I professionisti dell'Antiracket

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C’erano -e forse ci sono ancora- i professionisti dell’antimafia di sciasciana memoria. Oggi siamo costretti a parlare anche dei professionisti dell’Antiracket. Se non altro nel senso che la lotta al racket, che prima si svolgeva nell’ambito del volontariato, è diventata adesso una professione, un lavoro retribuito. “Altro che volontariato! – dice Giusi Mascali, legale dell’associazione antiracket Libero Grassi -E’ diventato un sindacato, un patronato”.
Il fronte dell’antiracket siciliano è parcellizzato in una miriade di formazioni. Ci sono le federazioni: la Fai, la Federazione delle associazioni antiracket, e la Rete per la legalità, nata da una costola della prima, la Consulta delle associazioni antiusura e la rete di Libera. E le associazioni provinciali: a Catania c’è la storica Asaec, dopo la quale ne sono nate tante, l’As.a.a.e, l’As.a.r.a, l’A.f.a e via acronimando.
Adesso i milioni di euro del Pon Sicurezza e altri fondi regionali, ancor prima di essere assegnati, hanno impresso una devastante forza centrifuga al mondo dell’antiracket, spaccandolo ulteriormente. Molte associazioni e molti singoli soci sono entrati in fibrillazione e hanno presentato progetti e programmi, curricula e domande che in qualche caso sono state accolte. Una delle voci fuori dal coro è l’Asaec, l’associazione antiestorsione catanese Libero Grassi, che ha sempre lavorato gratis e bene e non vede la ragione di cambiare stile. Così ha deciso di uscire allo scoperto manifestando il suo dissenso con due lettere.
La prima, alla commissione antimafia siciliana in contatto con la Fai per i finanziamenti regionali. Vi si legge, tra l’altro, l’apprezzamento per “la clausola che prevede l’ammissione ai finanziamenti soltanto delle associazioni che si saranno costituite almeno tre volte parte civile nei processi, condizione che metterà fine alla crescita incontrollata delle associazioni antiracket in un momento in cui le denunce sono in calo” e il dissenso contro i finanziamenti, contrari allo “spirito sacro del volontariato e al sentimento di solidarietà”.
“Le risorse pubbliche – continua la lettera – dovrebbero essere altrimenti utilizzate, ad esempio per il sostegno alle Forze dell’Ordine, alla Magistratura ed agli avvocati penalisti per le costituzioni di Parte Civile, ed infine ai civilisti per il ripianamento dei debiti contratti dalle vittime.” O anche per sostenere “le vittime di usura nella fase iniziale della denuncia”. Purtroppo – concludono i rappresentanti dell’associazione – sappiamo tutti, e la storia di questo Paese ne è la riprova, che laddove vengono amministrati molti soldi, si insinuano soggetti talvolta non affidabili che, non soltanto perseguono finalità ben diverse da quelle millantate, ma con i loro spregiudicati comportamenti sono capaci di inquinare tutto il tessuto sociale nel quale operano».
Le restrizioni nell’ammissione ai finanziamenti regionali e soprattutto la clausola che prevede l’assegnazione di fondi soltanto alle Associazioni che si saranno costituite almeno tre volte parte civile non sta bene all’Afa, all’Asara e all’As.a.a.e. Di quest’ultima è presidente Gabriella Guerini che è già stata ammessa ai finanziamenti nazionali del Pon come capoarea con uno stanziamento triennale di 150.000 euro.
Una seconda lettera è stata inviata dall’Asaec ai dirigenti della Fai e riguarda proprio i finanziamenti del PON sicurezza:”Da sempre siamo stati contrari ad attingere a risorse pubbliche per la nostra attività, e ciascuno di noi ha sottratto tempo al proprio lavoro, per portare avanti i principi cardine dell’antiracket”.
Purtroppo per l’Asaec, però, la federazione della quale fa parte, la Fai, appunto, non è stata sulla stessa linea. Non solo: anche all’interno dell’Associazione catanese ci sono state defezioni rispetto alla decisione di non accedere ai finanziamenti. Adriana Guarnaccia, ad esempio, che dopo aver presentato domanda e inviato il curriculum al Ministero dell’Interno, è stata selezionata e avrà un finanziamento di 90.000 euro suddiviso in tre anni. Cosa ne farà di questi quattrini?
