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La darsena della Tecnis, vizi o virtù?

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Progetto Nuova darsena del 2004Utile, addirittura necessaria per lo sviluppo economico della città? Oppure insensata e causa di enormi sprechi di denaro pubblico? Sulla nuova darsena commerciale, in costruzione nella zona sud del porto di Catania, i pareri sono radicalmente opposti.
Predomina ormai, nelle dichiarazioni di amministratori e politici, e quindi su quasi tutti i media, la convinzione che si tratti di un’opera strategica per lo sviluppo della città.
Sono così state ignorate  le perplessità espresse, in diverse occasioni, da varie associazioni ambientalistiche.
I lavori, già in corso e vicini alla conclusione, sono tornati di recente alla ribalta dopo che la Tecnis, l’impresa che li sta realizzando, ha denunciato un credito di 27 milioni nei confronti dell’Autorità Portuale e ha chiesto l’intervento del Ministero delle Infrastrutture e dello stesso governo Renzi, prontamente intervenuti con il pagamento di una prima tranche di otto milioni di euro.
Generali le attestazione di stima per l’impresa, grande gruppo imprenditoriale, citato al quindicesimo posto tra le migliori imprese nazionali del settore nella classifica stilata dal Sole24 ore, e considerato espressione di un’economia ‘sana’, rispettosa della legalità. E’ davvero così?
Proviamo ad approfondire un po’.

La darsena

L’obiezione fondamentale alla realizzazione di questa darsena è che essa, progettata su un fondale sabbioso, non solo ha reso necessari enormi sbancamenti in fase di costruzione, ma avrà bisogno di una continua e costosissima manutenzione. E’ stato infatti necessario scavare il fondale fino a 13 metri di profondità per permettere l’accesso a traghetti di grande pescaggio, ma non viene detto detto con la necessaria chiarezza che si tratta comunque di un intervento non definitivo.

Il fondale resterà soggetto a un periodico reinterramento determinato dalla natura stessa dei fondali, dall’apporto delle sabbie provenienti dalle spiagge limitrofe e da quelle trasportate dal torrente Acquicella, con conseguente ricorrente riduzione della profondità operativa.
Se la profondità passasse da -13 a -9 metri in soli 7 anni, come prevedono gli ambientalisti, si renderebbe in breve tempo impossibile lo svolgimento del traffico dei traghetti. Unica soluzione, una escavazione periodica dei fondali e quindi ulteriori spese, un vero pozzo senza fondo.
C’è di più. Sulla costruzione della darsena incombe il sospetto di irregolarità, riguardanti in particolare il torrente Acquicella, che hanno indotto un gruppo di associazioni catanesi, tra cui CittàInsieme, Libera, Wwf, Lipu, Comitato Porto del sole, a presentare, nel dicembre 2012, un documentato esposto alla Procura della Repubblica.

La foce di questo torrente, sebbene il corso d’acqua sia elencato tra quelli protetti da un’apposita legge (Galasso – n.413/1985 – tutela dei beni ambientali e paesaggistici), pare sia stata illegittimamente deviata proprio al fine di realizzare la darsena.
Altre irregolarità denunciate dalle associazioni riguardano la mancanza di Valutazione di Impatto Ambientale (sebbene esista un parere positivo risalente al 2009), l’assenza di un Piano Regolatore del Porto armonizzato con il Piano Regolatore della citta (non ancora approvato), la mancata approvazione da parte del Consiglio Comunale.
Questioni non indifferenti, dunque, sia per le nostre tasche sia per il rispetto dell’ambiente e della legalità, ma di cui non si parla più.

