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Triviale, la mafia tra comico e grottesco

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Triviale. Dietro le cattive intenzioni” è il titolo della graphic novel scritta da Gabriele Galanti e Angelo Orlando Meloni e disegnata da Massimo Modula, presentata ieri, 3 maggio, alla Feltrinelli.
Essa si presenta come una storia brutale e tragicomica che accade in un’immaginaria cittadina siciliana, dominata da due bande mafiose rivali e stravolta dall’arrivo di un misterioso vendicatore, con tanto di ali e di balestra, pronto a ribaltare i ruoli tra carnefice e vittima in nome della logica morale del cambiamento verso il meglio.
Già dall’incipit ci accorgiamo di non trovarci di fronte alla classica novella grafica di denuncia storica, ma davanti ad un metodo alternativo di dar voce al desiderio (oltre che al bisogno) di cambiamento della terra sicula, un cambiamento che si vuole realizzare a tutti i costi anche ricorrendo agli stessi metodi dell’avversario: la mafia e il suo seguito di violenza.
“Triviale” non è solo il titolo dell’opera, è anche il nome della cittadina dove si svolge la storia, e non solo. Triviale è la parola chiave di tutto il racconto, perché a detta degli autori: “La mafia E’ un affare triviale” e quindi quale parola migliore di questa per descrivere un fumetto che, anche con un linguaggio volutamente triviale, racconta una storia sanguinaria e di vendetta rivoluzionaria ai danni della malavita?
Parliamo un po’ della storia travagliata di questo progetto, il quale inizialmente era nato con l’idea che potesse fungere da sceneggiatura per un possibile film. Dopo un brusco rifiuto seguito da un “sembra un fumetto, che noia”, i due scrittori Gabriele Galanti e Angelo Orlando Meloni si sono mossi subito e, raccogliendo la palla al balzo, si sono rivolti al disegnatore Massimo Modula, il quale ha accettato di collaborare al progetto. E’ nata così la triade degli autori di Triviale, non più film ma graphic novel.
La casa editrice siracusana VerbaVolant ha accolto il progetto ed ecco la pubblicazione e la divulgazione nelle librerie a partire da oggi, 4 Maggio 2013.
Spendiamo qualche parola in più per questa casa editrice per parecchi versi alternativa e innovativa: VerbaVolant nasce nel siracusano da una laureata in lettere con la passione per i libri e il desiderio di divulgare i contenuti di quelle opere che spesso passano in sordina ma che hanno molto da dire.
Inoltre gran parte di coloro che lavorano per VerbaVolant sono giovani e volenterosi, in barba a chi in passato si è permesso di sparare alla cieca sui giovani italiani, sempre più in difficoltà, accusandoli di pigrizia e nullafacenza.
Triviale, in conclusione, non si limita ad essere un racconto di forte denuncia, seppur con modalità alternative, alla malavita. E’ anche una storia di speranza e di riscossa, di quella Sicilia che vuole cambiare perchè è profondamente stanca della situazione, già di per sè grottesca, che caratterizza le sue città e i suoi borghi.
 
 

3 Comments

  1. non condivido i rimedi o le critiche alla malamministrazione chiamata ” mafia” perchè ritengo che proprio la mafia sia il frutto di pessima amministrazione della cosa pubblica cui non assistiamo impotenti e talvolta financo compiaciuti. Un esempio: il palazzaccio bianco e brutto che è stato elevato al Porto di Catania e che ha visto coinvolti tanti bei nomi della nostra amministrazione civica oltrecche personaggi del capitalismo italiano come l’Acquamarcia.Ebbene, nonostante le denunce i responsabili che bisogna definire ” presunti” sono stati tutti assolti e tutti torneranno in possesso del loro mostro. Di chi la responsabilità? della Mafia? di quale mafia? ma è chiaro che sono responsabili i politici ed i tecnici degli uffici urbanistici che non sono intervenuti a tempo debito per vietare quel mostro. E sono anche responsabili quei giudici che non sono intervenuti adeguatamente per vietare quel volgare insediamento.Adesso si parla di Mafia ed i tanti Roberto Saviano scrivono e parlano di mafia. E’ sbagliato e fuorviante. La mafia allora siamo proprio Noi che abbiamo assistito a quello scempio e non abbiamo fatto nulla. Cosa ha fatto l’arcivescovo del tempo che doveva per forza di cose vedere crescere quella mostruosità davanti ai suoi occhi? Nulla. Ed allora anche lui è corresponsabile e mafioso. Inutile quindi fare i fumetti per far capire di essere interessati e politicamente impegnati. Siamo solo pigri e stupidamente impegnati in ritardo, quando non si può fare nulla e quando si può solo guardare. Se non altro siamo franchi di responsabilità nei confronti dei predoni del bene pubblico che è l’ambiente.

