L’Etna resta al centro dell’attenzione: vi appaiono sempre più spesso cartelli di “propietà privata”, prosegue la discussione sul biglietto per visitare i Crateri Silvestri, mentre la recente nomina del nuovo presidente del Parco offre lo spunto per chiedere un più attivo ruolo diell’Ente o, viceversa, per lamentare la sua eccessiva invadenza. Abbiamo già pubblicato su questi temi un primo intervento che denuncia il rischio di un via libera a nuove speculazioni e cementificazioni.
Oggi diamo la parola alla proprietaria di un bosco e di un frutteto alle pendici del vulcano, Elle, che espone in modo molto concreto ed efficace il suo punto di vista, forse solo apparentemente controcorrente. Anche se il suo caso è ben diverso da quello dei Criteri Silvestri dove non ci sono spese di gestione e dove ci troviamo nella zona A del Parco, riconosciuta come Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Alt, tutta questa indignazione potrebbe essere anche condivisibile, ma vi invito a guardare anche un altro lato della faccenda. Per quanto riguarda i crateri Silvestri, il problema qual è ? Che il proprietario decida di farne pagare la fruizione o che invece (a mio modo di vedere) un sito Unesco possa appartenere ad un privato?
Qualcuno gliel’ha venduto e non secoli fa ma negli anni ottanta, perché non l’ha comprato il Parco, la Regione, il Comune, perché non un’istituzione pubblica? Il proprietario (che pure possiede anche l’unica funivia per il cratere) ha diritto o no a fare pagare un ingresso ai tanti turisti che, nei loro paesi, fanno pagare cascate, monti, boschi e riviere?
E tocca comunque al proprietario mantenere il sito sicuro fruibile e pulito. Vedete, visto che abbiamo universalmente reso la natura una merce, non è forse il caso di scandalizzarci troppo proprio ora, suona strano, no?
Per quanto riguarda la riperimetrazione del Parco: è ovvio che si tratta di bassa manovra speculativa…. eppure. Qui entra in gioco la mia diretta esperienza. Anch’io sono proprietaria: più modestamente di un frutteto ed un bosco di castagni che stanno al limite più basso della perimetrazione del Parco.
Io amo la mia campagna, ci vado ogni estate da quando sono nata, cerco di mantenerla viva e bella con fatica e impegno (anche di soldi). Perché, dovete sapere, i soldi li spendo, ma non guadagno un euro. Il bosco, come quasi tutti i boschi di castagni etnei è un bosco da taglio, ma io non voglio tagliarlo: il clima è cambiato, i castagni giovani non crescono più come prima, dopo il taglio per far ricrescere bene il bosco servono lavori che comunque i soldi ricavati dalla vendita del legname non bastano a coprire. Le estati roventi, per anni a venire, non verrebbero più mitigate dal fresco del fogliame.
Bene, direte voi, e allora goditi il bosco! Eh no, i boschi cedui vanno tagliati, sennò muoiono, il bosco piantato dall’uomo necessita di cure come tutte le altre colture. Ci sarebbe una via d’uscita: trasformarlo in un bosco di marroni, una coltivazione di castagni per raccogliere e vendere marroni (e anche trasformarli, volendo, marmellate, farina…) e già, costerebbe un bel po’, ma sicuramente il Parco offrirà degli incentivi, degli aiuti, un bel bosco permanente e ben curato qui non si vede tutti i giorni….no?
No, affatto, e poi il Parco non permette la riconversione… o forse si? Boh, non lo sa, magari deciderà, fra mesi, magari anni…. e poi non lo sapete che le castagne qui sono di tutti? La gente viene e raccoglie, e tanti saluti ( magari salutasse).
Volete sapere la storia del frutteto? È vecchio ormai, le piante andrebbero sostituite, ma: ho uno dei pochissimi frutteti di una vasta zona, gazze e piccioni si abbeverano ai miei frutti , rovinandoli tutti ( non li mangiano, li usano proprio per dissetarsi), ovvio il Parco proibisce il loro abbattimento, proibisce anche la creazione di uno specchio d’acqua e volendola fare breve anche qui, non è sicuro ( il Parco) di cosa potrei/dovrei piantare, poi di spiantare tutto in una volta non se ne parla proprio, non ho acqua.
La piccola strada che porta alla casa, asfaltata 60 anni fa, avrebbe bisogno di essere riasfaltata, ma no, il Parco vuole una carreggiata in pietra lavica ( con quello che costa, sono indecisa se farla o comprarmi invece una barca a vela in Costa Azzurra).
