Quando la testa del corteo aveva lasciato da circa tre ore piazza Esedra c’erano ancora manifestanti in attesa di partire. Stiamo parlando della manifestazione antirazzista e contro il governo di sabato 10 novembre, a Roma.
Decine di migliaia di persone che, alla fine, hanno riempito piazza San Giovanni, storica meta conclusiva delle manifestazioni nazionali più numerose.
Macerata, caso Diciotti, Lodi, Riace: ancora una volta una parte significativa del popolo italiano ha confermato la propria irriducibile opposizione a qualsiasi forma di razzismo.
E lo ha fatto con un corteo solidale (i promotori si sono definiti Indivisibili), chiaro nelle parole d’ordine, ma anche gioioso.
Tantissimi i migranti, spesso intere famiglie, ma, soprattutto,colpiva la capacità camminare insieme, di mescolarsi, al di là degli striscioni presenti.
E colpiva la spontaneità della manifestazione. Al di là degli oltre 150 autobus organizzati, infatti, moltissimi, come era avvenuto nelle altre manifestazioni citate, sono arrivati a Roma autonomamente.
Non a caso la mobilitazione è stata promossa da più di 450 organizzazioni nazionali e locali.
Certo Cobas, centri sociali, associazioni come Baobab e altri hanno lavorato alacremente per la riuscita, ma solo la partecipazione autorganizzata ha permesso di raggiungere numeri così importanti.
Il che è avvenuto anche a Catania, dove alla nutrita delegazione, frutto soprattutto del lavoro di Rete Antirazzista, Africa unita, Cobas e Rifondazione Comunista,si è aggiunta la presenza di tanti giunti individualmente nella capitale
Così come non hanno fatto demordere i manifestanti neanche i “capillari” controlli operati dalla polizia su tutti gli autobus (con modalità discutibili in uno stato nel quale è garantita la libertà di espressione) che ne hanno ritardato l’arrivo.
Attenzione e solidarietà particolare, nel corteo, per Riace, con Mimmo Lucano abbracciato e sostenuto da tutti i partecipanti.
Non solo per ciò che ha rappresentato, e rappresenta, l’esperienza calabra, ma anche perché Mimmo è consapevole che non c’è bisogno di leader, magari appetibili mediaticamente, ma di un lavoro e un movimento collettivo.
Dopo il successo, tocca ora agli “Indivisibili” capire come proseguire per cambiare le politiche del governo Di Maio-Salvini e modificare gli orientamenti sostanzialmente xenofobi di una parte significativa del popolo italiano.
Consapevoli che fare accordi con la Libia (Minniti) e chiudere i porti (Salvini) rappresentano due facce della medesima medaglia.
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