Sul finire dell’Ottocento mentre nel nord d’Europa si sviluppava l’ideologia del razzismo, nel nord d’Italia Lombroso e Sergi teorizzavano l’inferiorità razziale dei meridionali. Anche un siciliano, Alfredo Niceforo, sosteneva la diversità etnica degli italiani, ariani al nord e mediterranei al sud e quindi la necessità di due differenti governi: “Da una parte – al sud – il regime governativo deve tendere a civilizzare e a togliere dalle mani di autonomie locali inadatte le redini di amministrazioni libere alle quali non sono mature; dall’altra – al nord – concedere ampie libertà di
“Parole – commenta Ingrassia- che fanno felice Umberto Bossi ma che fanno rivoltare nella tomba Andrea Finocchiaro Aprile”. Le idee di Lombroso, Sergi e Niceforo non piacquero nemmeno a Gramsci, e contribuirono in maniera determinante alla diffusione tra gli strati popolari del nord della tesi dell’inferiorità razziale dei meridionali. Ingrassia individua, dunque, nella cultura razzista importata dal nord il legame tra Niceforo e i calabresi di Rosarno, come tra i siciliani trattati da terroni e i migranti odierni. Una tesi pericolosa che, però – diciamo noi – non deve portare al complesso di superiorità da parte dei meridionali, ad una specie di leghismo del Sud, non meno nefasto di quello di Bossi.
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