Afghanistan, non abituiamoci al silenzio

Di Afghanistan non si parla più. Dopo le concitate giornate che hanno accompagnato il ritiro delle truppe NATO dal territorio asiatico, il tema è diventato senza interesse per media e opinione pubblica.

Eppure, non ci sarebbe stata occasione migliore per ragionare su una occupazione ventennale del territorio, sulla cosiddetta esportazione della democrazia, sugli interessi materiali del “mondo occidentale” alla base dell’intervento militare.

Non tocca a noi fare tutto questo, ci proponiamo, più semplicemente, con le nostre forze, di contribuire a squarciare quest’insopportabile silenzio.
Lo facciamo proponendo una poesia di Alì, mediatore culturale afgano che, a Catania, collabora con l’associazione LHIVE, all’interno di un progetto finanziato dall’UNHCR.

Migrante

Sono diventato migrante
Ora mi aspettano nere notti sveglio
Sono andato via
Sono sveglio tutte le notti
Ho perso la strada
Contando i miei passi sulla via della seta
Sono andato via
Era una bella vita
Ma non c’era più la tranquillità
Hanno tolto la musica e le tradizioni
Hanno distrutto le statue di Buddha
Da lontano avevo visto le luci della città
Seguendole mentre cammino nel buio
Sono andato via
Ancora mi ricordo i regali che hai chiesto
Quando i miei pensieri vanno a te
Dimentico quello che sto facendo
E una pioggia di lacrime scende sul mio viso
Fino al petto
Ora che posso fare?
Il ricordo di te lo posso cancellare
Sono andato via
Ho lasciato la mia terra
Per la libertà

Quando dici “Questa è casa mia”
Dici una minaccia per l’umanità
Abbandoniamo l’odio
Che porta solo sofferenza
E non apprezziamo le cose solo quando non le abbiam

Finché non accetti me, Alì
Come accetti te
Combatterò tutta la vita
Sono andato via….

Argo

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