Università di Catania: un futuro "programmato"?

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Università_Catania_logoCosa sarà dell’Università di Catania nel prossimo futuro? Cosa si prevede per il Siculorum Gymnasium al tempo della riforma e dei tagli al finanziamento ordinario?
A partire dall’anno accademico 2010-2011 sarà introdotto il numero programmato in ogni facoltà. Il Rettore Antonino Recca, in un’intervista rilasciata a Step1 e RadioZammù, ha parlato di un test d’ingresso per ogni facoltà e della possibilità, da parte degli studenti, di partecipare a tutte le prove. Fin qui, niente di strano.

Ma descrivendo più in dettaglio il meccanismo di selezione, il rettore ha fatto delle dichiarazioni abbastanza inquietanti: “Lo studente potrà immettere un ordine di preferenza per le facoltà, così come per i corsi di laurea all’interno della facoltà. Attraverso un meccanismo informatico, man mano che si chiudono le diverse graduatorie, gli studenti vengono piazzati automaticamente in tutte le facoltà e nei corsi. Però una volta che lo studente va ad occupare il posto che gli tocca non potrà più muoversi. Per essere chiari: non potremo fare l’opzione. Non ci sarebbe più tempo di immettere in graduatoria i primi dei non ammessi” .

Prendendo queste affermazioni alla lettera, ben si comprende la preoccupazione dei ragazzi che aspirano a diventare matricole del nostro ateneo. Secondo questo sistema, infatti, la possibilità di scelta sarebbe riservata solo a chi si piazzerà ai primi posti della graduatoria, con buona pace di un novello Einstein che a scuola era scarso in matematica e con questo sistema magari sarebbe andato a finire a scienze politiche, dove chissà se avrebbe dato il meglio di sé… Ci auguriamo di aver capito male, e che con noi abbiano capito male tutti.

Quali sono le ragioni dell’istituzione del numero programmato e quindi dei test d’ingresso? Una nota ministeriale, la 160 del 4 settembre 2009. Il documento prevede una riorganizzazione degli atenei, e stabilisce rigidi criteri relativi al numero relativo di docenti e studenti per corso di laurea. Il numero programmato permette di sapere in anticipo quale sarà l’accesso di studenti e quindi quante saranno le docenze da assegnare, e di conseguenza quale sarà la parte parte di bilancio da destinare alle spese per la didattica.
Nessuna traccia del bizzarro sistema di reclutamento promosso dal rettore. Le università che non rispettano i parametri del ministero saranno penalizzate con un’ulteriore taglio ai finanziamenti: e l’interesse degli atenei non è di certo questo.
Si prevede che il numero programmato a Catania ridurrà circa del venti per cento le iscrizioni al primo anno della triennale. La percentuale dovrebbe corrispondere, almeno nelle intenzioni, al numero di studenti che ogni anno abbandonano gli studi entro i primi quattro mesi.
La scelta del numero programmato ha anche ragioni didattiche, per lo meno nelle facoltà scientifiche. Ne abbiamo parlato con il professor Guido Li Volsi, preside della facoltà di scienze Matematiche, Fisiche e Naturali: “In una facoltà come Scienze, il numero programmato risponde a precise necessità organizzative, legate all’importanza didattica della possibilità di accesso ai laboratori da parte di tutti gli studenti. Le prove di accesso non vogliono essere uno sbarramento punitivo nei confronti delle matricole, ma uno strumento per migliorare l’efficacia generale della didattica, accertando i saperi d’entrata di ciascuno studente. Sempre in vista di una migliore mi auguro che presto possano essere resi pubblici i risultati delle periodiche verifiche della qualità degli insegnamenti, nel rispetto della privacy di ciascuno. La valutazione della didattica permette allo studente una valutazione dei corsi di studio, e una serena e consapevole scelta ”.
Il numero programmato pare dunque essere uno strumento per il miglioramento della didattica in un’ottica di razionalizzazione economica, come lascia ben capire il MIUR nella nota 160/09. Ossia, in termini diversi, dato che non ci sono i soldi per adeguare le strutture universitarie alla richiesta di accesso dei neodiplomati si riduce il numero delle matricole. Per far sì che le entrate provenienti dalle rette pagate dagli studenti rimangano costanti, è facile immaginare che queste saliranno.
Anche perché non è certo tempo di vacche grasse: nel 2008 il nostro Ateneo ha avuto per la gestione (a prescindere dagli stipendi) 29 milioni di euro, nel 2009 17 milioni e per il 2010 è prevista un’entrata di 3milioni e mezzo che dovrebbe aumentare a 5 milioni e mezzo. I tagli di certo scontentano tutti. Per questa ragione è legittimo chiedersi perché stiamo assistendo a un aggiustamento dell’ateneo, un tappare falle, un continuo rammendare, e non a una ferma opposizione al definanziamento dell’università pubblica.

L’intervista di Radio Zammù al Rettore Antonino Recca

Nota ministeriale n. 160 del 4 settembre 09 – presentazione della prof.ssa De Francesco, Università di Pisa

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