Monte Po, le difese di Catania nel parco che verrà

Della collina di Monte Po abbiamo parlato di recente come di un’area di notevole interesse non solo paesaggistico ma anche storico ed archeologico. Dovrebbe rientrare nel grande Parco che, seguendo il corso del fiume Acquicella e arrivando fino al mare, può costituire per Catania il polmone verde di cui la città ha bisogno.

Rapporto diretto con la natura, percorsi di trekking, bellissimo panorama a 360 gradi, questo ed altro può essere offerto ai futuri fruitori del Parco, insieme alle interessanti testimonianze del nostro passato. Tra queste risaltano alcune strutture militari di cui ci parla oggi Giambattista Condorelli, ingegnere di grande sensibilità ambientale, cultore di storia, esperto del periodo bellico e post bellico

Nel suo minuzioso testo “La guerra a Catania”, Salvatore Nicolosi scrive che nell’aprile 1943, tre mesi prima dello sbarco degli angloamericani sulle coste siciliane, il generale Passalacqua, Comandante della “Difesa Porto” di Catania, consegnò alle truppe dislocate in città i capisaldi per la difesa della città di Catania, con l’ordine stentoreo, secondo lo stile dell’epoca, di obbligo di “difesa ad oltranza”.

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Erano sette tali capisaldi, disposti attorno alla città, come si vede nella cartina allegata.

A dispetto della pomposa denominazione e dell’importanza data alla cerimonia, si trattava di opere modeste, realizzate con i limitati fondi di cui disponevano gli organi di comando civili e militari, negli anni immediatamente precedenti e che adesso, in previsione di quanto sarebbe immancabilmente successo, venivano consegnate ai pochi reparti di fanti e di artiglieri disponibili.

Alcune di esse, però, erano già attive da tempo perché altrettanto attivi da oltre tre anni erano i bombardamenti dal cielo, che procurarono solo a Catania, durante tutta la guerra, poco meno di 1000 morti. Ci si riferisce alle postazioni di artiglieria contraerea con le quali si sperava di fermare le ondate di decine di quadrimotori britannici di notte e americani di giorno, che imperversavano sulla città quasi quotidianamente, portando lutti e distruzioni.

E proprio questa fu la funzione delle opere che troviamo nei pressi della cima di Monte Po, in un’area che si auspica diventi Parco sub-urbano, individuata dal numero 3 nella cartina topografica.

Grazie a dei documenti conservati all’Archivio di Stato, si ha valido motivo di ritenere, che i progetti di tali opere non fossero tutti redatti da tecnici del Genio Militare, forse insufficienti per numero, ma che la loro stesura fosse affidata a quei professionisti, ingegneri o architetti, non ancora richiamati alle armi per via della loro età. Così era certamente avvenuto per la individuazione e la realizzazione di alcuni rifugi antiaerei individuati o apprestati in città.

Questi tecnici ebbero modo di esercitare la loro fantasia progettuale e si spiega così il fatto che alcune di queste opere hanno delle forme che oltre ad essere funzionali, sono anche intriganti, tanto da invitare gli occasionali visitatori a “ispezionarle” con interesse e curiosità.

Troviamo quindi a Monte Po un complesso di opere realizzate in un punto ottimale, caratterizzato da ampia visibilità sia verso i paesi dell’hinterland etneo, sia verso la città di Catania.

La struttura principale in cui ci si imbatte è un’opera in calcestruzzo armato, consistente in una galleria sotterranea lunga circa 40 metri. Il suo accesso dal piano di campagna si trova dal lato Ovest, mentre dal lato Est, per uscire allo scoperto, bisogna salire dentro un breve condotto verticale munito di una scala metallica oggi non più esistente. Dalla galleria, percorribile rimanendo in piedi, si accede ad un ampio vano la cui funzione poteva essere di ulteriore ricovero in caso di incursione aerea oppure di magazzino per munizioni e materiali di scorta. La struttura dispone anche di una feritoia strombata ad altezza d’uomo, per contrastare con armi leggere un’eventuale aggressione via terra.

