Bocciati 8 nuovi pozzi petroliferi di fronte alla costa siciliana, in provincia di Ragusa.
La bocciatura viene dal Ministero dell’Ambiente, dietro parere della Commissione VIA, che ha valutato negativamente il progetto presentato da Eni ed Edison a causa sia del rischio sismico sia dell’impatto ambientale.
La presenza della faglia di Scicli da una parte e la ricchezza della fauna marina dall’altro, oltre alla vicinanza dell’area protetta di interesse comunitario attorno alla foce del fiume Irminio, bastano a spiegare il parere negativo. Va aggiunto che le società non avevano nemmeno presentato i monitoraggi richiesti dal ministero.
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“E’ una vittoria della ragionevolezza di chi ha a cuore l’ambiente, la salute dei cittadini e il futuro dell’economia della costa siciliana, fondato sul patrimonio culturale e sul turismo” scrive in un Comunicato Legambiente, che sottolinea il proprio ruolo in questa battaglia, su cui si è spesa anche l’amministrazione comunale di Scicli.
L’associazione ambientalista auspica che “a questo punto si abbandoni del tutto l’ipotesi di realizzare la nuova piattaforma Vega B”.
La recente bocciatura non interrompe comunque l’estrazione di greggio dal suolo e dal mare siciliani, dove sono da tempo in funzione diverse trivelle.
Sul petrolio estratto, come Argo ha già scritto e come ricorda Legambiente, le società petrolifere pagano royalties irrisorie, molto più basse della media europea, e godono di una franchigia che permette di non pagare nulla sul prodotto estratto qualora esso resti al di sotto di una certa quantità.
L’estrazione è quindi conveniente per le industrie e non lo è affatto per la popolazione siciliana che piange piuttosto i danni all’ambiente, al turismo, alla pesca.
Danni sproporzionati rispetto alla quantità di petrolio estratto, non in grado certo di soddisfare le esigenze energetiche del paese.
Non bisogna dimenticare che comunque il petrolio estratto non è ‘nostro’ ma è di proprietà delle compagnie che lo estraggono e che possono esportarlo dove meglio a loro conviene.