Creeremo sportelli per la legalità – dice- cercherò di coordinare altre associazioni, di crearne di nuove, di spingere i taglieggiati a denunciare; apriremo sedi anche in provincia, coinvolgeremo specialisti, psicologi ed esperti, faremo convegni e collaboreremo con le forze dell’Ordine.”
“Tutte attività che abbiamo sempre svolto -dice Linda Russo, presidente uscente dell’Asaec-, anche mettendo mano, quando occorreva, al portafogli e senza che questo mandasse in crisi la nostra economia”.
Curioso che i finanziamenti avuti tramite la Fai vengano, inoltre, gestiti direttamente dal singolo. Come mai? Lo permette il Programma operativo nazionale Sicurezza 2007-2013. In febbraio l’ufficio del commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura ha firmato con la Fai una convenzione per l’affidamento di tre progetti; importo, sette milioni di euro. Altra convenzione con Addiopizzo, per il progetto Consumo critico antiracket, costo 1.469.977,75; un terzo progetto per 3.101.124,00 per “Caltanissetta e Caserta sicure e moderne” con Confindustria che non risulta, però, avere al suo interno associazioni antiracket e non si è mai costituita parte civile nei processi. Tutti progetti successivamente ammessi al finanziamento.
La rete per la legalità, però, non ci ha visto chiaro e ha notato alcune irregolarità nel metodo e nel merito. Non avrebbe i requisiti il progetto affidato ad Addiopizzo-Palermo, ad esempio, perché intervenendo in due città della stessa Regione, Palermo e Gela, non avrebbe la dimensione sovrarregionale richiesta. Abbiamo cercato di sentire la controparte. Abbottonati e imbarazzati abbiamo trovato i ragazzi di Addiopizzo di Catania che ci hanno indirizzati su Palermo, ritenendo -hanno detto- “l’argomento estremamente delicato”. Ci ha richiesto domande per iscritto Addiopizzo Palermo nella persona del vicepresidente Daniele Marannano. Abbiamo atteso fino ad ora, ritardando la pubblicazione del nostro articolo, ma non ci ha inviato nulla.
La rete per la legalità denuncia ancora discriminazioni. “Si sono affidati in “convenzione” ad associazioni private, ingenti somme di denaro sulla base di trattative privatistiche e di relazioni personali, privilegiando alcune, senza nemmeno fornire adeguate motivazioni, senza il minimo coinvolgimento delle altre. Non si comprende con quali procedure, alla luce delle norme previste dal PON Sicurezza, sia  stata  individuata la FAI come esclusivo “partner attivo” del soggetto beneficiario e “proponente nella realizzazione di specifiche attività previste dal Progetto. Sulla base di quali presupposti è stata adottata la trattativa privata, in luogo dell’Avviso o del Bando Pubblico?”
E ancora la Rete, nella lettera dal titolo emblematico “Esigiamo spiegazioni”, denuncia favoritismi e invoca trasparenza: “A tutt’oggi per esempio non è dato conoscere le attività previste dal Progetto finanziato a Confindustria, se non nei titoli e nell’ammontare dell’importo previsto.”
“Perché questo spreco di denaro pubblico ? -si chiede Linda Russo- abbiamo sempre lavorato bene senza bisogno di attingere a fondi pubblici. Tutto questo non può che gettare luci equivoche sull’attività dell’Antiracket”.
“C’è bisogno di chiarezza”, ribadisce la Rete per la legalità che si propone di costituire a breve un Osservatorio sulla trasparenza dove mettere tutti gli atti pubblicati in materia di finanziamenti al settore. L’obiettivo e’ quello di fare sapere a tutti e in maniera trasparente quanto accade nel mondo dell’antiracket e antiusura, con un monitoraggio continuo di tutti gli elementi attuativi del Fondo.
Naturalmente l’accesso ai finanziamenti rientra nei dettami della legge, non intacca minimamente la sfera della Legalità; semmai quella della Morale. Ma l’Etica, oggi, è spesso solo un optional.

