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Referendum sul nucleare, per un sì consapevole

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Sono tali e tanti i pericoli e le assurdità del nucleare che sorge spontaneo il dubbio sulle reali motivazioni dei suoi sostenitori, i quali dovrebbero essere al corrente del fatto che la tecnologia solare e quella eolica possono produrre la stessa quantità di energia a parità di denaro investito (smantellamento compreso) senza lasciare eredità radioattive alla nostra terra.
Selezioneremo solo alcuni fra i molti aspetti di questo tema, rinviando il lettore, oltre che ai 2 articoli allegati, alla copiosa documentazione disponibile anche su web.

La “positività” del modello francese

La capacità di produzione di energia elettrica installata in Italia (88 MW nel 2006) eccede il suo fabbisogno (56 MW nel 2006), quindi non importiamo energia elettrica (15%  del fabbisogno) perchè siamo costretti a farlo, ma perché è conveniente acquistarla dalla Francia.
In Francia infatti il 78% dell’energia elettrica è prodotto da centrali nucleari, che hanno -per loro struttura- pochissima elasticità di modulazione. Vanno cioè utilizate alla massima potenza, mandandole “a tavoletta”, non per scelta, ma per vincolo di progetto.
Il  parco di generazione elettrica di un paese, in termini di potenza installata e disponibile, deve essere dimensionato per far fronte ai picchi di richiesta, ma deve esere in grado di diminuire la produzione quando non vi è richiesta (modulazione).
La rigidità di funzionamento del parco nucleare francese costringe quindi ad esportare l’energia prodotta in sovrappiù, svendendola a prezzi stracciati e sottocosto per non essere costretti a fermare gli impianti, e ad importarla nelle ore di picco a prezzi molto salati.
E’ l’energia svenduta sottocosto che noi (e la Germania) acquistiamo dalla Francia. Ma non sono questi i costi a cui noi potremmo eventualmente produrre nelle nostre centrali nucleari.

Altro falso è quello che sia la provenienza da energia nucleare il motivo per cui le tariffe dell’energia elettrica in Francia sono più basse che in Italia. Le stesse tariffe, infatti, più basse delle nostre, sono presenti anche in Germania e dell’Inghilterra, paese in cui l’apporto da fonte nucleare è assai minore (26% e 19% rispettivamente). In Spagna le tariffe sono ancora più basse, con un apporto del nucleare del 19%. C’è piuttosto da ricordare che l’aumento delle tariffe in Italia (3-4 volte la media europea) è avvenuto dopo la privatizzazione dell’industria elettrica, che ha comportato anche un aumento dell’inefficienza del sistema energetico. Finché l’industria italiana era pubblica le tariffe erano simili a quelle della Francia.

Il nucleare  non è la soluzione della dipendenza energetica

Per capire in che misura il ricorso all’energia nucleare potrebbe alleviare il problema della dipendenza energetica dall’estero, bisogna avere ben chiaro che le centrali nucleari producono solo energia elettrica e questa è meno del 20 % dei consumi energetici nazionali. La maggior parte delle nostre risorse energetiche, quasi tutte importate, è utilizzata per altri scopi. Del petrolio importato, ad esempio, quasi un terzo viene consumato nei trasporti, poiché il sistema dei trasporti in Italia è assurdamente squilibrato verso il trasporto su gomma. Un altro 20% viene consumato dall’agricoltura (in modo molto inefficiente).
Per alleviare il problema della dipendenza energetica dall’estero il nucleare servirebbe quindi a poco o nulla. Potrebbe invece aggravare la situazione perchè i giganteschi investimenti per esso necessari sottrarrebbero risorse destinabili allo sviluppo delle fonti rinnovabili (eolico, solare termico e fotovoltaico), il cui utilizzo avrebbe effetti benefici immediati e costi enormemente inferiori.

Per tirare le somme

E allora quali sono le motivazioni per resuscitare il nucleare? Molte, sicuramente interessanti, ma nessuna che abbia a che fare con i problemi energetici.
Infatti, se le motivazioni fossero determinate dalla impellenza della carenza energetica (altrimenti non si capirebbe la fretta che si sta impiegando) il ricorso al nucleare, che andrebbe a regime solo fra 10-15 anni, non risolverebbe nulla.
Inoltre, poiché fornirebbe solo energia elettrica, anche con una decina di centrali non copriremmo più del 5% del fabbisogno energetico (data la rigidità della produzione elettrica del nucleare, solo 1/4 dell’elettricità può essere prodotto col nucleare, il resto deve essere prodotto con impianti modulabili quali centrali termiche o idroelettriche).
Se centrali dovranno essere, il nostro (?) governo ha scelto quelle tradizionali ad uranio arricchito e ad acqua di terza generazione e, con sana e disinteressata lungimiranza, sono stati bloccati gli incentivi relativi ai pannelli solari.

La presunta indipendenza energetica della Francia

Il modello di centrale scelto dal governo è un progetto europeo noto come EPR (European Pressurized Reactor), di terza generazione a pressione, raffreddato e moderato ad acqua pressurizzata. L’ideale per la produzione di Plutonio per uso bellico (per inciso gli Usa non lo producono, per scelta ecologica, per cui da qualche parte bisogna pur farlo).
L’EPR è progettato e costruito dalla francese Framatome. La distribuzione energetica dei suoi prodotti è gestita dal gruppo francese EdF, principale gruppo -oltre l’Enel- del mercato della distribuzione in Europa, ma con interessi in vari scenari internazionali.
Sia l’Enel, controllata per il 31% dal Ministero dell’Economia, che la EdF detengono reciproche quote azionarie e partecipano alla gestione e costruzione delle centrali in Italia e in Francia. Consistenti pacchetti azionari di entrambe (per l’Enel è il secondo pacchetto dopo quello del Ministero dell’Economia) sono possedute dalla BlackRock, la principale società d’investimenti al mondo, il più grande gestore finanziario quotato alla borsa di New York, in grado di determinare i flussi di capitali in Wall Street e le decisioni di Washington. Attraverso la fusione con la Barclays britannica la BlackRock gestisce pacchetti azionari di decine di società europee.
Solo in Italia, fra le altre società, ha voce in capitolo nella Banca Popolare di Milano, Generali, ENI, Fiat, Telecom, Unicredit, Intesa S. Paolo, Mediobanca, Mediaset, Finmeccanica. Notiamo che fra queste aziende vi sono fra le principali proprietarie della Banca d’Italia SpA, ed una fra le maggiori produttrici al mondo di armi.

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