La ditta

Considerata una delle eccellenze del nostro territorio, la Tecnis lavora su tutto il territorio nazionale e anche all’estero.
Cofondatore di Tecnis e fondatore e presidente Mimmo Costanzodi Cogip, che di Tecnis detiene il 50%, è Mimmo Costanzo, che si dichiara, sul proprio blog, “impegnato sui temi della difesa della legalità, della responsabilità sociale dell’impresa e del rispetto della legalità e delle regole”.
Qualche dubbio, tuttavia, ci viene insinuato dalla lettura di un articolo pubblicato nell’agosto 2012 su I Siciliani Giovani, a firma di Ugo Colonna, dal titolo “L’imprenditore bifronte”.
Secondo la ricostruzione di Colonna, realizzata a partire da sentenze giudiziarie, atti processuali, dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di parti offese, emergerebbe che Costanzo ha tenuto rapporti con la mafia di Barcellona Pozzo di Gotto utilizzando come intermediario un imprenditore del settore ‘movimento terra’, già condannato per mafia, e pagando un pizzo ai barcellonesi con il sistema della sovraffatturazione.
In particolare le vicende citate riguardano la realizzazione delle gallerie Scianina e Tracoccia dell’autostrada Palermo-Messina e di un tratto del doppio binario della nuova linea Messina-Palermo, lavori affidati alla ATI ‘Scianina’ di cui la Tecnis fa parte. Fra l’altro occorre ricordare che, nel corso della costruzione di un tunnel ferroviario, una frana costrinse, per ben 11 anni, al restringimento ad un’unica carreggiata del tratto di autostrada compreso fra le due gallerie.
Se questi rapporti con “conclamati mafiosi”, come scrive Colonna, sono stati accertati, in che modo sarebbe stato osservato il codice etico di Confindustria che prevede il “rifiuto di ogni rapporto con organizzazioni criminali”, la “non sottomissione a qualunque forma di estorsione” e l’impegno a denunciare “ogni episodio di attività direttamente o indirettamente illegale”?

4 Comments

  1. suscita in me tenerezza l’imprenditore Mimmo Costanzo che ha l’ardire di affermare che lui lotta e lavora per la ” legalità”.Orbene, se si legge la sentenza Lombardo si ricava netta la sensazione che la legalità di cui parla il dr. Costanzo è quella propria delle organizzazioni criminali cioè creata alla bisogna per le loro esigenze. La parola ” legalità” quindi ha assunto un significato proprio di regola per consenire ai ladri di rubare.

  2. I lavori della darsena non hanno devastato solo il Torrente Acquicella il cui corso, guardacaso, risultava già falsamente deviato nelle iniziali cartografie del piano portuale. Sono anche abusivi perchè il piano regolatore portuale che li ha previsti come fossero normali, non è mai risultato preventivamente concordato ed adeguato al piano regolatore generale di Catania per come prescritto dalla Legge 84/94. L’aspetto più grave di tali fatti non è il silenzio degli esecutori di tali lavori e dei controllori degli stessi, i quali, si spera presto, dovranno risponderne a chi di dovere. E’ imperdonabile infatti , il silenzio consapevole e complice dei due Sindaci pro tempore responsabili della tutela dell’interesse generale di Catania.
    Non hanno infatti mai giustificato il loro silenzio sulla mostruosa e costosa colata di cemento avvenuta in piena Plaia che presto si dimostrerà inservibile per lo scopo di banchine fatto apparire oggi e che inevitabilmente causerà la preclusione dello sviluppo turistico sul mare e della sola risorsa occupazionale ed economica rimastaci.
    Inutile sperare che tali “banchine” possano divenire edificabili per come previsto dal piano portuale e per come previsto da Acqua Marcia che si accingeva ad innalzarvi sopra ben 400.000.mc. di fabbricati non certo di destinazione mercantile.
    Il mercato immobiliare presente e futuro non lo permette, salvo ricorrere a quella edificazione speculativa , comunque illegale in un porto mercantile, che ha già fatto danno in tutti i mercati finanziari.

  3. E’ piu’ facile cambiare il corso di un fiume che avere una coda di etica e rispetto per l’ambiente in Sicilia.

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