Due giornate intense per costruire una visione comune: una città che educa, che si prende cura dei suoi ragazzi e delle loro famiglie. A Catania, diciotto centri di aggregazione, dirigenti comunali, presidi, docenti universitari, operatori dell’ASP e dell’USSM, volontari, sacerdoti e rappresentanti del terzo settore si sono ritrovati per affermare con forza: vale la pena provarci. Non è un’utopia, ma una possibilità concreta, se si è capaci di costruire alleanze reali e durature, fondate su patti territoriali e comunità educanti.
Cooperativa Prospettiva e Terzo Settore: una regia condivisa
La spinta a fare un salto di qualità arriva da una combinazione virtuosa di istituzioni e terzo settore. La Cooperativa Prospettiva ha svolto un intenso lavoro di coordinamento del Terzo settore cittadino, così è stato possibile cogliere le opportunità offerte dal bando triennale dell’assessorato ai Servizi Sociali per dare vita a veri e propri “Hub delle comunità educanti”.
Servizi Sociali: più coesione per una risposta di qualità
Lucia Leonardi, dirigente dei Servizi Sociali, evidenzia: «Nonostante le grandi difficoltà, siamo andati avanti, cercando ogni canale possibile, dal PNRR ai fondi europei. Ora con il progetto triennale possiamo rafforzare l’offerta educativa. Il nostro obiettivo è rispondere a bisogni reali con proposte di qualità». L’assessore Giuseppe Brucchieri conferma la volontà politica di sostenere il progetto: «Catania, pur in dissesto, continua a dimostrare creatività e tenacia. Questo bando è frutto di una visione condivisa». Il presidente del Tribunale per i Minorenni, Roberto Di Bella, ha aperto i lavori con un richiamo all’urgenza di investire sui minori: «Abbiamo fatto passi avanti. L’esperienza dell’Osservatorio prefettizio ha consentito una inedita unità d’intenti tra istituzioni, ma serve ancora molto, a partire dal rafforzamento del tempo pieno scolastico».
A Librino le famiglie protagoniste del cambiamento
A Librino, progetti come “Genitori al Centro” dimostrano il ruolo attivo delle famiglie. Carmela D’Agostino, portavoce del Cope, spiega: «Abbiamo formalizzato con il Patto di Comunità Librino un’alleanza di lungo corso. Scommettendo sull’autogestione dei genitori, sono nate iniziative come la Sartoria a scuola, il Bosco di Librino, laboratori per bambini e adulti. Le famiglie non sono distanti dalla scuola, semmai è il contrario. Dobbiamo aprirla, renderla un luogo accessibile anche per i genitori.»
Da Napoli una lezione: i patti educativi come leva civica e politica

Andrea Morniroli racconta l’esperienza napoletana: «I patti educativi non sono strumenti per partecipare a bandi, ma spazi per ripensare tempi e pratiche educative. Devono diventare prassi istituzionale con una dimensione civica e politica. Solo superando le logiche gerarchiche si costruisce fiducia tra pubblico e privato, con un ruolo centrale delle istituzioni comunali.»
San Cristoforo e il decreto Caivano: “Non c’è stato vero ascolto da parte delle istituzioni”
A Librino, l’Istituto “A. Musco” rappresenta uno snodo fondamentale. Il dirigente scolastico Mauro Mangano, anche a nome del Cantiere per Catania, critica la gestione del decreto Caivano: «Sono mancate occasioni di vera partecipazione. Serve coprogettazione, non bandi calati dall’alto. La comunità si costruisce con relazioni gratuite, visione e costanza.»
San Giovanni Galermo: una scuola che si apre al territorio
Simona Perni, dirigente dell’Istituto comprensivo Di Guardo-Quasimodo, racconta: «Aiutare i più fragili significa aiutare tutti. Abbiamo laboratori anche per i genitori e supporto psicologico per studenti e personale. Per essere comunità educante, la scuola deve aprirsi al territorio e coinvolgere altri soggetti». Liana Maria Dahler, sociologa di Unict, sottolinea la necessità di mettere a sistema le esperienze positive del territorio.
