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Retata a San Berillo

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Non avremmo mai pensato che la città di Catania, luogo di scambio e crocevia di culture, scenario di viaggi di poeti e scrittori che tanto parlarono della bellezza di questa terra nata da popoli e tradizioni diverse e lontane, potesse diventare un luogo in cui l’intolleranza e la mancanza di umanità diventano parte della quotidianità.
In questi giorni in cui il nuovo decreto su “immigrazione e sicurezza” riempie televisioni, social e carta stampata, dividendo l’Italia in due, cosa avviene nelle strade di ogni città?
A Catania il quartiere più colpito, come sempre, è quello di San Berillo.
Stradine e case fatiscenti che proteggono prostitute, transessuali, persone in cerca di emozioni fugaci e tanti tanti stranieri che, di quelle stradine dimenticate dai catanesi, hanno fatto un angolo di casa.
Si sentivano protetti…adesso non più.
Le retate ed i controlli sono ormai all’ordine del giorno, senza voler certo difendere chi delinque e lì si nasconde, abbiamo il dovere di parlare di tutti coloro che vengono trattati come delinquenti senza alcun motivo.
Una delle ultime retate ha coinvolto un giovane mediatore culturale, che chiameremo Akin, il quale si trovava nel quartiere insieme ad altri ragazzi stranieri.
E’ stato improvvisamente fermato e perquisito. Le forze dell’ordine, non trovando assolutamente nulla di sospetto, gli hanno chiesto i documenti che egli ha mostrato senza problemi.
Deriso e umiliato, nonostante tutto fosse in ordine, ha visto i suoi preziosissimi pezzi di carta agitati e tacciati di essere falsi, quasi a provocare una reazione che non è arrivata.
Viene quindi spinto all’interno di una camionetta delle forze dell’ordine senza saperne il perchè. Quando chiede il motivo per cui, pur avendo tutto in regola, si ritrovasse in questa situazione, non riceve alcuna risposta e brutalmente si sente dire di stare in silenzio ed aspettare.
I giovani, ammassati, vengono lasciati chiusi al buio senz’aria e acqua da bere, per un po’ di tempo, prima di partire.
Arrivati alla stazione della polizia scientifica di Catania, vengono segnalati, identificati e fotografati.
Poi si ritrovano tutti davanti ad un foglio da firmare, scritto in inglese o italiano, una richiesta di rimpatrio volontario.
Un modulo scritto in lingue che la maggior parte di loro non conosce, essendo molti di loro francofoni e moltissimi totalmente analfabeti, e che vengono di fatto obbligati a firmare.
Tutto ciò in assenza di mediatori e interpreti.
Il giovane mediatore, che è del mestiere, si rifiuta di firmare e tiene testa – in modo educato – ai poliziotti, alcuni dei quali continuano a deriderlo e ad offenderlo.
Quando riesce a chiamare il suo avvocato, viene consigliato di fare quello che gli viene chiesto e poi portare all’avvocato stesso la copia del modulo in questione, firmato.
Molti dei migranti sono rimasti a dormire in questura, altri sono andati via in tarda serata, tutti hanno vissuto un momento di insensato abuso di ruolo e potere da parte di alcuni agenti che, dimostrando anche una grande ignoranza, hanno fatto rivivere ai ragazzi migranti traumi e violenze psicologiche che molti di loro non hanno ancora superato. E chissà se riusciranno mai a farlo.
Questo succede a Catania in questi giorni, questa è la nostra realtà.
Crediamo che i controlli nella nostra città si debbano fare ma vadano condotti sempre in modo rispettoso.
Perchè l’assenza di rispetto è una piaga che distrugge la vita sociale, ed è questo che sta avvenendo.

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