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Scrivere fiabe per guarire noi stessi

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Laura Sciacca - Fiabe sul prato fiorito Fiabe scritte da bambini di tutte le età. Le ha raccolte e messe on line a disposizione di tutti, Laura Sciacca, volto noto ad Argo, scrittrice ed insegnante.

Lo ha fatto non a scopo commerciale o pubblicitario, ma perchè crede nel ruolo della fiaba come strumento di espressione, di autoanalisi e di risoluzione dei conflitti. Non solo per i bambini ma anche per gli adulti, come ci spiega in questa coinvolgente testimonianza.

È mattina, apriamo gli occhi. Inizia una nuova giornata. Un momento prima stavamo dormendo fluttuando in un istante senza tempo, un attimo dopo il mondo è di nuovo lì e va affrontato. E che mondo!

Lavoro stressante, colleghi a cui tenere testa, figli allo sbando da inseguire evitando che si sfracellino da qualche parte, genitori anziani bisognosi di cure, un corpo a cui dare retta, troppo, magro, troppo grasso, troppo sbagliato, sogni, aspirazioni e conflitti mai risolti, perfino un virus uscito da chissà dove apposta per rovinarci l’esistenza…il tutto mischiato insieme in una matassa il cui filo si perde di vista in continuazione.

Come fare a sopravvivere, ancor prima di pensare a vivere? Possiamo inondare gli amici e il partner di lacrime e rimproveri, chiuderci in casa rifiutando il confronto con questo mondo crudele, fiondarci dallo psicologo, riversandogli addosso i nostri problemi e sperando che li risolva con un colpo di bacchetta magica.

Oppure? Oppure possiamo tirarla fuori noi la bacchetta magica. E guarire noi stessi.

Una saggezza antica, finanche ancestrale, ci invita a guardare dentro la nostra anima quando abbiamo un problema, contattando la parte di noi in pace, anche quando ogni cosa intorno va a rotoli. Nel silenzio della meditazione e della preghiera sincera questo piccolo grumo di luce splende sempre, tuttavia la maggior parte del tempo viene offuscato da nuvoloni neri, che siano portati solo dal malumore o da negatività profonde, spesso permettiamo al buio di non far emergere la luce. E affidiamo ad altri la nostra felicità, sperando che qualcuno possa tirarci fuori.

Eppure nessun vero cambiamento avviene se non da dentro e se la persona non mette in gioco le proprie forze per attuarlo. I terapisti sono facilitatori, lavorano per far sì che sia la persona stessa ad avviare la guarigione. Possiamo andare per anni dallo psicologo e ottenere zero risultati tranne quello di far esasperare lo psicologo stesso!

In questi anni di insegnamento ho avuto a che fare con centinaia di studenti, i quali, a volte senza neppure accorgersene, mi riversavano addosso ogni fibra del loro essere, con i loro piccoli e grandi problemi di adolescenti, spesso frutto di famiglie allo sbando e relazioni folli tra i genitori.

Ed erano loro, ragazzini ancora in fase crescita, loro a farne le spese. Dargli dei consigli non mi bastava, mi sono accorta della necessità di dare loro degli strumenti per trovare la propria forza interiore. Magari i genitori avrebbero continuato a litigare, il padre sarebbe rimasto in galera, i fratelli disabili non sarebbero guariti, mi dicevo, però sarebbe cambiato qualcosa in loro, avrebbero attinto a una luce personale, per guardare alla vita con un pizzico di serenità e provare a crescere immaginando un futuro, piuttosto che perdersi tra amicizie distruttive, droga, amorazzi superficiali.

Ho provato allora a utilizzare gli strumenti che avevo già in mano e le conoscenze frutto di anni di studio sulla letteratura, psicologia, storia: abbiamo iniziato a inventarci delle fiabe in classe. Partivamo da un’immagine divertente ritagliata dai giornali, da un disegno, da una parola strana e ognuno di noi (anche io!) costruiva attorno una storia.

È una cosa semplice per chiunque, perfino per un ragazzino semi analfabeta, così nessuno si sentiva escluso e anche se queste fiabe risultavano sgangherate e illeggibili dal punto di vista grammaticale, alla fine della lezione i ragazzi erano contenti, soddisfatti. Perché?

Si erano divertiti, certo. Si erano liberati dai pensieri, dando libero sfogo alla fantasia e si erano sorprendentemente autoguariti.

La fiaba è infatti una proiezione del nostro mondo interiore e ogni fiaba che si rispetti necessita di un /happy end. /Quando scriviamo una fiaba proiettiamo in essa noi stessi, i nostri conflitti, chi vorremmo essere e perché e, quando pensiamo a un modo di risolvere le situazioni dentro la fiaba, stiamo pure lavorando su come venire a capo dei nostri problemi.

Il lieto fine della storia corrisponde quindi al lieto fine del disagio lì espresso. Certo non è sempre automatico e così semplice e soprattutto questo processo catartico prevede una trasformazione talvolta dolorosa, ma funziona.

Funziona coi bambini e con gli adulti. Ho visto adulti trasformarsi dopo aver scritto una fiaba, magari iniziata con riluttanza, condita da lacrime, sospiri, arrabbiature. E poi, si aprivano nuove prospettive! Lampadine che erano sempre state lì ma spente, in attesa di essere prese collegate all’interruttore e accese! E avevano fatto tutto da soli!

Da allora, oltre che scrivere fiabe per mio diletto e per chi ha il piacere di leggerle, invito chi si rivolge a me per un problema, a mettersi davanti a un foglio bianco e iniziare a vergare il classico “C’era una volta…”. “Chissà che, oltre che rilassarti, -dico- ti possa venire in mente qualche buona idea per uscir fuori dalla tua brutta situazione?” Poi commentiamo insieme le fiabe, parliamo insieme di cosa emerge, senza aspettarci di capovolgere il mondo, cerchiamo idee più o meno bislacche per capovolgere il nostro modo di vedere il mondo e ne usciamo sorridenti e più forti.


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