Il Patto di San Leone: il seme dell’arcivescovo Renna
L’esperienza del Patto Educativo di San Leone – sottoscritto lo scorso aprile da parrocchie, associazioni di volontariato, enti di formazione, assessori comunali e dagli istituti scolastici Mascagni-Montessori, Gemmellaro e Cannizzaro – è stata raccontata da padre Santo Conti. Un’iniziativa nata grazie al forte impulso dell’arcivescovo Renna, che pone al centro i bambini, i ragazzi e le loro famiglie.
Minori in carico all’USSM: protagonisti della Comunità educante
Dal mondo della giustizia minorile, Roberta Montalto, dirigente dell’Ufficio Servizi Sociali per i Minorenni (USSM), lancia un messaggio forte e chiaro: «Istituti di pena per i minorenni, l’USSM e l’ASP devono essere parte integrante della comunità educante. È una grande responsabilità, ma anche un’opportunità concreta per cambiare davvero le politiche sociali. I minori coinvolti nel sistema penale non sono un “altro”, ma lo specchio del nostro disagio collettivo. Non servono soluzioni preconfezionate, ma processi di welfare di prossimità in cui i giovani siano protagonisti. Se li ascolti davvero, i ragazzi non deludono mai. Non voglio più sentire dire “è stato arrestato”. Dobbiamo agire prima, intercettare e anticipare il disagio. Serve una prevenzione reale, non più emergenze, ma tempo dedicato e pianificato».
ASP: tre paradigmi educativi per una comunità che cura
Per Francesco Guarnieri, psicologo e dirigente dell’Azienda Sanitaria Provinciale, «nella costruzione della comunità educante occorre tener conto di tre paradigmi: quello preventivo (agire per evitare che i problemi si ripetano), quello contrattuale (definire accordi e responsabilità) e quello relazionale (costruire legami e appartenenze reciproche). Questi approcci non sono alternativi, ma vanno utilizzati con consapevolezza. Un’azione educativa efficace si fonda su un gruppo di lavoro relazionale, dialogico e interdipendente. Due esperienze concrete lo dimostrano: il progetto Giovane al centro e i gruppi familiari, che promuovono legami autentici e una comunità solidale».
La vera sfida: costruire un modello replicabile che semini “futuro”
Laura Lo Niglio, coordinatrice dell’area sociale, si sofferma sulle finalità e gli obiettivi del progetto. «Un’iniziativa – afferma – nata per dare risposte concrete ai bisogni educativi di minori e famiglie in condizione di fragilità, con l’intento di costruire legami forti tra scuola, territorio e famiglie». Il progetto coinvolgerà ogni anno oltre 700 minori e 500 famiglie, attraverso centri multifunzionali, educativa di strada e percorsi personalizzati. «La vera sfida – spiega – è costruire un modello replicabile, fondato su metodologie partecipative, lavoro di rete e governance condivisa, che possa ispirare altri territori. Educare, del resto, è seminare futuro».
Uno sguardo in avanti: “È tempo di risposte sistemiche”

Glauco Lamartina, presidente della Cooperativa Prospettiva, chiude i lavori del primo giorno con un messaggio di fiducia: «È stato un confronto importante, il tempo è maturo per una risposta sistemica alla questione minorile a Catania. Domani toccherà al Terzo settore e ai Centri di aggregazione, che saranno la grande risorsa della città. Per la prima volta riuniamo tutti i 18 centri di aggregazione per costruire una visione comune».
Cuore pulsante nei quartieri: la voce dei Centri di Aggregazione
La seconda giornata si è aperta con le testimonianze dei rappresentanti dei 18 Centri di aggregazione, cuore pulsante del progetto. Ogni realtà ha raccontato il proprio impegno quotidiano al fianco di bambini e famiglie. Difficoltà e successi si sono intrecciati in racconti autentici, restituendo voce e dignità ai margini della città. È stato un momento intenso, a tratti commovente, che ha messo a nudo la distanza tra i bisogni reali e le risposte disponibili. Ma proprio da questa consapevolezza è nata un’adesione forte e convinta al progetto “Catania Comunità Educante”, vissuto come un’opportunità concreta. Il dato più significativo? Aver riportato le periferie al centro: non come luoghi da assistere, ma come territori da valorizzare e su cui investire.
