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La malamovida e il pericolo che divenga ancora più selvaggia

Il cosiddetto ‘emendamento De Priamo’ al ddl Concorrenza prevede, anche per il 2024, la proroga del regime semplificatorio per dehors e tavolini all’aperto. Si tratta della concessione di suolo pubblico con un iter semplificato e dell’ampliamento della superficie esterna (fino al 35 per cento in più) per le attività di ristorazione, misure di emergenza nate per sostenere il settore durante il periodo Covid

Ne sono scaturite difficoltà di vario genere, soprattutto nei centri storici cittadini e, più in generale, nei luoghi della movida, a partire da quelle legate alla circolazione, anche pedonale. Potenziali situazioni di illecito sono state segnalate anche da una sentenza del Consiglio di Stato che nota come il provvedimento favorisca “atteggiamenti di sostanziale tolleranza o quanto meno acquiescenza” da parte delle amministrazioni, che rischiano di snaturare il senso del provvedimento e la sua attuazione. Anche perché raramente viene controllato che le strutture montate siano davvero, come previsto, realizzate con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale che li ha giustificati e siano rispondenti alle esigenze che devono essere ‘contingenti e temporanee‘ (Sezione II n. 1489 del 13 febbraio 2023).

Nel frattempo si è aggravata la contrapposizione, esistente da tempo, tra residenti e titolari delle attività, che hanno interessi difficilmente conciliabili. Da un lato il diritto al silenzio e al riposo di chi abita in quei territori, dall’altro il diritto dei gestori a sviluppare le loro attività commerciali.

Se è vero che in molte situazioni l’esplosione della movida ha restituito ai cittadini territori precedentemente emarginati e spesso – soprattutto di sera – ‘poco frequentabili’, è altrettanto vero che il protrarsi delle attività durante tutta la notte, con il conseguente insopportabile inquinamento acustico e un’occupazione dello spazio pubblico che talora costringe i residenti a veri e propri slalom per entrare nelle loro abitazioni, rende oltremodo complicata la vita di questi ultimi.

Conseguentemente, vista l’inutilità delle proteste e le difficoltà di intervento delle forze dell’ordine, in molti hanno scelto di trasferirsi altrove. Non può, però, essere questa la soluzione, perché si determinerebbe un ulteriore spopolamento o una gentrificazione dei nostri centri urbani.

Per non gettare la spugna, molti cittadini/residenti si sono uniti in oltre cinquanta Comitati sul territorio nazionale che si oppongono all’emendamento De Priamo e, nell’immediato, hanno lanciato una petizone “Il Coordinamento nazionale dice NO alla proporoga della normativa per i dehors”.

Sostengono, infatti, che il suolo pubblico debba essere restituito alla collettività e, soprattutto, che la movida più selvaggia (agevolata dal predetto emendamento) contribuisce a pregiudicare la salute pubblica, che l’articolo 32 della Costituzione pone tra i capisaldi della civile convivenza.

Se non si vuole trasformare tutto ciò in un ulteriore problema di ordine pubblico, chiedendo che le forze di polizia con la loro costante presenza impediscano schiamazzi e risse, occorre procedere in modo diverso, anche perché, date le dimensioni del problema, le forze dell’ordine non avrebbero a disposizione un organico tale da prevenire con successo i disagi.

La strada da battere non può perciò che essere quella del dialogo e dell’assunzione di responsabilità, della ricerca di un punto di incontro fra le due parti. Difficile, ma necessario da realizzare, individuando regole e comportamenti condivisi. In questo senso, un primo passo potrebbe essere quello non solo di aumentare i controlli ma, in particolare, legare la concessione per dehors e tavolini all’aperto al rispetto delle condizioni contrattuali di lavoro dei dipendenti da parte degli esercenti, perché anche la suddetta illegalità contribuisce alla disorganizzazione complessiva.

Ripartire dal rispetto delle regole e dei diritti dei lavoratori potrebbe, infatti, determinare quel circolo virtuoso che influirebbe positivamente sulla situazione più generale, rendendo gli esercenti più credibili e, magari, i residenti più disponibili.

Argo

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  • Quando si capiranno e salvaguarderanno i diritti di chi abita nei quartieri della movida vorrà dire che il nostro è diventato un Paese appena più civile..
    Quando a Catania si capirà che tutti questi localini del divertimento portano qualche vantaggio economico, ma a pochi, a scapito di tutte quelle attività, che creavano risorse per tanti, botteghe di artigiani ormai scomparse che oltretutto facevano identità, bene Catania sarà una città appena più civile.

  • Basterebbe sostenere l' articolo 32 della costituzione che al momento è costantemente ignorato.
    Poi, bisogna mettere mano ai piani Commerciali e se possibile ad ogni fuoriuscita di gestore non consentire il subentro. L' individuazione di altre aree commerciali distribuite s territorio puo' essere un metodo per alleggerire la congestione nei centri storici.

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