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  3. Alcuni anni fa, per l’anniversario della morte di Fava, ho scritto che su 100 siciliani 5 possono essere i Mafiosi, 1 il Lupo Solitario e gli altri 94 sono complici, o vittime/complici per il quieto vivere e/o per i vantaggi che ne ricevono. Era un modo semplice, e sintetico, per evidenziare che quelli comunemente considerati mafiosi, la cosiddetta “mafia rossa”, sono pochi (il 5% e’ un numero esagerato,) e da soli sarebbero piccola delinquenza comune.
    Il nodo cruciale e drammatico sono il 94% degli altri siciliani, che piu’ o meno consapevolmente, e stabilmente, od occasionalmente, fanno parte della “Mafia Bianca” o la collaborano.
    Se noi infatti consideriamo che il sinonimo della parola “mafia” e’ “esercizio dell’abuso e del sopruso”, allora ci rendiamo conto che quei 94 siciliani, quando esercitano detto abuso e sopruso, o per iniziativa diretta , o per “obbedienza” interessata, sono “mafiosi”.
    E questo esercizio dell’abuso e del sopruso “bianco” io lo vivo tutti i giorni. Per citarne uno recente: il dirigente amministrativo del Tribunale del Lavoro di Catania, dopo altri gravissimi fatti, e dopo un rifiuto iniziale, coadiuvato da tre impiegati, uno dei quali asseriva di essere maresciallo ( senza divisa), mi ha rilasciato la copia originele, con passato in giudicato, di una sentenza che mi riguardava, riportando che non posso presentarla alle pubbliche amministrazioni (sic?!!!).
    Anche chi ha autorizzato, e/o ha realizzato, lo scempio di Catania, ha utilizzato il proprio ruolo e le proprie competenze per esercitare l’abuso ed il sopruso. E lo esercitano, con responsabilita’ ulterioremnte grave per il ruolo che rivestono, i giudici che non condannano i responsabili di detti abusi, come ha evidenziato Francesco De Quevedo . Per citare un altro esempio eclatante: il parco urbano ” Falcone” e’ di 16300 mq, mentre il progetto asseritamente realizzato, e pagato , era di 18.000 mq..Vi e’ di piu’: una falsa rappresentazione dei terreni oggetto di esproprio a favore di alcuni proprietari, da parte dei tecnici comunali; e’ stata alterata la forma orginaria del parco per altri abusi e per restituire il terreno ad un proprietario, dopo averglielo pagato. E le delibere del comune riportano detto credito a favore del comune mai riscosso. Vi e’ ancora di piu: alcuni anni dopo la sua realizzazione sono stati pagati ulteriori 2000 mq ( circa) lasciando il parco di 16.300. Il parco e’ la negazione di un parco, inutilizzabile ed inutilizzato, ed un’offesa alla memoria di Falcone. Ancora Francesco De Quevedo . io ho dato tutte le prove ai giudici di Catania. d Ed I citttadini per bene che sicuramente vi sono cosa fanno? Disse Edmund Burke Quello che Roberto Saviano scrive non e’ in contrasto con quanto ho asserito,ma complementare, io, ed apprezzo quello che scrive. Chi come me, non sa scrivere come lui, puo’fare alter cose. Ed io lancio una proposta a chi scrive, e legge, Argo: organizzare una visita al parco “Falcone’ di Motta S. Anastasia per veder come sono stati sprecati 3 miliardi e mezzo dei nostri soldi. Io portero’ le prove di quanto ho scritto.

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