La forza del “noi”, un cambio di passo
Elisa Maiorca, coordinatrice dell’area pedagogica del progetto, ha evidenziato due esperienze che hanno tracciato il percorso verso una comunità educante vera e condivisa. La prima è il progetto CAT, attivo in tre aree chiave della città – Catania Nord, Librino e il centro storico – che ha creato sinergie efficaci tra scuola, territorio e realtà associative. La seconda è il percorso formativo promosso dal Comune tra il 2023 e il 2024, che ha coinvolto tutti i centri convenzionati, stimolando una riflessione collettiva. «Da quel momento – ha detto – abbiamo iniziato a sentirci un gruppo. È stato un vero cambio di passo».
“Mai più da soli”
Adriana Laudani, presidente dell’associazione Memoria e Futuro, ha lanciato un appello accorato: «Nessuna scuola, nessuna istituzione può affrontare da sola i problemi di Catania. ‘Mai più da soli’ è la nostra parola chiave per costruire una città che si prenda cura dei suoi figli, che non lasci indietro nessuno. La comunità educante è una risposta decisiva per salvare un’intera generazione dalla morte civile».
Le figure che ispirano: l’esempio di chi ha tracciato la strada
Agata Pappalardo, presidente dell’Ufficio diocesano dispersione scolastica, nonché membro dell’Osservatorio prefettizio sulla devianza minorile, ha voluto ricordare tre figure chiave che hanno ispirato il cambiamento in atto: la prefetta Maria Carmela Librizzi, guida dell’Osservatorio; il presidente Di Bella, promotore del progetto “Liberi di scegliere”; e l’arcivescovo Luigi Renna, attento alle fragilità sociali. «Il loro impegno – ha sottolineato – ha dato forza e coraggio a tutti noi. Da questa sinergia sono nate esperienze come il Patto Educativo di San Leone, le alleanze di Librino e il nuovo progetto ad Adrano. Oggi compiamo un passo ulteriore verso una vera città educante».
Catania, capitale della questione giovanile

Antonio Fisichella, Comitato “Prima i Bambini”, ha ricordato i numeri allarmanti che fanno di Catania “una delle capitali della questione giovanile”: dispersione scolastica ai massimi livelli, devianza minorile in crescita e accesso limitato ai servizi educativi di base. «Serve un’azione sistemica e condivisa. Il Terzo Settore oggi assume la questione minorile come priorità assoluta, mettendosi in rete con le istituzioni per colmare i gravi divari educativi esistenti».
L’unione che genera cambiamento
Liviana Marelli, del Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti e dell’Osservatorio Nazionale Infanzia e Adolescenza, concludendo le due giornate di confronto, ha detto «Quanto sta accadendo a Catania è un modello virtuso. È il frutto di una responsabilità collettiva che va sostenuta e replicata. Il Terzo Settore si conferma interlocutore credibile, capace di creare reti e visioni comuni. Oggi si pongono le basi per una regia condivisa, con ruoli chiari e continuità negli interventi. Come CNCA, rinnoviamo il nostro impegno a sostenere il progetto, a restare vicini nel suo sviluppo e a collaborare pienamente alla sua realizzazione».
Conclusioni
In questi due giorni di intenso dialogo ha preso forma un’alleanza educativa tra scuole, servizi sociali, istituzioni, terzo settore, parrocchie e famiglie. Un percorso che nasce dal basso, alimentato da relazioni autentiche, esperienze radicate nei quartieri e da una forte volontà collettiva di superare l’approccio emergenziale, per costruire risposte durature e sistemiche.
Il Terzo Settore ha scelto di assumersi fino in fondo la responsabilità di affrontare una sfida complessa, multiforme e profonda come la povertà educativa, espressione delle diseguaglianze che segnano il destino di troppe bambine e bambini. Una scommessa coraggiosa, che chiama a raccolta tutte le energie vive della città.
È stata tracciata una direzione chiara. Ora servono continuità, coraggio politico, azione condivisa.
Gli investimenti in istruzione, sapere ed educazione non sono un lusso, né un costo. Rappresentano il primo investimento per una società che non rinuncia a sé stessa e che vuole aprirsi al futuro.