17 Comments

  1. i mestieranti dell’antiraket rastrellano solo percentuali sugli iscritti e cioè i poveracci che hanno creduto nelle leggi antiusura. E’ una vergogna ed uno scandalo il fatto che in Italia non sia stata denunciata la inutilità e pericolosità di leggi antiusura di tal fatta che spingono al suicidio ed alla rovina economica il povero imprenditore che ha creduto alle promesse. Le associazioni antiraket sono solo delle organizzazioni parassitarie che nulla fanno se non quello di appesantire il groviglio di burocrazia che hanno introdotto le leggi contro l’usura e che hanno creato una barriera tra la burocrazia ed il povero sventurato minacciato dagli usurai.Bisogna fare abrogare la legge n.44 del 1999 ed introdurre norme più agevoli che se da un lato consentono all’imprenditore di sollevarsi e liberarsi dagli usurai dall’altro debbono garentire un intervento immediato da parte delle banche. E’ la fine d egli affidamenti bancari che provoca il disastro economico delle aziende degli imprenditori che hanno denunciato.SE non si capisce questo aspetto della vicenda non si è capito nulla circa il meccanismo di difesa dell’usurato.

  2. a proposito delle costituzioni di parte civile da parte delle associazioni antiraket debbo denunciare che in un processo penale promosso dal vitiviniltore Puglia contro gli usurai si sono costituite due associazioni che mai prima di quel momento avevano mosso un dito nell’assistenza del denunciante.E poi questi organismi sono assolutamente inutili ed appesantiscono la già complicata burocrazia che è stata creata attorno a questo soggetto autore delle denunce penali.

  3. a me dispiace quando all’interno di un discorso non si riesca mai a distinguere ciò che c’è di buono per invece fare di tutta l’erba un fascio…qui si parla di associazione antiracket mettendole tutte sullo stesso piano, disprezzando quello che fin ora è stato fatto, o addirittura si giudica senza neppure sapere ciò che è stato fatto….ad esempio quanti sanno che in questi giorni si sta discutendo per migliorare gli aspetti della legge 44/99 e cercare di rendere gli aiuti dello stato più diretti ed incisivi e meno burocratici…ma forse questo non interessa a chi vuole solo creare polemica….forse non molti sanno che se non fosse per il lavoro, vale la pena ricordare da volontari, delle associazioni antiracket molti imprenditori non andrebbero a fare il loro dovere, cioè denunciare, questo perché sarebbero il più delle volte da soli e inesperti sul da farsi e si perderebbero in quella burocrazia, che si è da criticare, ma in maniera positiva, proponendo delle soluzioni, non delle semplici critiche, che hanno come unica conseguenza quella di gettare fango su chi si impegna ogni giorno per cercare di fare qualcosa per questa nostra terra…mi chiedo quando si capirà che fino a quando non la smettiamo di farci la guerra tra di noi, le cose in sicilia non cambieranno mai, solo un fronte forte e compatto può arrivare a sconfiggere il cancro della cultura mafiogena…..per quanto riguarda le costituzioni di parte civile, anche qui magari pochi sanno che le associazioni che si costituiscono non prendono nessun risarcimento economico perché il più delle volte i condannati non hanno la possibilità di pagare nulla, e quindi le loro costituzioni hanno solo un significato simbolico oltre che di sostegno all’imprenditore che denuncia, ma forse anche quest’aspetto non interessa a chi pensa solo a fare polemica….

