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No alla violenza istituzionale sulle donne

Quando il primo schiaffo
mi bruciò viso e anima
non ebbi forza di parlare
[……]

Quando la piccola Mary
disse “Mamma ti difendo io”
non ebbi forza di parlare
[……]

Quando risuonò il verdetto
“alienazione parentale”
non ebbi forza di tacere….

Con la lettura di questi versi di Antonello Longo si è conclusa, il 25 novembre in piazza Università a Catania, nonostante una fitta “pioggerella”, la manifestazione de La Ragna-Tela “rete femminista antiviolenza di donne e uomini catanesi affinché ogni violenza sessista abbia fine”.

Al centro della riflessione non una generica violenza contro le donne, ma la violenza istituzionale subita dalle donne. Una violenza “silenziosa”, forse retaggio di antiche discriminazioni e pregiudizi misogini.

Si è parlato, innanzitutto, della cosiddetta “Sindrome da alienazione parentale”, inventata dal medico Richard Gardner, secondo cui durante le separazioni ci sono madri che aizzano i figli minori contro i padri facendo sì che maturino sentimenti ostili, ragion per cui i figli andrebbero sottratti alle madri e messi in case famiglie o affidati ai padri, spesso violenti.

E ciò nonostante la Corte di Cassazione abbia stabilito che “non ci sono certezze in ambito scientifico sulla diagnosi di Pas”. In realtà questa sindrome non è riconosciuta né dell’Organizzazione mondiale della sanità, né dal Ministero della Salute, né dall’Istituto superiore della sanità.

Per porre fine a tutto questo, le donne e le avvocate de La Ragna-Tela si batteranno, anche legalmente, perché in caso di condanna del partner per violenza, sia prevista come pena accessoria, l’immediata sospensione cautelativa della responsabilità genitoriale.

E’ stata, inoltre, denunciata l’esistenza dei cosiddetti “Cimiteri degli angeli o dei bambini mai nati”, presenti in diverse città italiane e, in Sicilia, a Marsala. Clamoroso quanto avvenuto a Roma. Una donna che era ricorsa a un aborto terapeutico ha trovato (al cimitero Flaminio) il proprio nome scritto su una croce di ferro perché le autorità cimiteriali, in accordo con sedicenti associazioni per la vita, avevano provveduto alla sepoltura del feto, ovviamente senza informarla, sovrapponendo il suo nome e cognome sulla croce di ferro che contrassegnava quella triste sepoltura.

Particolarmente attiva in questa triste pratica l’associazione “Difendere la vita con Maria” che dal 1999 stringe accordi con ospedali, aziende sanitarie e comuni per occuparsi della sepoltura di quelli che la legge freddamente definisce “prodotti abortivi”, intendendo (in assoluta assenza di scientificità) con il termine “bambino” ogni forma di vita intrauterina successiva all’atto del concepimento, apponendo lapidi su piccole bare recanti nomi fasulli e organizzando funerali, spesso senza l’assenso delle madri e dei padri, che per lo più ignorano il dato che dopo 24 ore dall’interruzione di gravidanza, se nessuno lo reclama, cessa ogni diritto di volontà e di proprietà riguardo al feto.

Ancora, l’associazione antiviolenza Penelope, tra le realtà fondatrici della rete La Ragna-Tela, ha sottolineato la quasi assenza di medici ginecologi per visite urgentissime alle donne migranti e a quelle vittime di tratta o di sfruttamento sessista.

Così come è violenza istituzionale il non aver accesso alla casa, condizione pesante per tutte le fasce deboli della popolazione, e in particolare per le donne migranti e per quelle che subiscono la violenza domestica. A Catania, addirittura, questa voce non è contemplata tra i criteri previsti per l’assegnazione degli alloggi.

Mentre la chiusura di molti ospedali cittadini ha causato il depotenziamento dei servizi offerti, a partire dagli screening rivolti alle donne, che per la maggior parte non possono (e comunque non dovrebbero, visto che quello alla salute è un diritto) ricorrere alla sanità privata.

Da qui la condivisione della vertenza, promossa da associazioni come D’OVE, di utilizzare reparti degli ospedali dismessi catanesi come poliambulatori ginecologici di primo intervento, anche per far fronte alle difficoltà che questa pandemia presenta.

Infine, è stata denunciata la “scomparsa” dei consultori a Catania. Strutture, queste ultime, che dovrebbero essere punti di riferimento per le donne per fornire corrette informazioni sulla vita sessuale o prevenire gravidanze indesiderate.

Il che produce ulteriori problemi in una realtà nella quale i medici non obiettori sono in numero insufficiente e mancano anche i posti letto negli ospedali per effettuare le interruzioni di gravidanza.

Una situazione “limite” alla quale si aggiunge il tentativo (già messo in atto dalla regione Piemonte) di ridurre l’uso della pillola abortiva Ru486, imponendone la somministrazione esclusivamente tramite ricovero ospedaliero, rendendo così più difficili le scelte delle donne.

Argo

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