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Migranti, si muore nell'indifferenza

Accordi per non accogliere, accordi per fingere di non vedere. Li denuncia EuroMed Rights, che ha rivelato un accordo segreto tra Cipro e il Libano con respingimenti a catena di chi si avvicina alle coste cipriote. Malta e Cipro, inoltre, stanno ignorando le richeste di soccorso che provengono dalle imbarcazioni in difficoltà, rilanciate da Alarm Phone. Così le rotte divengono più lunghe, e quindi più pericolose, e aumenta il numero delle vittime.

Nei giorni scorsi è toccato a Loujin Ahmed Nasif, bimba siriana di 4 anni che prima di morire ha detto “Mamma ho sete”, ma sono molti altri i bambini, e non solo i bambini, morti di fame e di sete sui barconi. Ne abbiamo notizia dai sopravvissuti, quelli che il sindaco di Pozzallo, dove è infine approdata una di queste barche, ha detto che sembravano provenire da un lager nazista. Ma altri barconi sono ancora alla deriva con il loro carico umano.

Ne hanno parlato, a “Tutta la città ne parla” del 13 settembre, su Rai Radio Tre, Eleonora Camilli che scrive su Redattore sociale, la scrittrice Caterina Bonvicini autrice di “Mediterraneo. A bordo delle navi umanitarie”, Maurizio Ambrosini, docente di sociologia dei processi migratori all’Università di Milano, la giornalista Federica Fantozzi.

Bonvicini, che ha partecipato a 11 soccorsi in 72 ore con una nave di Medici senza Frontiere, ha descritto le persone salvate dopo giorni trascorsi in mare senza acqua e cibo, disidratate, sfinite dal sole cocente del giorno e dal freddo intenso della notte, incapaci di reagire anche al concretizzarsi del soccorso. Come quella volta che “hanno avuto solo la forza di girare la testa verso di noi, chiedere acqua, che hanno poi vomitato, ed addormentarsi sul barcone di salvataggio”.

Deve essere terribile morire di sete, ha soggiunto ed è criminale ignorare deliberatamente le richieste di aiuto. Eppue accade, ignorando il primo comandamento del mare, salvare la vita di chi è in pericolo, perché di questo si tratta, di vita o di morte.

Eppure gli sbarchi non sono neppure così tanti e non sono più neanche al centro dell’attenzione mediatica come qualche anno fa. I problemi dell’oggi, l’inflazione, il caro bollette, la crisi che minaccia famiglie e aziende, sono i temi più caldi, nel dibattito pubblico e sui media.

Ciò nonostante il tema migranti ritorna, utilizzato come spot elettorale, come è avvenuto anche in Svezia, dove le destre hanno vinto anche sfruttando la propaganda antirifugiati, lo ha ricordato Ambrosini, inserendo nel suo intervento la citazione di molti dati.

Ha citato i 160 mila rifugiati ucraini, giustamente accolti come vittime della guerra, e li ha confrontati con i 60mila sbarcati nell’ultimo anno, presentati però come invasori. “Evidentemente, ha commentato, chi fugge da Afghanistan o Siria non merita lo stesso trattamento umano, come se la nostra accoglienza fosse selettiva, pilotata dalle emozioni, ma anche condizionata dal colore della pelle e dall’appartenenza religiosa”.

E se Camilli ricorda come la ‘fortezza’ Europa ormai difenda i propri confini mediante accordi con i paesi di transito, pagati per evitare che le persone prendano il mare per arrivare sulle nostre coste, piuttosto che lavorare alla ricerca di soluzioni al problema complesso delle migrazione, dal canto suo Ambrosini non ci sta a descrivere l’Europa come sorda e matrigna nei confronti dell’Italia, che si autorappresenta come vittima.

Numeri alla mano, ricorda che la Germania accoglie 100mila richiedenti asilo ogni anno, la Francia poco meno, e che anche la Spagna ne accoglie più di noi, che ne accogliamo 43 mila, poco più della piccola Austria (37 mila). Si tratta di 3,5 rifugiati ogni 1000 abitanti, la Svezia ne accoglie 25 ogni mille abitanti.

Ecco perché, se si procedesse ad una redistribuzione, spesso invocata dai politici, dovremmo accettarne di più, visto che siamo sotto la media europea.

E comunque, prosegue, continuiamo a confondere, gli sbarcati, che rappresentano una piccola parte dei migranti in arrivo, ma sono più spendibili come mezzo di propaganda politica, con i richiedenti asilo, che possono arrivare anche via terra (es. dalla rotta balcanica) o con l’aereo.

Il problema, ricorda, è dato dalla legislazione, dagli accordi di Dublino che obbligano chi sbarca a rimanere nel paese di arrivo e impediscono a queste persone di muoversi liberamente, cosa che invece abbiamo permesso di fare ai profughi ucraini.

Eppure la guerra non è solo in Ucraina e la situazione è disastrosa in molti dei paesi da cui i migranti provengono, sebbene se ne parli poco e niente. Fantozzi ha ricordato, ad esempio, la gravissima crisi in cui versa il Libano, ormai ridotto alla fame, una crisi che si ripercuote anche sul milione di profughi che il Libano ha accolto dalla vicina Siria. Ecco perché i Siriani hanno ripreso a fuggire, ma “l’opinione pubblica è poco attenta a questi drammi e si lascia convincere dalla propaganda politica che descrive il migrante come l’uomo nero che viene a rubarci il lavoro che non c’è”.

Argo

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