  4. Apprezzabile l’intento dell’articolo ma, a mio avviso, superficiale e lacunoso il risultato, con una chiara propensione verso uno dei soggetti protagonisti di questa vicenda (io diffido sempre da chi ostenta la propria purezza salendo sul piedistallo ma questa è un’opinione personale).
    Da semplice lettrice per avere un quadro chiaro della situazione, credo servirebbe capire prima di tutto il meccanismo di funzionamento del PON, se ci sono state infrazioni nella procedura prevista per la presentazione dei diversi progetti e in quella di assegnazione dei fondi. Su questo punto mi sembra ci sia molta vaghezza e confusione, anche nella lettera della rete per la legalità, che è tutto fuorché chiara. Inoltre, mi chiedo, ci sono stati progetti presentati e non finanziati? O quelli che hanno ricevuto i fondi sono gli unici? A mio avviso il discorso è semplice, se la procedura è stata viziata e di conseguenza i fondi indebitamente assegnati, credo sia lecito contestare e denunciare; al contrario la considero una polemica fine a se stessa a difesa di posizioni di principio più o meno condivisibili. Il problema etico e morale, a parte la trasparenza nell’assegnazione dei fondi (elemento imprescindibile), sta nel corretto utilizzo degli stessi, tutto qui. Se questi fondi saranno utilizzati integralmente e per gli scopi dei progetti, se rafforzeranno l’azione antiracket ed antiusura sul territorio, dove sta lo scandalo? Più delle polemiche sarebbe utile e concreto un effettivo controllo su come verranno spesi questi fondi, che si chieda trasparenza nella gestione di ogni singolo euro finanziato. E’ questo il compito del giornalismo, almeno di quel giornalismo etico di cui parlava Pippo Fava.
    L’etica sarà anche un optional per alcuni ma spesso lo è anche anche il buon giornalismo.

  5. In riferimento all’articolo ove con riferimento ad Addiopizzo Catania si legge “Abbottonati e imbarazzati abbiamo trovato i ragazzi di Addiopizzo di Catania che ci hanno indirizzati su Palermo, ritenendo -hanno detto- “l’argomento estremamente delicato” desideriamo precisare quanto segue.
    I “ragazzi” di Addiopizzo Catania in questi anni non solo sono cresciuti ma hanno maturato la convinzione che le polemiche siano solo una perdita di tempo
    E a noi questo non interessa perchè di tempo ne abbiamo poco e preferiamo impiegarlo diversamente.
    Premesso che un’intervista su un tema delicato quale può essere quello che determina un articolo dal titolo “I professionisti dell’Antirachet” non si fa alle 20 di sera chiamando il numero privato di un socio di Addiopizzo Catania ma, piuttosto, parlando con il presidente dell’associazione, desideriamo precisare che da parte nostra non c’è stato e non c’è alcun imbarazzo trattandosi di un tema sul quale abbiamo le idee molto chiare, non solo perché non facciamo parte della Fai e non abbiamo partecipato ad alcun PON, quanto, piuttosto, perché riteniamo che i finanziamenti siano soldi pubblici, quindi della collettività.
    Non ci sentiamo, quindi, di condividere l’opinione di chi grida allo scandalo per dei progetti che sono stati finanziati dall’Unione Europea ( il bando è del 2007 anche se qualcuno ha avuto difficoltà a trovarlo tanto da ventilare l’ipotesi della sua inesistenza) perché riteniamo che ogni associazione debba essere giudicata non perché usufruisce di soldi pubblici ma, piuttosto, per come utilizza ed amministra i denari della collettività.
    Tanto per essere più chiari e parlare di cose che ci riguardano, ci chiediamo e chiediamo ai lettori di Argo: è stato immorale ed eticamente poco corretto avere ottenuto un finanziamento dalla Provincia di Catania (quindi soldi pubblici il cui impiego è stato documentato fino all’ultimo centesimo) per ristrutturare il bene confiscato a Picanello, così da renderlo operativo e lavorare nel quartiere o, piuttosto, sarebbe stato meglio lasciarlo in condizioni di abbandono così da diventare l’emblema della sconfitta dello Stato?
    Noi, senza esitazione…abbiamo scelto i fatti perché le parole, le polemiche, le beghe tra associazioni ed i titoli ad effetto ci interessano poco.

