Marco, 'giovane adulto' in cerca di riscatto

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Meno carcere e più misure alternative. Ce lo chiede anche l’Europa, ma lo suggerisce soprattutto la sensibilità degli operatori più attenti del settore carcerario, in particolar modo quelli che lavorano a contatto con i minori e cercano di offrire a loro concrete opportunità di reinserimento sociale.
Lo fanno sicuramente la direttora e gli educatori dell’Istituto Penale Minorile di Catania che, come abbiamo raccontato altre volte, propongono ai loro ragazzi esperienze di grande spessore.
Di recente l’IPM ha firmato un ‘accordo operativo’ con l’Associazione Officine Culturali che -in convenzione con l’Università- gestisce ‘i servizi e le attività di fruizione e valorizzazione del Monastero dei Benedettini’. L’accordo prevede, tra l’altro, anche la possibilità di individuare percorsi educativi alternativi alla detenzione.
E’ cominciata così l’esperienza di Marco, ‘giovane adulto'(*) dell’IPM, che svolge una attività che potremmo definire di ‘riparazione del danno e di pubblica utilità’ presso Officine Culturali, essendo stato ammesso al ‘lavoro all’esterno’. Un modo concreto per venire incontro all’esigenza di crescita culturale da parte di un ragazzo che vuole migliorarsi, un’occasione importante per dimostrare come la società civile, in particolare una istituzione culturale, possa contribuire al recupero di un giovane che ha sbagliato.
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“Non conoscevo neanche l’esistenza di questo posto ma adesso sono contento di essere qui, è bello e imparo cose nuove” ci dice Marco, che abbiamo incontrato proprio ai Benedettini, dove affianca le guide e gli animatori, soprattutto nei laboratori di archeologia con i ragazzi delle scuole. “Io di queste cose non sapevo nulla, ma collaboro e imparo”.
Ha voglia di fare, di allargare i suoi orizzonti, ma non perde il contatto con la realtà. “Ho solo la terza media e, quando sono arrivato in istituto, mi era venuta voglia di prendere un diploma ma ho visto che è difficile, soprattutto studiare più materie contemporaneamente”.

