La solidarietà non è reato

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“Molte volte sono gli stessi militari italiani, impegnati nel Mediterraneo, che si congratulano con noi, navi umanitarie, quando portiamo a termine le nostre missioni”. Lo dice Viviana Di Bartolo, della nave SOS HUMANITY, intervenendo lunedì 18 a Catania, al seminario “La Solidarietà non è reato”.

La missione è quella di salvare vite in mare e obbedisce alla ‘legge del mare’, sancita da diverse convenzioni internazionali, a partire dalla (Solas – Safety Of Life At Sea) la cui prima versione risale al 1914. Il salvataggio della vita in mare costituisce, quindi, un preciso obbligo degli Stati e prevale su tutte le norme e su tutti accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare.

Eppure in Italia vige una legislazione sui migranti che va nella direzione opposta. In particolare, la Legge 24 febbraio n.15 – governo Meloni – che tra l’altro vieta i cosiddetti soccorsi multipli in mare, rendendo sempre più difficili i salvataggi e costringendo i migranti salvati a rimanere ancor a lungo sulle navi, indirizzate in porti molto lontani dal luogo dell’intervento.

Yasmine Accardo (LasciateCIEntrare), in partenza per Lampedusa, ha lanciato un accorato appello: “moltiplichiamo l’impegno di chi non vuole assistere impotente al progressivo aumento dei morti nel Mediterraneo, impediamo che chi non ha commesso alcun reato, fuggendo da guerre, miseria e stati dove la democrazia è una sconosciuta, debba subire anni di ‘carcerazione preventiva’. Il movimento antirazzista deve, perciò, tornare ad essere, come nel passato, punto di riferimento per chi arriva nelle nostre coste, per impedire che vengano negati i diritti più elementari”.

Alfonso Di Stefano, introducendo la riunione, aveva denunciato ciò che sta accadendo nel nostro Paese: “3 navi umanitarie sequestrate ad agosto (l’Aurora della Sea Watch, il rimorchiatore della Open Arms e la Sea –Eye), la Mare Ionia di Mediterranea bloccata negli ultimi giorni … Siamo in presenza di un sistema che in nessun modo intende garantire canali sicuri. Anche se proclama l’aumento dei flussi legali e dei canali umanitari, in realtà porta avanti accordi che impediscano la libertà di movimento e blindano i confini. Non a caso, aumentano i CPR, le espulsioni e la costruzione di nuovi luoghi per il rimpatrio rapido, come a Pozzallo”. Per i quali, aggiungiamo noi, i soldi si trovano sempre, e in abbondanza.

Nello scenario apocalittico di cui ci parla quotidianamente la stampa, non c’è dubbio che il problema, affrontato da decenni in tutta Europa nel modo sbagliato, ecciti le pulsioni più reazionarie presenti nel Paese e, conseguentemente, l’orrenda retorica contro la cosiddetta sostituzione etnica. La richiesta di ordine e la paura dello straniero si diffondono sempre più. E non bastano i tanti episodi spontanei di accoglienza di una parte della popolazione a cancellare il clima di odio che viene fomentato e la richiesta governativa di avere mani libere.

E’ soprattutto per questo, per avere campo libero, che le navi delle ONG sono invise al Governo perché rappresentano testimoni scomodi in mare, mentre non si fa nulla contro chi organizza il traffico di esseri umani. Da un lato, infatti, si proclama di combattere nel globo terracqueo chi organizza questi traffici, dall’altro non accade niente, sebbene i paesi occidentali e le loro polizie sappiano bene chi organizza i viaggi della morte e ne trae enormi profitti.

Di più, i governi europei, Italia in testa, si accordano per i respingimenti con paesi come la Libia e la Tunisia che non rispettano i diritti umani, mentre si vaneggia su impossibili blocchi navali. Fa male sentire criticare questo governo perché non ha mantenuto quanto promesso in campagna elettorale: fermeremo gli sbarchi e rimpatrieremo gli irregolari, da coloro che, oggi all’opposizione, non fanno sostanziali autocritiche rispetto alle loro scelte politiche precedenti.

Così come è irricevibile la proposta di unire tutta la nazione contro gli “invasori”, al pari dell’idea di detenere questi ultimi in apposite navi collocate lontano dalle nostre coste, o nei nuovi centri che dovrebbero sorgere in tutto il Paese.

Perché il positivo trattamento che è stato giustamente garantito ai profughi ucraini deve essere negato a chi proviene da altri continenti? Perché non si tiene conto della realtà concreta, che in Italia significa un numero da tempo sostanzialmente costante di presenze “extracomunitarie” “regolari” e “irregolari”, anche perché molti stranieri arrivano nel nostro Paese con l’obiettivo di raggiungere altri stati europei? Perché è così difficile comprendere che soprusi ed emarginazione “gettano” molti migranti nelle mani della malavita organizzata?

Anche su questi temi è stato importante condividere l’esperienza, pluriennale e sul campo, di Viviana Di Bartolo. La relatrice ha innanzitutto smontato l’idea che normalmente ci siano scafisti all’interno dei barchini. Chi guida i mezzi, e per questo motivo viene individuato come organizzatore, è un profugo, speso non in grado di pagare l’ultimo tratto del viaggio, che assumendo un tale compito fruisce di un “biglietto gratuito”.

Ha ricordato pure le condizioni in cui si viaggia, la costante presenza della morte, la paura di non essere visti da nessuno, altro che carichi residuali. E si è infine soffermata sul momento del salvataggio, sulle dinamiche di un gesto, di un’azione, che ci parla di una idea diversa di umanità, che fa dell’accoglienza un valore fondamentale, necessario per restare umani.

(foto di Cash Macanaya su Unsplash, riportata da interris.it)

1 Comments

  1. L’articolo ribadisce ahimè cose già dette e denunciate da molte organizzazioni umanitarie negli anni. Certamente l’accoglienza è l’unica via per regolarizzare quelli che già ci sono e che ne hanno diritto, ma in prospettiva occorrerebbe che il continente Africa cessasse di essere sfruttato dalle potenze europee ed extraeuropee. Non esportando la nostra cosiddetta democrazia , nè i nostri modelli. Nè facendo accordi con i vari dittatori di turno che intascano i soldi e agiscono calpestando tutti i diritti umanitari. Piuttosto diventare gli Africani i soggetti protagonisti della loro vita. Non so come ma almeno tutti questi grandi della terra dovrebbero pensarci! e cercare soluzioni.
    Ultima riflessione nell’articolo si dice che i paesi occidentali e le loro polizie pur sapendo chi sono gli organizzatori di queste partenze non li arrestano piuttosto arrestano persone che sono altrettanto disperate che fuggono da fame, conflitti, carestie ,guerre . Perchè?……………occorrerebbe una gigantesca mobilitazione di polizia internazionale per scovare questi intrallazzisti!

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