  6. Dopo aver letto la precisazione di Addiopizzo Catania, che condivido in pieno, mi sembra chiaro che l’articolo sia stato scritto con un evidente intento polemico tranne però che nei confronti dei “puristi” dell’antiracket. Le polemiche fini a se stesse hanno dietro sè sempre il nulla e riescono a creare solo un gran polverone senza sostanza. Questo è quanto di più lontano può esserci dal buon giornalismo.

  7. personalmente non comprendo dov’è lo scandalo? sono fondi previsti dalla legge? sì. sono rendicontati? penso proprio di sì. e allora perchè un’associazione o un singolo, sempre se previsto da legge, non ne deve usufruire? ma di che stiamo parlando?
    a questo aggiungo una considerazione personale: io diffido molto di piu di quelli che fanno le cose gratis et amore che di quelli che ci mettono tempo ed energie nelle cose e giustamente vogliono essere retribuiti. e del resto se ci sono i fondi pubblici a che servono se non ad incentivare queste attivita’. o ancora vogliamo credere alle dame di san vincenzo???

  8. Bene. Quando ci sono commenti vuol dire che ‘è qualcosa da commentare. O anche, forse, che è stato toccato un nervo scoperto. Intanto la precisazione del comitato catanese di Addiopizzo.
    Abbiamo telefonato al numero privato di un socio perché quel contatto avevamo. Al socio in questione abbiamo posto alcune domande alle quali non ha risposto, invitandoci a parlare con il presidente, l’avvocato Totò Grosso. Cosa che abbiamo tentato senza successo. Non ci è stato infatti dato il suo numero di telefono. Abbiamo chiesto quindi al socio di cui sopra di farsi tramite col presidente della nostra richiesta. Il socio ha richiamato dicendo che nemmeno il presidente voleva parlare e ci ha invitato a sentire il comitato di Palermo. Cosa che abbiamo fatto e che sarà oggetto di un secondo post, visto che le risposte sono arrivate in ritardo rispetto ai nostri tempi di programmazione. Ribadiamo quindi che non siamo stati noi di Argo a non voler parlare con i vertici catanesi ma i vertici catanesi a rifiutarsi di parlare.
    Le polemiche non piacciono nemmeno a noi e così le beghe. Non abbiamo gridato allo scandalo. Ci siamo limitati a registrare una spaccatura che esiste all’interno del mondo variegato dell’antiracket e che rischia di pregiudicare la credibilità di chi del volontariato non fa una professione.
    Sulla lettera di Anna Interdonato . Libera di pensare che il post sia lacunoso e superficiale. Certo un pezzo di 1000 parole, destinato al distratto lettore del Web, non vuole nè può essere un trattato e quindi non può esaurire l’argomento. Per quanto riguarda l’accusa di non fare buon giornalismo etico. Anche questa è un opinione che rispettiamo. Vorremmo solo aggiungere che noi che diamo vita ad Argo siamo meno delle dita di una mano, che lo facciamo perché ci crediamo. Noi sì che siamo volontari: non solo non becchiamo un centesimo ma ci rimettiamo soldi, tempo ed energie. Lo facciamo volentieri perché pensiamo che far conoscere ciò che accade in questa nostra martoriata regione può servire a combattere il malaffare che l’affligge e quindi a migliorarne la vita.
    A Deluso diciamo che è proprio per evitare che si faccia di tutta l’erba un fascio che ci siamo occupati del mondo dell’antiracket.

