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Viaggio a Sud

Un viaggio all’interno della psicologia siciliana. Un viaggio alla ricerca di un’identità perduta e su quello che significa essere siciliani. Un viaggio in una Sicilia antica vista attraverso gli occhi dei suoi anziani abitanti, passando da Scicli, Avola, Aidone, Palma Montechiaro, San Cono,
Alessandria della Rocca, Piazza Armerina, Adrano, Naro, Cesarò, Vizzini, Palazzolo Acreide…
Queste le tappe del viaggio di Joshua Wahlen e Alessandro Seidita, due ragazzi palermitani che hanno deciso di girare in camper le zone meno conosciute della nostra isola dando voce alle storie dei suoi abitanti: artigiani, casalinghe, contadini e preti che parlano del degrado economico e sociale della nostra terra.
I primi piani dei loro volti, segnati dalle rughe, mettono in risalto i loro occhi: occhi inquieti che hanno visto le trasformazioni del tempo, memori di un passato a cui si aggrappano ancora, consci di essere l’ultimo caposaldo di un’epoca dimenticata, gli unici che possono trasferire le loro conoscenze ai giovani permettendogli così di conoscere il passato di cui sono figli.
Giovani che in questo documentario non si vedono perché, di fatto, non ci sono: emigrati alla ricerca di possibilità che quest’isola non gli offre, la loro assenza li rende al contempo protagonisti e destinatari del film. Un film che non offre soluzioni magiche ai problemi che mette in luce, ma che stimola la riflessione e il confronto, così come è avvenuto in seguito alla proiezione dei giorni scorsi al CSO Liotru, in cui il numero di partecipanti e di interventi ha senz’altro dimostrato quanto il tema sia attuale e di interesse per i giovani che hanno finito gli studi e che si pongono la fatidica domanda: “andare o restare?
È una domanda che ognuno di noi si porta dentro, e la scelta non è semplice.
Guardando il documentario, ci rendiamo conto di come il fenomeno della ‘fuga dei cervelli‘ sia più evidente nei piccoli paesi: “I migliori se ne vanno e restano quelli ‘tinti’ a continuare i malaffari,” commentano gli anziani intervistati, “I carusi su’ a spassu, mancu ‘o tempu ‘i guerra!. Molti ricordano che prima della rivoluzione agraria i contadini venivano sfruttati dai padroni, adesso anche i laureati sono sottopagati.
E ci rendiamo conto che molte cose non sono cambiate: il siciliano grida alla rivoluzione purché siano gli altri a farla, è un esperto dell’arte del lagnarsi e di quella della rassegnazione, ma la rassegnazione demolisce la speranza e l’assenza di speranza porta a pensare che l’unica forma che funziona sia quella del clientelismo: “chi vuole essere protetto si deve dare”. Sono dinamiche che non possono essere comprese se non ci si rende conto di quanto a fondo siano radicate nella nostra storia.
“Chi non ha contatto con il proprio passato non può comprendere il presente”, dice la voce narrante. La storia dei nostri nonni ci appartiene, e nessuna esperienza lavorativa all’estero potrà sostituirla.
Ma vediamo anche che così come c’è la tendenza a partire c’è anche quella a tornare, e in molti lo fanno con un bagaglio di esperienze da mettere in pratica per migliorare il proprio paese, perché “ogni siciliano porta dentro di sé un’isola”.

Argo

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