Firmata il 27 dicembre, è entrata in vigore il primo gennaio 1948. E’ la nostra Costituzione, che compie settanta anni e, come si suol dire, non li dimostra.
Non invecchia perchè è ancora, in gran parte, da attuare, perchè non è solo un documento ma va guardata come un processo, le cui “norme programmatiche” devono essere rese concrete da noi cittadini, dalle varie componenti della società.
Ce lo ricorda oggi Salvo Distefano, docente di Storia e Filosofia presso il liceo Cutelli di Catania e Presidente dell’Associazione Etnea Studi Storico-Filosofici.
Della Costituzione sottolinea che non è stata ‘concessa’ ma ‘conquistata’, che è figlia di una dialettica tra le grandi correnti politico−culturali della storia italiana, quella cattolica, quella marxista, quella liberale, che, pur partendo da posizioni politico−ideali molto diverse, trovarono il modo di dialogare e seppero dare al paese basi moderne e democratiche, in grado di avviare un processo di trasformazione sociale che superasse la società classista ed elitaria del passato.
Le masse popolari non potevano più soffrire l’esclusione del secolo precedente – scrive Distefano – anche perchè la Resistenza aveva rappresentato una “novità senza precedenti nel rapporto masse−istituzioni preparando la rinascita, in alcuni casi la nascita, dei partiti di massa che hanno avuto un ruolo essenziale nella vita politica del Paese dal secondo dopoguerra alla crisi di ‘mani pulite’”.
Non è quindi una zavorra inutile il fatto che la nostra carta costituzionale non sia facilmente modificabile, così come non lo è il previsto sistema di controlli e bilanciamenti tra i diversi organi dello stato.
Lo scopo dei padri costituenti era quello di “impedire che in futuro si potesse instaurare un regime autoritario o qualsivoglia forma di accentramento del potere”.
Insieme alla democrazia politica – prosegue Distefano – ci fu un preciso impegno a realizzare anche quella economica e tanti articoli espressimono una visione sociale, che ha permesso al mondo del lavoro, pur con aspre battaglie, di progredire e di assicurare un’esistenza degna di essere vissuta.
Analizzando sinteticamente i punti salienti e i principi fondamentali della Carta, il docente si sofferma sull’articolo 1 che, definendo l’Italia una Repubblica democratica, fondata sul lavoro e sulla sovranità popolare, ci dice che il nostro sistema democratico non è basato sul censo o su condizioni sociali acquisite ereditariamente.
Quanto all’articolo 3, di cui fu artefice soprattutto Lelio Basso, esso afferma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono pari davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito dello Stato rimuovere gli ostacoli…”.
Lo Stato, quindi, interviene per aiutare i più deboli, eliminando gran parte delle cause delle disuguaglianze, non limitandosi solo a registrare le differenze sociali delle quali prende atto.
“Ma è tutto l’impianto dei principi fondamentali che risulta avanzato e ancora attuale: i diritti inviolabili dell’uomo, l’uguaglianza formale e sostanziale, l’unità e l’indivisibilità della Repubblica, lo sviluppo della cultura, della ricerca scientifica e della tecnica, “il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli o come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Ebbene una Costituzione così avanzata e democratica è osteggiata da chi vorrebbe tornare all’Italia dei privilegi, del censo, dei lavoratori ridotti a umili servitori; dalle forze che non vedono l’ora di rompere l’unità del Paese per tornare alla fine dell’universalismo e della pari dignità, alla cancellazione dei diritti collettivi, alla soppressione dei contratti collettivi di lavoro.
Tutto ciò condito con elementi di razzismo, di intolleranza, di oscurantismo, a volte di puro integralismo.
Soprattutto la scuola – conclude Distefano – rischia di essere impoverita e privata della sua funzione formatrice di un pensiero critico. “A tal proposito, mi piace citare le bellissime parole che uno dei padri costituenti, Piero Calamandrei, pronunciò al III congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN) l’11 febbraio 1950: “ La scuola, come la vedo io, è un organo ‘costituzionale’. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. […]. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue. Gli organi emopoietici […]. La scuola organo centrale della democrazia […].”
Leggi il testo integrale dell’intervento di Salvo Distefano
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