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Una targa e un'aula magna per ricordare Pierantonio

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targa, aua magnaa, Quiribìni Maiorana, Pierantonio SandriUna targa ma anche cartelloni, manifesti, acronimi, video. Tutto per ricordare Pierantonio Sandri, ucciso da  un pugno di giovani criminali emergenti per essere stato involontario testimone di un crimine.
La  scuola media Quirino Majorana di Catania era piena di colori, come vestita a festa, per la cerimonia di inaugurazione dell’aula magna intitolata al giovane  di Niscemi ucciso dalla mafia nel 1995. C’era anche lo zio di Pierantonio , unico superstite della
famiglia dopo la recente morte della madre, rappresentanti delle istituzioni e soprattutto tanti alunni. Davanti a loro è stata scoperta la targa alla memoria del giovane.
La scelta di intitolare l’aula magna – ha ricordato la Dirigente scolastica Elvira Corrao –  è avvenuta lo scorso anno allorquando la scuola, venendo a conoscenza, attraverso i progetti di Libera, della tragica fine di Pierantonio, ha deciso di adottare questa giovane vittima di mafia e di mantenerne  così vivo il ricordo.
A questo punto i ragazzi della scuola si sono attivati nella ricostruzione di questa  storia attraverso la creazione di tabelloni e filmati. Ed è stato possibile attraverso le immagini commoventi di questo video, realizzato da Irene Cascio, ex alunna della S.M. Majorana, ripercorrere sia i momenti sereni e felici della infanzia e dell’adolescenza di Pierantonio con la sua famiglia, sia le toccanti e vibranti interviste e appelli di Ninetta Burgio, la testarda madre coraggio  che ha lottato fino alla morte perché fosse fatta verità sulla morte di Pierantonio.
Di questa donna  piccola e minuta ma dotata di grande capacità comunicativa e forza d’animo , ha parlato  il dirigente della divisione anticrimine di Agrigento Giovanni Giudice. Grazie a quegli appelli il pentito Giovanni Chiavetta non solo ha confessato di essere tra gli autori del delitto ma anche ha guidato gli inquirenti dopo 14 anni dall’omicidio, sul luogo in cui era stato occultato il corpo Pierantonio.

Il ritrovamento del cadavere nel bosco di Niscemi, tra sterpaglie e roveti, è stato possibile per la precisione dell’indicazione fornita da Chiavetta anche se la fossa scavata per seppellirlo non era poi così profonda e da essa fuorusciva una scarpa del giovane.
Questa macabra caccia al tesoro -così l‘ha definita il dott. Giudice- ha permesso agli inquirenti di restituire alla madre il corpo di quel figlio del dolore. Anche Dario Montana, referente provinciale dei parenti delle vittime della mafia per Libera,  ha ricordato Ninetta per la sua dirittura morale, per la sua determinazione nel contrastare quegli stereotipi che minacciavano la ricerca della verità sulla scomparsa di Pierantonio, in un contesto difficile ed omertoso come quello di  Niscemi.
Riavuto finalmente il corpo del ragazzo, – ha aggiunto Dario Montana-  Ninetta ha voluto che per i suoi funerali al paese le campane suonassero a festa e non a morto .
Lei è scomparsa nel dicembre del 2011 e il testimone della sua lotta è stato raccolto dal fratello e dal coordinamento di Libera, che si è costituita parte civile nel processo ed è stata sempre presente a tutte le udienze fino alla conclusione nel marzo 2014, quando è stato condannato l’ultimo dei quattro balordi, autori dell’atroce delitto.
Adesso a ricordare il sacrificio di questo giovane ci sono gli studenti che, per bocca di Irene, invitano i coetanei “a tramandare questa storia… a tenere sempre vigile l’attenzione per non dimenticare”, “a onorare  una persona innocente, eroe dei nostri tempi… testimone di un’opera mafiosa” come recita l’acronimo degli alunni della III M  e a ribadire con forza i valori su cui fondare la società: Libertà-Istruzione-Giustizia .
Molte sono state le domande rivolte dagli alunni al sostituto procuratore della Repubblica Raffaella  Vinciguerra: dal ruolo delle donne all’interno della mafia alla affidabilità dei pentiti, dal fascino del reclutamento mafioso sui giovani alle lungaggini della giustizia .
“La giustizia lenta non è giustizia” ha commentato desolatamente il magistrato, ma “dobbiamo capire che senza l’aiuto della società civile che collabora, denuncia, segnala, noi magistrati  possiamo fare poco”.

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