Un presidio per Valentina e per tutte le altre che ancora oggi muoiono di gravidanza. Un presidio a difesa della 194, una legge troppo spesso tradita.
“Fuori i ginecologi obiettori dalle strutture pubbliche”. Lo hanno gridato pochi giorni fa le donne catanesi appartenenti a vari collettivi e associazioni che hanno dato vita ad un improvvisato sit-in davanti all’ingresso dell’ospedale Santo Bambino, luogo simbolico delle lotte per l’audeterminazione della donna.
Tutte insieme, superando ogni divisione e firmando come “Le compagne catanesi” un volantino di denuncia e insieme di richiesta perentoria: che non ci siano più medici che si oppongano alle richieste delle donne, che si rifiutino di praticare aborti accampando ragioni morali spesso solo di comodo.
In molte strutture ospedaliere di fatto la legge è inapplicata a causa di un aumento dei medici e operatori sanitari che scelgono l’obiezione
Secondo la relazione del ministero della Salute, in Italia oltre il 70% dei ginecologi si definiscono obiettori di coscienza seguiti dagli anestesisti (49%) e dal personale non medico (46%). In alcune regioni la percentuale degli obiettori arriva anche al 90%.
In Sicilia i ginecologi che si sono rifiutati di praticare interventi di interruzione della gravidanza nel 2013 erano l’87 per cento e la nostra regione si era guadagnata così il quarto posto nella classifica degli oppositori alla 194, dopo il Molise, la provincia autonoma di Bolzano e la Basilicata .
Sulla situazione di Catania, dopo aver raccolto dati e intervistato alcuni operatori, Argo ha pubblicato nel novembre 2014 l’articolo “Aborto in Sicilia e 194. Difficile attuazione”
Con precisi riferimenti alla legge vengono ricordati anche i limiti entro cui si può esercitare l’obiezione di coscienza e si affronta il problema del ruolo ‘fantasma’ dei consultori con annessa pratica illegale di obiezione da parte del personale medico-sanitario che opera al loro interno.
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Nonostante da sempre ritenga che le strutture pubbliche non debbano assumere obiettori di coscienza o che quantomeno vi debbano essere corsie differenziate per obiettori e non, mi preme sottolineare che la triste storia di Valentina sembra essere un caso decisamente diverso e senza correlazione con l’obiezione di coscienza.