Scuola Mario Rapisardi a Catania, le bambine e i bambini ‘fanno la storia’

Una scuola e un armadio chiuso da tempo. La scuola è il circolo didattico Mario Rapisardi di Catania, l’armadio contiene registri, pagelle, materiale didattico che parla del passato.Potremmo lasciarlo chiuso o aprirlo. Aprirlo significa dare avvio ad una avventura della conoscenza, far riemergere un passato che ci appartiene.

Altrove lo chiamano ‘archivio di comunità’, è la ricostruzione della storia di un territorio condotta con i materiali presenti in loco e con il coinvogimento e la collaborazione della cittadinanza, delle famiglie, delle scuole, delle istituzioni locali.

Al circolo didattico Mario Rapisardi lo stanno realizzando le bambine e i bambini della scuola, che – guidati dalle loro maestre – hanno lavorato per tutto l’anno a ricostruire la storia del proprio istituto.

Un progetto che la dirigente Katia Perna ha definito “ambizioso e complesso” ed è stato presentato lo scorso 20 giugno con una mostra aperta al quartiere e alla città, “Viaggio nel passato: tra identità e memoria”.

Protagonisti dell’attività di ricerca sono stati i bambini delle classi quarte e, in via sperimentale, di una classe terza (sez E), che hanno imparato – divertendosi – a “fare la storia”. Sono partiti, infatti, dalle fonti, innanzi tutto quelle contenute nell’archivio del loro stesso istituto, i registri, le pagelle, gli oggetti, come nel caso dei supporti didattici, abachi, pallottolieri, coni, sfere e piramidi, tutti in legno massiccio.

E poi le fonti dell’archivio di Stato, dove – con lavoro certosino – le insegnanti hanno ritrovato i documenti sulle origini della Mario Rapisardi, che esisteva, in sedi sparse in vari quartieri della città, ancora prima che fosse realizzato l’apposito edificio che ancora la ospita. Inaugurata nel 1933, in pieno periodo fascista, la costruzione portava i simboli del regime, dai fasci littori alla scritta con la data, indicata come l’anno XII dell’era fascista, secondo la rilettura del tempo imposta dal regime.

Un’altra cosa che i nostri “piccoli storici” hanno imparato, senza troppe elucubrazioni teoriche: ogni periodo storico lascia un’impronta nei manufatti del proprio tempo, attraverso le tecniche costruttive, le decorazioni ornamentali (che portano talora, come in questo caso, il suggello dell’ideologia dominante), le intitolazioni. Inevitabile, infatti, porsi la domanda sul personaggio a cui la scuola è stata intitolata. Chi era costui? I bambini si sono attivati a ricostruirne la biografia e i contenuti delle opere, a recuperarne foto e ritratti, scoprendo che aveva anche scritto un’ode al musicista Vincenzo Bellini. E anche su Bellini hanno quindi raccolto informazioni, immagini, notizie musicali.

Il lavoro è diventato interdisciplinare, per forza di cose. E i nostri ‘storici in erba’ hanno scoperto che il sapere è fatto di collegamenti e di intrecci di varia natura, vicende politiche, letteratura, musica…

Hanno scoperto anche l’importanza delle fonti orali dialogando con ex alunni della scuola, appartenenti a varie generazioni, facilemente individuati perché si tratta di una scuola ben radicata, da decenni, nel territorio.

Si sono preparati a questi incontri ragionando sulle possibili differenze con la scuola del passato e formulando delle domande: le materie che si studiavano, i libri che si usavano, le maestre più o meno severe, gli orari di ingresso e di uscita. Sono partiti da alcune ipotesi, in parte confermate e in parte no, e hanno scoperto aspetti inaspettati, i maschi in classi diverse dalle femmine, i banchi con il buco per il calamaio, il pennino da intingere nell’inchiostro, l’uso della carta assorbente, negli anni in cui non c’erano ancora le biro.

Non è forse il metodo dello storico professionista, con le ipotesi di partenza da verificare, l’emergere di fattori imprevisti, l’apertura di nuovi orizzonti di ricerca?

Da veri storici, i bambini hanno poi dovuto mettere in ordine i documenti e il materiale ritrovati e rielaborare le informazioni raccolte. Tutto è confluito nella mostra presentata al pubblico qualche giorno fa.

Prima del taglio del nastro, la dirigente, la maestra coordinatrice del progetto Maria Serrato, il professore di storia contemporanea ed esperto di didatica, Andrea Miccichè, nelle vesti di consulente, hanno spiegato brevemente al folto pubblico il senso del lavoro svolto. Non poteva mancare l’applauso ai bambini e a tutte le maestre che hanno lavorato al progetto, perché questo è stato davvero un grande lavoro di squadra.

Siamo solo agli inizi di un percorso che si intende continuare, il materiale non manca e l’esperienza ha dimostrato che questo tipo di didattica è capace di affascinare e coinvolgere i piccoli allievi, dando loro strumenti per divenire più consapevoli e accompagnandoli in un’esperienza in grado di rafforzare il loro senso di appartenenza contribuendo a formare il cittadino di domani.

Argo

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