  9. Risulta chiaro dalla lettura degli interventi che la gente non sa più affrontare argomentazioni che attengono alla parte più nobile dell’essere umano e cioè all’anima.
    La gente è confusa, tanto confusa da spostare i termini della questione su altri piani di conversazione.
    Oggi tutte le controversie che non sono perseguibili penalmente non vanno prese neanche in considerazione dalla gente comune, tanto è vero che addirittura i Governi tendono a depenalizzare i reati cosiddetti minori.
    Cosa potevamo aspettarci noi che invece difendiamo la nostra LIBERTA’ con le unghie e con i denti?
    Noi che siamo all’antica e abbiamo ancora la desueta abitudine di giudicare i comportamenti con gli occhi trasparenti di un bambino, noi che ci atteniamo ai polverosi valori fondanti della nostra Costituzione: Etica, Solidarietà, Gratuità, Giustizia, Lealtà, Dignità….
    Cosa abbiamo in comune con coloro che “tutto fa brodo”, coloro che difendono l’indifendibile, che sproloquiano?
    E che dire di coloro che hanno due pesi e due misure a seconda delle circostanze?
    In fondo, diceva mio padre, tutti gli uomini sembrano uguali, tutti hanno due occhi un naso ed una bocca; le differenze stanno nel cervello.
    Per noi la differenza consiste proprio nella coerenza, tra ciò che si dice ciò che si pensa e ciò che si fa; ovvero la coerenza che gli uomini riescono a mantenere nella loro esistenza a condizione che siano in grado di superare, come ha detto Monti pochi giorni fa, anche i propri interessi personali in favore dell’interesse comune .
    Noi siamo fatti così e ne siamo orgogliosi!
    Linda Russo Zangara, presidente uscente Asaec

  10. Vi preghiamo di non scrivere “inesattezze” giusto per usare un eufemismo, perchè i “vertici” catanesi di Addiopizzo Catania non si sono affatto rifiutati di parlare.
    Molto più semplicemente alle 10 di sera erano impegnati con le rispettive famiglie.
    Sarebbe stato molto più semplice chiamare il numero dell’associazione che, per notizia, si trova anche sul sito,
    e concordare in tutta tranquillità una intervista, anche perchè ci pare che tutta questa urgenza non c’era visto che avete atteso le risposte per iscritto dei cugini palermitani
    Se, invece, non si è nemmeno liberi di non voler rispondere sul cellulare privato all’ora di cena perchè c’è una intervista che non può attendere….allora ci siamo rifiutati di rispondere.

  11. fare volontariato costa, da che mondo è mondo. costa impegno di tempo e di energie. e da che mondo è mondo tutte le attività del terzo settore, dalla cooperazione ad altre cose sono FINANZIATE con fondi pubblici, purche le attivita non siano a fini di lucro. questo dice la legge. questo fanno tutti i volontari. quindi per favore non si faccia moralismo scontato. sarebbe come dire che è immorale che un partito prenda i finanziamenti pubblici. poi ci possono essere disfunzioni, opportunismi, illegalita’, e questi vanno puniti. che il volontariato o terzo settore che dir si voglia sia diciamo cosi aiutato economicamente è una cosa logica perche
    forse le signore che fanno antiracket a gratis hanno tanti soldi e tempo da spendere. beate loro. ma in questo modo il volontariato diventerebbe roba da ricchi. volete questo?

  12. Ci dispiace notare che i ragazzi di Addiopizzo Catania, che stimiamo per l’entusiasmo e la passione che mettono nel loro lavoro da volontari, se la siano presa tanto. Ma ribadiamo: nessuna inesattezza da parte di Argo. Semmai, forse, un malinteso. Abbiamo contattato e non alle 22 (nel primo commento di Addiopizzo Catania erano le 20 e nel successivo sono diventate “le dieci di sera”) un socio che ha dirottato l’intervista sul presidente, l’avvocato Totò Grosso, ma non ci ha dato il suo numero di telefono facendo da tramite per la nostra richiesta di intervista. Ci ha poi richiamato ma non ha detto che il presidente sarebbe stato ben lieto di sentirci in altro orario. Ha detto – o almeno così abbiamo inteso- che avremmo dovuto parlare con Addiopizzo-Palermo.
    E a proposito di inesattezze, non abbiamo atteso affatto i “cugini palermitani” le cui risposte, arrivate in ritardo rispetto alla nostra programmazione, saranno oggetto di un secondo post.
    E con questo speriamo di aver messo un punto fermo a questo non piacevole “carteggio”.

