Prendiamo in considerazione, per cominciare, i “pranzi dei poveri”, ghettizzazione rituale, spesso consumata in chiesa, notorio spazio di divertimento da secoli, oltre che luogo frequentato con entusiasmo dai musulmani…
Perchè non portali piuttosto in pizzeria o in un agriturismo dove verrebbero “serviti” da chi è deputato a farlo per mestiere e non da chi recita questa parte un paio di volte l’anno? Perchè non sederci accanto a loro, scherzando con loro, ridendo con loro, condividendo storie come vecchi amici senza creare la solita divisione tra donatore e destinatario del dono?
Ci sono poi le inaugurazioni di oratori e centri di aggregazione, organizzate ad “orologeria” (direbbe Papa Francesco, come le apparizioni), e perciò quantomeno sospette.
E non mancano i soliti riti con “pie” dame e cavalieri di triste memoria, ammantati di ermellino.
Quanto ai panettoni, renderanno finalmente felici e gioiosi i detenuti, soprattutto per l’originalità e la sorpresa, meglio di qualsiasi altra iniziativa di trattamento e rieducazione. I detenuti stessi potranno regalarli ai propri familiari che resteranno scioccati per la fantasia e la novità del dono.
I bambini “poveri” avranno i loro giocattoli, quasi sempre usati affinchè sia loro ben chiaro che sono “poveri”. Tanti porta-colori con matite smozzicate e il nome del bambino primo proprietario ben scritto in evidenza, zaini costosissimi e multicolori sempre coi nomi scritti, ovviamente di altri bambini più fortunati, puzzle in cui mancano “soltanto poche tessere”, costruzioni in cui manca “qualche pezzo” e scacchi in cui manca “solo” la torre, …e così via in una triste litania.
Mai che qualcuno regali dei biglietti gratis per il circo o per il cinema o per un concerto elitario con inarrivabili prezzi per ricchi, o dei buoni-acquisto, o schede telefoniche o ricariche, o abbonamenti a palestre.
Qualcuno lo ha fatto ed è stata una festa! Ha portato come regalo, per un tombola, alcuni buoni acquisto da 10 euro da spendere in un negozio cittadino, consentendo ad un migrante, o ad un ‘povero’, di entrare in quel negozio e comprare, da protagonista.
Ancora: sulla base di cosa vengono scelte le priorità? Perchè, ad esempio, non inaugurare dormitori o docce che sarebbero utilissimi piuttosto che chiudere le docce e privilegiare cucine fiammanti, bellissime? Di un’ennesima mensa a Catania, oltre a quella storica delle suore di Madre Teresa e tante piccole altre, si sentiva davvero particolare bisogno?
Non vorremmo che la logica che sottende queste scelte sia quella di intercettare non tanto il bisogno quanto i fondi “per”. Oppure piazzare volontari-benefattori o – nella peggiore delle ipotesi – liberarsi gli armadi, sgombrare le stanze dei bambini e crearsi l’alibi per nuovi acquisti.
Quanto all’IBAN che compare in fondo a qualunque articolo di giornale che esalti queste opere meritorie, non vorremmo interpretarlo come un piccolo ricatto, più o meno velato, di chiusura per mancanza di fondi.
Ben vengano allora i gesti di solidarietà e di condivisione ma compiuti
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