Il Natale e la Sicilia o meglio il Natale e gli scrittori siciliani. Non tutti si sono occupati di questa tradizione nordica che evoca freddi e nevi sconosciuti o quasi nell’isola a tre punte. Ma alcuni ci sono. Cominciamo da due poeti, Salvatore Quasimodo e Angelo Maria Ripellino.
Mentre i versi del primo grondano melassa, il secondo con “Idiozia del Natale” demolisce il
mito già col titolo.
Scrive Quasimodo. “Guardo il presepe scolpito/dove sono i pastori appena giunti/alla povera stalla di Betlemme./Anche i Re Magi nelle lunghe vesti/ salutano il potente Re del mondo./Pace nella finzione e nel silenzio/delle figure di legno: ecco i vecchi/del villaggio
e la stella che risplende,/e l’asinello di colore azzurro./Pace nel cuore di Cristo in eterno;/ma non v’è pace nel cuore dell’uomo./Anche con Cristo e sono venti secoli/il fratello si scaglia sul fratello./Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino/che morirà poi in croce fra due ladri?”
Ripellino che trova “favole e miti nelle vicende più squallide” descrive qui in modo visionario-allucinatorio «cottolenghi-alberelli mai dritti, / con ciglia d’ oro ed occhi mongoloidi, / cose che pendono dai rami come cappi, / occhi biechi di luci balbettanti, / e pezzetti guizzanti di anguille non morte» e «un’ untuosa, spocchiosa, miserabile cera, che non può durare nemmeno una notte».
Di prosa ce n’è tanta. Due le novelle di Pirandello dedicate al Natale.
In “Sogno di Natale” un tristissimo Cristo va per il mondo dove per tutti è irreversibilmente morto.
L’altro racconto, “Natale sul Reno“, autobiografico ( Pirandello abitò a Bonn e vi si laureò con una tesi in Filologia romanza) e tristissimo anch’esso; sullo sfondo una fredda città del Nord. L’atmosfera è quella giusta per la festa della natività, così diversa da quella della “mia lontanissima città natale” nella cui piazza ardeva “una fiammata di fasci d’avena innanzi a un rustico altarino nelle rigide sere della pia novena”
Sì, la Novena, che si recitava in ogni casa in cui c’era un presepe davanti al quale gli zampognari suonavano con le loro “ciaramelle”. Così ne scrive Giovanni Verga : «Come s’ avvicinava la novena di Natale i Malavoglia non facevano altro che andare e venire dal cortile di mastro Turi Zuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa; in ogni casa si ornavano di frasche e d’arance le immagini dei santi, e i fanciulli si affollavano dietro la cornamusa che andava a suonare davanti alle cappellette colla luminaria, accanto agli usci. Solo in casa dei Malavoglia la statua del Buon Pastore rimaneva all’ oscuro, mentre ‘Ntoni di padron ‘Ntoni correva a fare il gallo di qua e di là».
Camilleri al Natale ha dedicato un libro, appunto “Natale con Montalbano” e altri due siciliani, Santo Piazzese e Gian Mauro Costa, si sono uniti ad altri scrittori per dar vita ad una raccolta di racconti,“Un Natale in giallo”. Protagonisti sono degli investigatori.
Lasciando da parte i personaggi letterari, proprio Camilleri in una vecchia intervista del 2010 a La Repubblica del suo Natale ha parlato così.
“Avevo sei-sette anni, e l’albero di Natale ancora non esisteva. Esisteva il presepe che stava su un grande tavolo da lavoro dove uno si ingegnava con i mezzi di allora a fare cascatelle d’acqua, paesaggi e quant’altro. Il regista era lo zio medico che adibiva a presepe anche un’intera stanza usando le tecnologie moderne di allora, cioè l’elettricità che faceva muovere molini d’acqua, illuminava la grotta e arricchiva lo scenario. E poi conduceva anche la visita guidata al presepe”.
Due i pastori preferiti dallo scrittore di Porto Empedocle: “Quelli che ho sempre ammirato di più erano uno quello che si dice “lo spaventato del presepe” che alza le braccia al cielo in preda ad un’attonita meraviglia e l’altro quello che se ne fotte, dorme e non lo sveglia niente e nessuno”.
E la festa? ”La festa era bellissima perché c’era sempre un calore straordinario: la grande tavolata con la famiglia riunita e magari s’arricampavanu zii, zie, cugini che non vedevi da anni. E poi nonna Elvira che faceva degli arancini meravigliosi”.
Solo un cenno alla novena ne “Le città del mondo” di Elio Vitttorini.
Il Natale fa spesso risaltare ancor di più la miseria, la tristezza. Ecco come Leonardo Sciascia ci racconta Il Natale a Regalpetra. Non ci sono solo la messa, il cappone e il sette e mezzo. Per alcuni ragazzi il Natale è solo un bagno caldo, una insperata vincita a carte che dà la possibilità di acquistare quaderni e penne e di pagare il biglietto del cinema al padre.
Due ingenui fraticelli, fra Gerlando e fra Gabriele, scoprono il tesoro dei banditi proprio a Natale, anzi nel momento clou del Gloria in excelsis Deo. Una fiaba che ci racconta Vincenzo Consolo con la novella intitolata “Il presepe naturale”.
Alla messa di Natale, infine, va anche “Un uomo evoluto alla messa di mezzanotte“, di Vitaliano Brancati. Che altro non è che un agnostico che smentisce se stesso. Sostiene a parole che tutto è materia ma tiene nel taschino la medaglietta della Madonna.
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