  13. Ciò che viene definito in maniera dispregiativa “spostare i termini della questione su altri piani di conversazione” non è confusione ma semplicemente un voler parlare di fatti invece che di aria fritta, polemizzando sul nulla.
    E’ semplice, invece fare il contrario: si fa un bel polverone, si alzano i toni, si punta il dito e si tira fuori il bell’elenco dei valori che non passa mai di moda. In tutto questo, qualcuno si chiede ancora se un problema reale esiste? Obbiettivo raggiunto.
    Siamo fortunati, però, ci rimane una bella lezioncina sui buoni sentimenti e sulla coerenza (pregi, si sottolinea, che noi non possediamo). Gran brutto difetto la saccenteria.

  14. L’articolo ha, positivamente, dato vita a una discussione vivace e partecipata, che, speriamo, abbia fornito a tutti migliori strumenti di riflessione e interesse per contrastare, anche su questo terreno, il potere mafioso. Una precisazione a margine. Disilluso sostiene che “fare volontariato costa, da che mondo è mondo. Costa impegno di tempo e di energie. e da che mondo è mondo tutte le attività del terzo settore, dalla cooperazione ad altre cose sono FINANZIATE con fondi pubblici”. Disilluso, però, parla di volontariato e terzo settore come se fossero la stessa cosa. Il terzo settore, pur senza fini di lucro, impiega, talvolta purtroppo non rispettando le stesse norme contrattuali (ma su questo andrebbe aperta una riflessione specifica), personale per svolgere i propri progetti, spesso complementari all’attività del “pubblico”. I volontari, invece, sono tali proprio perché mettono a disposizione gratuitamente una parte del loro tempo e delle loro competenze. Per fare un solo esempio, la LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS), che opera anche all’interno del terzo settore, nel suo statuto prevede che tutti i soci non possano mai essere retribuiti per le attività che svolgono. Tutti dovrebbero impegnarsi perché rimanga una tale diversificazione dei ruoli, soprattutto se si vogliono evitare sprechi e clientelismi da parte delle pubbliche amministrazioni. Infine, è sicuro Disilluso che i volontari siano tutti “signore che fanno antiracket a gratis [e]hanno tanti soldi e tempo da spendere”? E siamo sicuri che non si può fare antiracket se non organizzandosi con le modalità proprie del terzo settore e non del volontariato?

  15. illuso secondo me tu hai fatto sindacato…e frequenti anche la parrocchia. cosi a naso… e mi hai anche fatto venire voglia di andare in chiesa. è quasi pasqua..
    comunque, scherzi a parte e non me ne voglia illuso che si puo anche scherzare, passiamo al serio e potrei fare discorsi interminabili sui personaggi che fanno volontariato. anche la ricerca di visibilita è una spinta molto piu attraente della pecunia per darsi al volontariato, non sempre ma spesso.comunque bando al cinismo, illuso pero non risponde alla mia domanda, tema da cui parte l’articolo, e cioè è immorale finanziare il volontariato con fondi pubblici?

  16. i signori dell’antiraket hanno dimostrato ancora una volta di essere incapaci ed incompetenti a gestire attività particolarmente delicate che richiedono conoscenza del diritto e dell’ec onomia. L’imprendtore che ha denunciato non può attendere anni prima i disporre di un modesto peculio per pagare o anticipare ciò che deve ai suoi creditori.Non può bussare alla porta di mahgistrati o di prefetti per chiedere con il cappello in mano di farsi ricevere. Non sanno i nostri che taluno se non è ben raccomandato non entra nelle grazie di certe autorità che distribuiscono medaglie. I nostri non sanno che a Catania ci sono autorità che meriterebberoi di essere cacciati via dai posti che occupano per incapacità o addirittura per malaffare.

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