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Lo chiamavano Zagazà

Non c’era nessuna ‘invasione’ di migranti, trenta anni fa, ma non c’era neanche l’abitudine, in una città provinciale come la nostra, ad interagire con qualcuno che avesse la pelle nera, e lingua e cultura diverse dalla nostra. Di questa Catania ancora piuttoso chiusa in se stessa, Moussa Thiam ha fatto la sua seconda patria e con il suo carattere mite e il suo modo socievole di accostarsi agli altri, ha permesso a molti giovani, spesso giovanissimi, di imparare a non diffidare di chi ha la pelle scura e i capelli crespi o indossa abiti stravaganti e colorati.

Lo dice di sé Francesca, che quando aveva 16 anni lo ha incontrato e che dall’amicizia con lui ha tratto insegnamenti e intuizioni che l’hanno portata a divenire una operatrice dell’accoglienza che lavora proprio con i migranti. Ecco perché oggi vuole ricordare Moussa e quei valori di apertura agli altri, tolleranza, capacità di integrazione, che egli le aveva inconsavolmente trasmesso.

Quando va via una persona che ha fatto parte della vita di molti, me compresa, è come se un pezzetto di vita, di ricordi, di emozioni volasse via con lui. Così è successo lunedì 6 Dicembre 2021 quando Moussa ha fatto la sua uscita di scena, lasciando tutti attoniti e addolorati.

E’ andato via dopo un periodo non facile per lui e per chi gli stava accanto. Ci piace immaginare che abbia girato l’angolo di una delle vie del centro, con il suo inconfondibile cappello di lana rosso, i suoi vestiti colorati e la sua camminata lenta e rilassata.

Era arrivato a Catania moltissimi anni fa dal Senegal, con il suo sorriso contagioso e la musica che sempre ha caratterizzato la sua vita. Ha fatto di Catania la sua città, e dei Catanesi la sua “family” . Non saprei neanche quantificare quanta gente sia passata dal suo abbraccio, e quanta gente abbia aneddoti, ricordi e serate con lui.

Tutti noi abbiamo perso un membro della nostra famiglia e sono certa che non lo dimenticheremo mai. Personalità poliedrica e complessa quella di Moussa, che ha sperimentato molto nella sua vita. E’ stato qui marito, padre, compagno , amico, fratello, ha scelto queste strade nere di pietra lavica come scenografia della sua vita, portando sempre con sé la magia e l’allegria della sua Africa che ha “ contagiato ” tutti noi che lo abbiamo voluto bene e che ha indiscutibilmente segnato un’era a Catania.

Esempio di integrazione e interazione Zagazà, così lo chiamavamo tutti .

Non c’era una serata in centro città, durante la quale non s’incontrava, usciva spesso solo, per “essere libero” diceva lui, girando da locale in locale dove sempre trovava qualcuno con cui ridere, bere, scherzare e ballare. Ha sempre ballato Moussa, sempre! E ha sempre fatto ballare tutti noi, la sua family . Non era un santo, ha sbagliato certe volte come tutti, si è rialzato e ha ricominciato ancora una volta a “ballare”.

Tutto questo per ricordare un uomo che da quando avevo 16 anni ha fatto parte della mia vita e sicuramente ha avuto un grandissimo peso sulle mie scelte di vita.

Ma anche per ricordare un uomo che ha fatto dell’integrazione, della multiculturalità e della tolleranza un baluardo e che, con la sua semplicità e forse inconsapevolmente, è stato uno dei primi ad insegnarci il valore dell’accoglienza e dell’ armonia nel vivere insieme anche se appartenenti a terre e culture geograficamente lontane e diverse.

Sono personalità come Moussa che senza volere, insegnano molto alla società e a tutti noi. Insegnano quei valori genuini ormai rari e per ciò preziosissimi. La tolleranza e la libertà.

Grazie Moussa, da parte di tutti noi… e che le tue ‘belle scarpe’ possano portarti lontano e ti facciano sempre ballare felice.

(Foto di Valentina Patti)

Argo

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