A luglio, presso il cine arena Corsaro di Catania, il Comitato catanesi solidali con il popolo palestinese ha organizzato la proiezione del film Innocence, del regista israeliano Guy Davidi. Un film che ricostruisce le storie di ragazze e ragazzi che crescono all’interno di una società fortemente militarizzata. Girato nel 2022, tratta temi di particolare attualità, visto ciò che sta avvenendo nella striscia di Gaza.
Salvatore Distefano (docente e presidente dell’Associazione etnea studi storico-filosofici), presente alla proiezione, propone ai lettori di Argo le seguenti riflessioni.
All’uscita dell’arena Corsaro, eravamo tutti abbastanza sconvolti dopo aver assistito alla proiezione del film Innocence. In effetti, si tratta di un docu-film molto bello, “duro”, di quelli che ti costringono a riflettere e a tentare di capire com’è fatto il Mondo nel quale viviamo e a trovare delle soluzioni, per quanto è possibile, “al male di vivere”.
Attenzione però, perché se è giusto coltivare una vigile preoccupazione su quanto di negativo avviene nelle nostre scuole, è anche vero che la situazione italiana è radicalmente diversa da quella descritta nel docu-film e quindi c’è lo spazio non solo per non arrendersi, ma addirittura per ribaltare la situazione.
Infatti: l’Italia è nata sull’onda della lotta al nazifascismo e la nostra Costituzione ha un impianto complessivamente pacifista e i suoi fondamenti sono il lavoro, la solidarietà, l’uguaglianza e il ripudio della guerra. Ancora: da noi (articolo 8) “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, mentre nello stato israeliano la religione spinge allo scontro e all’eliminazione dell’altro (rinvio a ciò che ha scritto un eminente intellettuale come Todorov). Da noi vige il principio dell’eguaglianza (articolo 3) e della solidarietà (articolo 2) e siamo contro qualsiasi forma di apartheid; e poi la Costituzione, agli articoli 33 e 34, proclama che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. […]”; e certo lo scopo della conoscenza non è quello di saper fare la guerra, ma di conquistare l’egemonia culturale a partire da uno studio che ha radici nel mondo classico, rinascimentale e moderno.
Allora il docu-film intanto ci dice, a mio avviso, che tra l’Italia, pur con gli arretramenti degli ultimi decenni, e Israele c’è ancora una enorme distanza e che assumendoci le nostre responsabilità nell’assolvere pienamente la funzione di docente, “de te fabula narratur”, abbiamo la possibilità di difendere la scuola democratica dall’assalto reazionario, proteso a distruggere le basi della Repubblica, il pensiero critico e la cultura della pace.
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