Sempre in istituto ha frequentato il primo anno del corso triennale per ristoratori prendendo l’attestato di Sala Bar. “Adesso ho questo attestato di barista ma quello che so fare meglio è il pizzaiolo. Ho lavorato in una pizzeria quando ero fuori, mi pagavano pochissimo ma ho imparato.”
Quando tornerà libero pensa di poter trovare un lavoro in questo campo ma non è detto che, nel tempo che dovrà ancora trascorrere in istituto, non segua qualche altro corso e impari anche un altro mestiere, chissà… magari quello di guida turistica. Per adesso, più realisticamente, pensa ad un corso di inglese, che potrebbe aiutarlo anche a cercare lavoro all’estero.
“Non è che io voglia assolutamente andare lontano, dopo tutto qui c’è la mia famiglia, ma -se resto- devo affrontare i pregiudizi su di me a causa del mio passato”. Pesano come macigni questi pregiudizi, ma è inevitabile fare i conti essi. E’ anche giusto. Cerca una riconciliazione con il mondo Marco e dice “Sarebbe bello ricevere il perdono delle persone a cui ho fatto del male, ma questo è molto difficile”.
E’ ancora giovane e quando -come dice lui- “è successo quello che è successo” era giovanissimo. Allora il suoi rapporti con la famiglia non erano buoni e non certo a causa delle troppe regole imposte dai genitori. “Regole non ce n’erano proprio -dice- eppure le regole ci vogliono”.
Quando gli chiediamo se ha sbagliato per aver frequentato una cattiva compagnia, risponde: “Adesso forse posso dire di sì, ma fino ad ora non mi andava di nascondermi dietro il gruppo, sono stato io a sbagliare, devo prendermi le mie responsabilità.”
Dalla conversazione viene fuori l’immagine di una famiglia semplice, con una situazione economica precaria e genitori molto giovani, forse non abbastanza attrezzati per il loro compito. Marco li vede solo quando vengono a trovarlo in istituto, non può ancora godere di permessi premio, esce solo per andare a lavorare, prende l’autobus che, dall’istituto, lo porta in centro, raggiunge piazza Dante a piedi e resta ai Benedettini per tutta la mattinata. Trascorre il pomeriggio in cella, una camera che condivide con un altro ragazzo che esce anche lui dall’istituto, per andare a scuola.
Possono stare solo tra loro, nessun contatto con gli altri ragazzi del carcere. Chi accetta una proposta di lavoro o di studio all’esterno sa che deve accettare anche questa condizione di isolamento.
Marco si trova bene con il suo compagno di stanza, insieme risolvono i quiz per prendere la patente, fanno un po’ di esercizio fisico nella palestra dell’istituto, chiacchierano e, mentre l’altro studia per le lezioni dell’indomani, Marco legge e …scrive poesie.
“Lo faccio da tempo, ma solo quelle che scrivo adesso mi piacciono. Ci metto dentro quello che sento”. Allora ti piace anche leggere libri di poesie? “No, non ne leggo, le poesie si devono capire” e la risposta vale quanto una pagina di critica letteraria.
Con le sue poesie ha già vinto un premio ad un concorso organizzato all’interno dell’istituto, un concorso serio, voluto dalla direzione e dagli educatori dell’IPM per valorizzare le potenzialità dei ragazzi reclusi, con una giuria esterna molto qualificata. Marco è arrivato secondo e ne è orgoglioso.
Adesso aspetta l’esito di un altro concorso a cui ha mandato i suoi versi, il Premio Letterario Goliarda Sapienza ‘Racconti dal carcere’. Per il vincitore è previsto anche un premio in denaro, ma Marco cerca soprattutto l’apprezzamento, il riconoscimento.
Per le sue piccole necessità economiche, che la famiglia è troppo indigente per poter soddisfare, la direzione dell’IPM gli ha destinato una ‘borsa’ che, utilizzando i fondi residui del progetto “Le ali al futuro”, remunera la sua attività di lavoro all’esterno.
Cosa leggi allora? “Ho letto qualche libro di narrativa, ma soprattutto leggo la Bibbia. La leggo ogni giorno, mi fa stare bene”.
Un interesse per la Bibbia che è nato da un incontro, quello con un pastore evangelico che ha visitato la famiglia e ha stabilito un rapporto con i genitori e anche con Marco. “Cosa importano le differenze, cattolici, protestanti, testimoni di Geova…”.
Ci sono insieme saggezza e ingenuità in questo ragazzo che ha già alle spalle una storia complicata ed è alla ricerca di riscatto, davanti agli altri ma anche davanti a se stesso.
Con i giovani di Officine Culturali si trova bene, non si sente giudicato, fa un’esperienza di apertura al mondo della cultura e della bellezza, un’esperienza che comunque lo arricchisce, allarga il suoi orizzonti, gli consente di respirare un’aria diversa, di fare cose che avranno comunque dei riflessi positivi sulla sua vita. Anche se dovesse andare davvero a fare il pizzaiolo.
(*) Vengono definiti ‘giovani adulti‘ i ragazzi che hanno commesso un reato quando erano minorenni e che, dopo aver compiuo i 18 anni, devono restare in IPM fino al compimento del ventunesimo anno.

1 Comment

  1. Sul Tribunale per i minorenni di Catania devo sollevare critiche sulla qualità del personale giudicante e mi riservco a breve di inviare al CSM una particolareggiata denuncia. E’ grave che in Italia ancora il personale impegnato nella schiera dei giudicanti sulla popolazione minorile presenti delle gravi lacune sul piano della correttezza interpretativa e sull’ umanità nell’applicazione delle leggi che debbono garentire un trattamento umano e civile dei minori con la famiglia e la società intera. Ho l’impressione che la classe degli avvocati non abbia il coraggio di denunciare e di criticare tutto quel che accade all’interno dei palazzi di Giustizia.Agli avvocati manca il coraggio, la cultura e la financo la dignità nel pretendere che il genere umano venga rispettato proprio da chi è chiamato ad applicare le leggi che debbono garentire la convivenza civile.

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