Come modello “La marcia della protesta e della speranza per la pace e per lo sviluppo”, organizzata nel ’67 da Danilo Dolci e Lorenzo Barbera, un evento storico di partecipazione e mobilitazione popolare per i diritti. Grande evento, quello del ’67, non solo per la partecipazione di personaggi di spicco come Bruno Zevi, Michele Pantaleone, Antonino Uccello e molti altri, non solo perché a raccontarla ci fu anche Peppino Impastato, ma soprattutto perché alle spalle di questo momento collettivo c’erano quindici anni di lavoro sul territorio.
Dal 1952, infatti, Dolci si è trasferito dal Nord a Trappeto, ha cominciato la sua condivisione della situazione di povertà dei contadini del luogo e ha fatto sentire la voce delle sue proteste pacifiche. Il digiuno sul letto di morte di un bambino denutrito, gli scioperi alla rovescia contro la disoccupazione, le lotte non violente contro la mafia, le attività educative con bambini ed adulti non hanno solo attirato l’attenzione dei media e del mondo politico, hanno soprattutto seminato coscienza.
Perchè la marcia di oggi non sia solo un momento in cui si fa memoria del passato, bisognerebbe soprattutto “usando il metodo di Danilo, coinvolgere la gente, spingerla a tornare in piazza, a protestare, a lottare per l’acqua come bene comune e per politiche agricole che diano la possibilità di ricavare dalla terra lavoro, ricchezza e prodotti” Salvo Vitale, “1967. La marcia della protesta e della speranza”
Gli organizzatori lo hanno capito, infatti concludono il loro manifesto, riportato sul sito dell’iniziativa, con
Un richiamo alla nostra responsabilità, individuale e collettiva.
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