A breve distanza dalla cima del monte, in posizione prospiciente la sottostante pianura di Nesima Superiore, sorgono due opere di forma cilindrica, scoperte, anch’esse costruite con calcestruzzo armato, che conservano ancora i fori di ancoraggio per fissare su ciascuna di esse una struttura metallica a forma di ragno, atta a sostenere un pezzo di artiglieria contraerea. Una terza struttura, di dimensione minore, unica ad essere stata distrutta da un bomba d’aereo, si trova lungo il viottolo che porta sulla cima del monte.

E’ interessante quanto realizzato a corredo della prima di queste strutture, perché da essa si raggiunge, tramite un cunicolo serpentiforme e ben protetto, un vano anch’esso cilindrico dotato di copertura piana e di un’ampia feritoia. Gli artiglieri posti a servizio della struttura potevano così scendere al suo interno e opporsi, in caso di avvicinamento via terra del nemico. Sorge spontanea l’osservazione che gli artiglieri di turno presso le postazioni più lontane dalla cima, non potevano fruire, durante il passaggio di aerei nemici, di quanto disponibile per i più fortunati commilitoni, e cioè del rifugio antiaereo in galleria.

La postazione di artiglieria contraerea di Monte Po fu certamente utilizzata, mentre è altrettanto certo che essa, in occasione dell’avanzata degli Alleati nei dintorni di Catania, avvenuta nei giorni successivi al 5 agosto 1943, non fu mai attaccata dal nemico via terra, perché i reparti che la presidiavano ricevettero l’ordine di ritirarsi verso Nord.

Attorno a Catania sono ancora rintracciabili altre opere militari residue dell’ultimo conflitto, sempre costruite in calcestruzzo armato, di forme diverse da quelle di Monte Po, perché destinate ad assolvere ad altre funzioni.

C’erano i posti di blocco, fortini di forma cilindrica, dotati di una robusta – almeno tale si sperava – copertura a cupola, e di ampie feritoie attraverso i quali i militi posti al loro interno avrebbero dovuto fermare con armi leggere gli attacchi provenienti dal territorio immediatamente circostante. Tre esemplari sono situati all’interno di una proprietà privata, quindi non visitabili, sul pianoro soprastante la Timpa della Licatia, ma essi non erano dotati di un proprio rifugio antiaereo. Un paio ne vediamo alla Playa, di cui uno integro all’interno dell’omonimo Boschetto e tanti altri ancora lungo le strade che si dirigono verso la Piana di Catania.
Dietro le Ciminiere e lungo il Molo di Levante del Porto, sono visibili un paio di PBC, posti di blocco costiero, che avrebbero dovuto fermare eventuali attacchi proveniente dal mare.

In Contrada San Francesco la Rena troviamo delle robuste costruzioni di forma cubica utilizzate come riservette di munizioni, per rifornire i reparti collocati in prossimità del fronte e corredate da un rifugio antiaereo di forma intrigante, più adatta a far giocare dei ragazzini che non a resistere a delle bombe d’aereo da 250 kg quali quelle lanciate dagli alleati.

Una recente legge regionale, la n. 12 del 12/072018, ha introdotto una rigida protezione per qualsiasi forma ancora esistente di testimonianza dei terribili anni del secondo conflitto mondiale, che va dai posti di blocco e da altre strutture murarie, alle semplici scritte sui muri di alcuni edifici esistenti all’epoca. Forse una protezione a spettro troppo ampio, e, infatti, poco applicata.

Nel caso delle strutture di Monte Po, esse, se rese facilmente visitabili, verrebbero a costituire un elemento di arricchimento e di richiamo per i visitatori dell’auspicato parco e fornirebbero la testimonianza materiale di una tragica avventura imposta al popolo italiano.

Argo

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