Eppure per pratiche di coltivazioni un po’ più moderne avrei bisogno di aggiornare le infrastrutture, ma il Parco desidererebbe che io coltivassi la mia campagna come si faceva 100 anni fa ( niente stradelle interne, niente trattorino quindi). Ho pensato di mettere qualche tenda, qualche casetta sugli alberi per i turisti, e cercare di mantenere la campagna con il ricavato, ma no, orrore, il Parco non permette simile scempio.
Insomma, quando mio figlio ha letto della possibilità di sganciarci dal Parco, ho udito grida di giubilo…
Il Parco però ci tutela: da che? Nella proprietà, bordo strada, mesi fa un camion ha scaricato vecchi mobili in plastica, il camionista è stato fermato, ma la munnizza è ancora là, se vogliamo a nostre spese ce la carichiamo e la portiamo… dove? L’isola ecologica qui non l’accetta, tutti se ne sono lavati le mani….in fondo basterà aspettare 20.000 anni e si disferà da sé!
Ricapitolando: se l’Ente Parco funzionasse sarebbe una benedizione, si potrebbero rilanciare tante coltivazioni, lavorazioni artigianali perdute da tempo, un turismo non mordi e fuggi (e no con le infradito al cratere) ma di qualità, manutenzionare boschi e vecchi casolari… ma non funziona, è solo un carrozzone politico con pochissimi funzionari e nessun potere di coordinare i comuni riottosi, menefreghisti e poco collaborativi anche tra di loro.
E il futuro non promette bene. Augurargli allora una rapida fine? No, certo, e non da parte mia, un Parco è, o meglio dovrebbe essere, prezioso, un bene comune a salvaguardia di ciò che fatica a rimanere vivo… ma, quando si continuano ad ignorare le esigenze dei proprietari, il territorio viene giocoforza abbandonato e purtroppo non è un Parco senza un euro che lo salverà.


Ha perfettamente ragione. Condivido tutto, anche le virgole.
Condivido quanto scritto. Vorrei solo segnalare anche il problema dell’ inquinamento acustico favorito dallo scorrazzare delle moto lungo la mareneve. Nonostante le reiterate denunce fatte dai locali,il fenomeno continua.
Come di ogni cosa che riguarda il settore pubblico in questa isola, ma non è che quello privato faccia faville, poco e niente funziona.
Ed è così perché a noi siciliani piace così se no avremmo fatto una rivoluzione contro la classe politica e amministrativa che abbiamo e manteniamo.
L’Etna e ciò che la circonda è stata dotata dalla natura di una bellezza unica che l’uomo continuamente oltraggia. Il carrozzone che dovrebbe averne cura probabilmente è il solito ectoplasma partorito dalla fallimentare burocrazia regionale: uno stipendificio privo di uomini e mezzi, privo di autorità e capacità decisionale. Peccato.
Sono anch’io d’accordo con Elle e mi complimento per essere riuscita a centrare il nocciolo del problema senza tergiversare con bla, bla, bla ma utilizzando l’ironia che contraddistingue le persone che “hanno visto di tutto…..”
L’Etna è un vulcano attivo, una montagna bellissima, una risorsa ecologica di flora e fauna spesso endemiche ma, è anche un Parco naturale ed un bene Unesco. Infine è un territorio che ha accolto i siciliani e che ha dato di che vivere a decine e decine di famiglie contadine e artigiane. Ha fornito neve e legname, castagne e mele e oggi è un sito produttore di uva e vino famoso in tutto il mondo.
Poi c’è il turismo, le piste da sci, l’escursionismo e la mountain bike, i funghi e le castagne…… Non è facile far convivere tutto questo (e molto di più, come ci dice Elle) e già si parla di Parco Nazionale e non Regionale (e io sono d’accordo). Ma senza ascolto, senza riunire tutti quelli che ci abitano o lavorano, senza ricerca scientifica e studi forestali, ecologici ed etologici, che fine farà la nostra Etna? Pagare e/o attenuare il turismo di massa (quello mordi e fuggi, con gli infradito e i quad) e ottimizzare i percorsi ciclistici e le gare sportive di ogni sorta e tipologia, studiare percorsi per lo sci-escursionismo e per lo sci-alpinismo, così come migliorare e implementare sentieri e segnaletica, creare rifugi aperti e manutenzionati, what else?
Grazie Elle