogni, espliciti o impliciti che siano. Anche per non disperdere l’esperienza portata avanti in questi mesi di incontri.

Nel breve periodo ci si propone, innanzi tutto, di creare una sinergia con altri gruppi che operano nella stessa direzione, vale a dire la ricerca di una nuova idea di città. E poi organizzare una assemblea pubblica, su e per San Berillo.

La prima realtà con cui si è deciso di prendere contatti è il Coordinamento Iniziative e Monitoraggio PNRR, che ha aggregato diverse realtà associative, conduce da tempo una battaglia per ottenere trasparenza sui finanziamenti del Piano di Ripresa e Resilienza e ha lavorato su temi caldi della città, mobilità e infrastrutture, politiche abitative, sanità, scuola e povertà educativa, sui quali ha presentato agli enti locali (Comune, Città metropolitana) e alla città un corposo dossier, Un progetto di futuro per Catania

Un confronto con le altre realtà associative ha l’indubbio vantaggio di rendere più forte il ‘movimento’ nella sua interlocuzione con l’Amministrazione e soprattutto permette un utile scambio di ‘buone pratiche’.

Questo non vuol dire rinunciare alla specificità dell’Osservatorio che è nato attorno ai problemi peculiari di San Berillo e vuole continuare ad interrogarsi su cosa sia più opportuno realizzare a vantaggio del quartiere. Se si vuole fare rete – l’immagine è di Giovanni Leone – non bisogna dimenticare che le reti sono fatte di nodi e che “il nostro nodo è San Berillo”

Adesso che non c’è più l’urgenza di mettere in discussione le proposte dei progettisti, restano “le urgenze del quartiere” e i componenti dell’Osservatorio si rendono conto di dover assumere un ruolo più propositivo a livello progettuale, indipendentemente dagli sviluppi del PUI. Ma anche di dover allagare la base dei partecipanti e il convogimento dei residenti, estremamente difficile data l’eterogeneità della composizione sociale del quartiere.

Le assemblee, dunque, continueranno, con l’obiettivo di strutturare gruppi di lavoro tra i partecipanti ed individuare proposte da avanzare. Per contrastare il degrado di San Berillo e possibilmente farne un modello di recupero, utile per tutta la città.

1 Comments

  1. La natura delle chiacchiere è quasi sempre quella di perdere e fare perdere tempo.
    Da più di sessant’anni quel quartiere aspetta di uscire fuori dal pantano a cui è stato condannato dall’ insipienza amministrativa di interi decenni.
    Adesso sembrerebbe, e qui il condizionale è molto d’obbligo, che qualcosa si muova nella direzione di una riqualificazione finalmente realizzabile.
    Ma, e qui spunta l’uso della chiacchiera, cominciano a serpeggiare tanti distinguo, che sotto i bei discorsi di una integrazione e una riqualificazione semplicemente utopistica, hanno in fondo in fondo il vero scopo di bloccare tutto, ho assistito a una delle riunioni di queste associazioni e quello che mi risaltava era un interesse di parte, esiste sempre in chi esercita l’arte della chiacchiera, e non quello del quartiere, verso cui balenava un preferire di immobilismo realizzativo piuttosto che un fare diverso dai loro scopi.
    San Berillo vecchio è un quartiere centrale di una grande città. Merita una riqualificazione adeguata per il bene di questa città, la posizione è strategica, vista la vicinanza alla stazione e al porto, oltre che alla via Etnea, non sprechiamo quest’ ultima occasione per riqualificare non un quartiere ma l’intera Catania.

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