“Lu tempu di lu pisci spata” è uno dei sei documentari che il regista palermitano Vittorio De Seta gira in Sicilia tra il ’54 e il ’55.
Tra Aprile ed Agosto, il pesce spada va a deporre le uova nelle acque dello Stretto di Messina. Da Bagnara Calabra a Scilla, fino a Messina e Punta Faro, i pescatori attendono questo momento per far scattare la pesca e ucciderli. Con loro va anche De Seta e la sua macchina da presa.
L’attesa è lunga, sfibrante. Gli uomini siedono sulla barca e sono pronti ad afferrare i remi. Un uomo di vedetta segnala l’arrivo del pesce spada. Calcolando la luce, la direzione dei pesci e quella della corrente, la vedetta deve guidare l’avanzata delle imbarcazioni. Il fiociniere, in piedi sulla prua della barca, deve colpire prima le femmine del pesce spada; poi uccidere i maschi sarà più facile. Bisogna colpire il pesce al cuore per ucciderlo subito; se lo si lascia ferito il pesce tenterà di liberarsi dell’arpione. Dopo la pesca si torna a riva. Le donne solenni e maestose trasportano sulla testa le cassette di pesce alla pescheria. La sera si festeggia con canti e con il ballo dei più piccoli
Ecco cosa dice la critica di “Lu tempu di lu pisci spata”: “Tutto ciò che rappresenta il solito e consunto bagaglio folcloristico e turistico del documentario stile propaganda è stato messo alla porta. (…) Ciò che per altri registi diviene, opportunamente manipolato, motivo di superficiale cornice, De Seta lo ritrae invece con assoluta aderenza alla realtà. E’ naturale quindi che il racconto – suddivisibile grosso modo in tre brani principali: l’attesa prima della pesca, la pesca, il ritorno – si avvantaggi in misura notevole di una siffatta autenticità“
(Claudio Bertieri)
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