La partecipazione non è stata tuttavia massiva e, tra striscioni inneggianti ai diritti delle donne e un megafono non particolarmente potente, la manifestazione catanese si è focalizzata più sul femminismo in senso ampio che sul ddl Pillon.
Disegno di legge che invece colpisce prima di tutti i bambini, relegandoli a nulla di più che oggetto di contesa tra le mamme e i papà in crisi.
Tra le novità introdotte c’è l’obbligo per i genitori di adottare il piano genitoriale, documento con cui si organizza il tempo libero e l’educazione dei figli, sin dalla prima fase della separazione e senza ascoltare la volontà dei veri protagonisti: i bambini. Indipendentemente dalla loro età.
Non solo dunque il progetto educativo si dovrà costruire nel momento più acuto della crisi, ma i figli ne saranno totalmente esclusi subendo passivamente le scelte dei genitori.
Si irrigidiscono anche le tecniche di ascolto del minore durante il processo, imponendo la presenza di un esperto e la videoregistrazione delle dichiarazioni del bambino; i genitori non potranno essere presenti, ma seguiranno la testimonianza del proprio figlio via web da una stanza separata.
Nulla rimane dell’ampia letteratura sull’importanza di far parlare i minori in contesti assolutamente informali, lasciandoli liberi di esprimere opinioni ed emozioni nei tempi e nei modi da loro preferiti.
Ancora, in merito all’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni ma non autonomi, il ddl abbassa la soglia dai 30 ai 25 anni e prevede che siano i figli a citare in giudizio i genitori per pretendere il loro diritto al mantenimento.
Si pongono quindi le basi per conflitti tra genitori e figli e si impone un tetto di età completamente scollato dalla realtà: quale 25enne di oggi è autonomo economicamente se decide di investire sulla propria formazione invece di cominciare a lavorare subito dopo la scuola dell’obbligo?
Ulteriore novità riguarda l’imposizione dell’affido dei figli minori (con)diviso tra i due genitori con permanenza paritetica nelle rispettive case.
In sostanza, i figli trascorreranno 3,5 giorni a casa di mamma e 3,5 a casa di papà, notti comprese. Questa scelta tutela i diritti dei genitori, ma non quelli dei bambini coinvolti che si vedrebbero solo sballottati da una casa all’altra senza trarne alcun beneficio.
Quest’impostazione è una stortura del concetto di bi genitorialità secondo il quale non è un pomeriggio in più trascorso in casa di un genitore piuttosto che in quella dell’altro a fare la differenza, ma l’assunzione di responsabilità verso i figli, la partecipazione reale alla loro educazione, la qualità del tempo trascorso insieme.
Questi ultimi aspetti hanno quantomeno il pregio di porre i riflettori su una problematica sociale poco conosciuta, ma imperante negli ultimi anni: tra le persone senza dimora c’è oggi un’alta percentuale di padri separati.
Dovendo andare via di casa (immobile dove spesso hanno investito i loro risparmi), molti padri separati non riescono a sostenere le spese dell’affitto di un nuovo appartamento e degli assegni di mantenimento venendo in breve tempo schiacciati in una dinamica che li costringe a vivere in strada.
Altra novità proposta dal senatore leghista è il ricorso alla mediazione obbligatoria: per poter accedere alle aule del tribunale ogni coppia che decide di separarsi deve prima passare per un percorso di mediazione familiare…a proprie spese!
Nessuna deroga è concessa… neanche nei casi di violenza domestica, cosa invece espressamente vietata dalla Convenzione di Istanbul.
Imporre una mediazione forzata a due persone significa non rispettarne i tempi e le modalità di elaborazione della crisi, svilire il fondamento della mediazione familiare che è l’adesione volontaria della coppia e dunque è un fallimento assicurato.
Peggio ancora, stabilire che la mediazione sia a carico della coppia determinerà una fisiologica discriminazione in base al censo tra chi potrà separarsi legalmente perché può permettersi un mediatore e chi no.
Per finire, l’obbligatorietà della mediazione è riservata esclusivamente alle coppie sposate; tutti gli altri ex-innamorati sono liberi di separarsi come credono. Ben per loro, ma fa sorridere (d’amarezza) constatare l’ennesima disparità di trattamento tra coppie legate dal vincolo matrimoniale e coppie di fatto.
Imponendo obblighi a pioggia, questo disegno di legge ha il limite di irrigidire una materia, il diritto di famiglia, che imporrebbe massima flessibilità e che dovrebbe essere imperniato sulla valutazione di ogni singolo caso.
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