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Una cavità antropica negli Orti della Susanna, la grotta Lucenti

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interno della grotta Lucenti- da estratto del convegno sulle cavità artificiali (Palermo 2020)

Nell’area degli Orti della Susanna non ci sono solo una ricca vegetazione arborea e arbustiva, e una fauna selvatica quasi invisibile ma della cui esistenza sono testimoni i predatori, greppi e poiane, sempre in volo di perlustrazione. Non ci sono soltanto i muretti a secco (proclamati dall’Unesco patrimonio dell’umanità) e le opere di canalizzazione, raccolta e sollevamento dell’acqua, dal valore storico ed etno-antropologico. C’è anche la grotta Lucenti.

Così denominata dal probabile nome di un antico proprietario, è nota da tempo agli speleologi del Centro Speleologico Etneo, che hanno iniziato a visitarla oltre trent’anni fa. Non si tratta di una grotta naturale, ma di una ‘cavità antropica’, da cui – con il duro lavoro degli scavatori – veniva estratta la rena rossa, ghiara o agghiara.

Questo materiale, figlio delle colate laviche del nostro vulcano, si forma in seguito alla ‘cottura’ dei terreni agricoli o argillosi su cui scorrono – nel corso delle eruzioni – masse considerevoli di lava ad altissima temperatura (metamorfismo termico). Ed è stato molto usato in edilizia fino alla prima metà del Novecento, nell’impasto delle malte e nella preparazione degli intonaci esterni.

Ad esso si deve il colore tipico che ha caratterizzato le costruzioni dell’area etnea fino a quando le malte a base di ghiara furono sostituite dalle malte cementizie attualmente in uso.

L’estrazione di questo materiale era, infatti, laboriosa e rischiosa. Comportava lo scavo di “cunicoli, non di rado ripidi e serpeggianti, fino a raggiungere il fondo della colata”, dove poi si realizzavano gallerie che congiungendosi creavano larghi slarghi, dando luogo a veri labirinti. Con il pietrame di scarto si innalzavano muretti che servivano anche a sostenere le volte per impedire cedimenti.

Al duro lavoro di scavo compiuto dai ghiaioti con attezzi semplici come zappe e picconi, si aggiungeva quello del trasporto in superficie, in pesanti ceste di vimini, affidato a ragazzini di cui è un prototipo Rosso Malpelo, protagonista della omonima novella di Giovanni Verga.

La scoperta di queste cavità artificiali, realizzate ai margini della città edificata, ci permette oggi di seguire le tappe dello sviluppo urbanistico della nostra città.

Ma le operazioni di scavo, iniziate già durante la ricostruzione seguita al disastroso terremoto del 1693, e proseguite fino alla metà del Novecento, hanno reso più fragile il sottosuolo della nostra città, “anche perché le gallerie e le cavità ormai abbandonate possono subire crolli e le loro volte assottigliarsi”.

Per questo motivo lo speleologo Franco Politano ha chiesto che, nel nuovo Piano Regolatore di Catania, si provveda a mappare la posizione delle cavità sotterranee per evitare crolli che mettano a rischio la stabilità degli edifici cittadini.

La grotta Lucenti rimane un esempio notevole di questo tipo di cavità ed è stata, insieme alla Cava dell’Istrice di Tarderia, oggetto di analisi nel corso del IX Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali, tenuto a Palermo nel marzo del 2020, di cui trovate qui un estratto.

Come leggiamo nell’estratto, “all’inizio del 2016, il Consorzio Centro Direzionale Cibali – proprietario dell’area – ha attivato una consultazione pubblica per la raccolta e la selezione di proposte di utilizzo delle proprie aree”, i cosiddetti Orti della Susanna.

Una delle proposte ha riguardato l’istituzione di un Parco minerario “che permettesse di valorizzare gli elementi geologici, archeologici e storici della cava Grotta Lucenti”. Ad avanzarla fu Franco Politano, a nome della associazione culturale “Le Cave di Rosso Malpelo”, da lui fondata per tutelare e salvaguardare le cave di rena rossa presenti nel territorio catanese.

“Il Parco Minerario ‘Cava di Malpelo’ – scrive Politano nella sua proposta – permetterà di recuperare e divulgare la memoria di una fiorente attività estrattiva del passato legata imprescindibilmente al territorio etneo e che l’ha modificato sia nel sottosuolo, con lo scavo di decine e decine di vaste cave di estrazione della rena rossa, che nell’edilizia.

Visitare e conoscere la Cava Grotta Lucenti significa entrare in un ecosistema ove la natura ha impostato un elemento principe, una colata lavica giacente sopra un suolo agricolo, e l’uomo ha applicato il proprio ingegno e la propria forza per ottenere un risultato conveniente al fine di migliorare ed incrementare la propria abitabilità nel territorio”.

E ancora: “L’Associazione si rende disponibile, con le proprie competenze e conoscenze, a collaborare nelle varie fasi della realizzazione di questa proposta, e per il successivo funzionamento del Parco Minerario con un servizio di informazione, guida e assistenza ai visitatori”.

Vengono poi descritti gli interventi considerati necessari per la realizzazione del Parco e per la sua fruizione, compreso uno spazio attrezzato per mostre, permanenti e transitorie, di natura scientifica e letteraria, visto il riferimento a Verga e alla sua opera.

Viene presa in considerazione anche la questione dei costi di avvio e di mantenimento, che potrebbero essere coperti, parzialmente o totalmente, da eventuali biglietti di ingresso, visto l’interesse che l’iniziativa potrebbe suscitare in “cittadini, studiosi, appassionati e turisti”. Oltre alla possibilità di utilizzare linee di finanziamento europeo, previste per progetti di storia e cultura locale.

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