La secessione della Padania tante volte minacciata da Bossi, Trenitalia la sta infliggendo concretamente alla Sicilia, e contro la sua volontà. In assenza di una Contratto di servizio con la Regione, motivo per cui viene assicurato soltanto il servizio minimo indispensabile, il cosiddetto servizio pubblico ferroviario sta infatti provvedendo in proprio, anno dopo anno e treno dopo treno, a tagliare fuori la Sicilia definitivamente dal trasporto universale delle Ferrovie dello Stato.
Stiamo parlando di una strategia che ha progressivamente tagliato 44 treni regionali (il 10 per cento del traffico locale) e il 30 per cento del trasporto a lunga percorrenza tra la Sicilia ed il Continente.
L’ultima puntata di questa sceneggiata stava per andare in onda con l’entrata in vigore, a dicembre, del nuovo orario ferroviario che avrebbe ridotto solo a sei il numero dei treni a lunga percorrenza e avrebbe messo completamente fuori dalla rete Agrigento e Siracusa, collegate solo con un servizio di pullman.
Pare che, per iniziativa del sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti G. Reina, questo pericolo sia stato scongiurato, almeno sulla carta: il governo, infatti, si è impegnato a versare una piccola mancia di circa dieci milioni di euro, peraltro ancora da reperire (chissà se ne hanno parlato con ser Biss Tremonti). In cambio Trenitalia, bontà sua, si degnerà di garantire quei treni che rischiavano di essere cancellati.
Si può dire che stiamo viaggiando sul crinale di qualcosa che assomiglia ad un ricatto?
Tecnicamente poi si tratta di un ritorno al passato perché i treni arriveranno compatti a Messina, per essere poi disarticolati secondo le destinazioni di Palermo e Siracusa. Quest’ultima città quindi rientra in gioco, mentre non è ancora certo se Agrigento resterà comunque fuori.
E’ la naturale, si fa per dire, continuazione di una politica di progressivo disimpegno che, negli ultimi quattro anni ha registrato il taglio di 10.000 corse, la chiusura di diversi scali merci, la riduzione al lumicino della flotta di Bluvia e la perdita di oltre un milione di passeggeri.
La Fit-Cisl denuncia che nel 2009 oltre 5.445 carrozze in meno hanno attraversato lo Stretto, le navi-traghetto sono passate in pochi anni da 6 a 2. E ancora: dallo scorso primo ottobre sono 500 i posti in meno nei treni a lunga percorrenza.
A fronte della tesi sostenuta da FS, a giustificazione delle proprie scelte, secondo cui il 77 per cento dei biglietti dei treni notturni ed il 74 per cento di quelli diurni in Sicilia ed in Calabria resta invenduto, Michele Barresi, segretario provinciale della Fit Cisl di Messina formula un’accusa molto grave: “Da anni denunciamo che le Ferrovie “blindano” i biglietti di interi vagoni, dichiarandoli invendibili senza motivo. O meglio, il motivo c’è ed è quello di far risultare in perdita un’azienda che gestita diversamente potrebbe dare buoni risultati.”
Dunque, le statistiche delle Ferrovie sui passeggeri sarebbero artefatte per coprire la decisione dei vertici di puntare solo sull’alta velocità.
Un altro esempio concreto di disimpegno sistematico? “Abbiamo voluto monitorare il trasporto ferroviario regionale – si legge in una nota del comitato pendolari Messina-Catania-Siracusa – da lunedì 4 a sabato 9 ottobre. In tutta questa settimana Trenitalia ha operato la soppressione di circa 70 treni in quasi tutta la regione per un totale di circa 6.500 km/treno, arrivando così ad un totale complessivo, dei sei giorni monitorati, di circa 10.000 km/treno”.
Secondo Giosuè Malaponti, portavoce del comitato, tutto ciò non potrebbe comunque avvenire senza il consenso e la volontà della nostra classe dirigente regionale, tesi condivisa da tutti i sindacati di settore.
E’ probabile che, per motivi complessi, si preferisca scommettere sul traffico gommato. Il dossier Pendolaria 2009 di Legambiente, a questo proposito, ha documentato che la Regione Siciliana tra il 2003 e il 2009 ha speso in infrastrutture ferroviarie 0,13 milioni (0,73%) di euro a fronte di 17,72 milioni (94,48%) per i cantieri stradali.
D’altra parte è stata denunciata la scomparsa dei 1.970 milioni di euro, tra l’altro interamente finanziati dal 2005, per il completamento del raddoppio Fiumefreddo-Giampilieri ed inserito dal Governo Nazionale nel programma delle opere strategiche.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: predominanza del binario unico (89% del totale e metà rete non elettrificata), durata delle tratte interminabili: la celebre Catania-Palermo dura oltre 5 ore, sebbene esistano già due corse che riducono fino a poco più di 3 ore; la Ragusa-Palermo, dura 5 h e 20 minuti per 250 chilometri.
A fronte, il mitico Ponte sullo Stretto di Messina. Pietro Ciucci, presidente Anas e Ad della società Stretto di Messina, continua a sostenere che si sta procedendo secondo la tabella di marcia. Ma, senza voler considerare l’enormità dei problemi tecnici rispetto ai quali mancano tuttora risposte rassicuranti, non si ha notizia alcuna di tutte le altre opere senza le quali l’improbabile manufatto resterebbe ulteriormente privo di senso.
Esse riguardano principalmente l’ammodernamento della tratta ferroviaria Salerno-Villa San Giovanni, non per far correre il treno ad alta velocità, impensabile, ma per farlo viaggiare a 200 km/h e non a 350. E dalla nostra parte, costruire linee ferroviarie per treni a 200 km/h, e non Tav, fra Messina e Palermo, Catania e Palermo, Catania e Ragusa e Ragusa e Trapani.
Ma soprattutto non bisogna dimenticare che nelle basi per la giustificazione della validità economica del ponte vi è il traffico ferroviario. E su questa base RFI finanzia (noi finanziamo) il progetto sia con la partecipazione al capitale (15 %, per un valore di circa 400 milioni di euro), sia con un canone annuo a fondo perduto, indipendente dall’effettivo volume di traffico ed utilizzo del ponte, di oltre 100 milioni di euro, tutti gli anni a partire dal 2012 fino al 2041.
Il tutto a fronte dei 38 milioni di euro l’anno che le Ferrovie ricevono ad oggi dal Ministero delle Infrastrutture per gestire i traghetti tra Villa San Giovanni e Messina.
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