Chiosco di piazza Nettuno, una sanatoria illegittima?

Sottoposto a sequestro da parte della magistratura e rimasto chiuso per due anni, il chiosco di piazza Nettuno è stato di recente smontato.

Non si tratta però della vittoria di chi, come Argo, ha sempre considerato inaccettabile la costruzione di una struttura pensata per il profitto di un privato all’interno di un’area di interesse pubblico, sottoposta anche a vincolo panoramico paesaggistico.

Paradossalmente il chiosco è stato smontato proprio perchè l’interesse privato è prevalso su quello pubblico.

Il Comune ha infatti concesso, in sanatoria, un permesso temporaneo stagionale facendo così decadere le ragioni del sequestro e del relativo rinvio a giudizio.

Il permesso ottenuto dalla società Nuova Epoca, titolare del progetto, non è quello annuale auspicato da Giovanni Vasta, legale rappresentante della società, ma è comunque per lui un buon risultato, che permetterà a breve, con l’inizio della stagione balneare, di rimontare il chiosco e rimediare al ‘danno economico’ procurato dal sequestro.

Cade per Vasta l’imputazione di abuso edilizio con cui è stato rinviato a giudizio nel procedimento che coinvolge anche Francesco Gullotta, già dirigente del Servizio Attuazione della Pianificazione della Direzione Urbanistica.

Gullotta è accusato di abuso di ufficio per aver rilasciato un’autorizzazione illegittima ignorando il parere negativo espresso dal tecnico istruttore del suo stesso ufficio e quello proveniente dalla Direzione Attività Produttive in cui si richiamavano le norme sul commercio in area pubblica e l’esclusione di strade e piazze, riservate al transito di veicoli e pedoni.

Il chiosco non si poteva quindi autorizzare ma, come scrive il giudice nel decreto che dispone il giudizio, Gullotta rilasciava ugualmente l’autorizzazione con una “motivazione incongrua”, espressa in modo “apodittico”, procurando “intenzionalmente” a Vasta un “ingiusto profitto”.

Il processo è ormai vicino alla conclusione, a giorni ci sarà un’udienza che potrebbe anche essere l’ultima.

Per le “opere eseguite in assenza di titolo edilizio”, leggiamo nel permesso in sanatoria, la Nuova Epoca dovrà pagare una oblazione di 17.676,90, “pari al doppio degli oneri sul costo di costruzione ed al doppio degli oneri di urbanizzazione”.

E qualcuno potrebbe anche ritenersi soddisfatto per aver così rimpinguato le casse vuote dell’Amministrazione. A noi sembra piuttosto che sia stato svenduto un bene comune, la piazza, sacrificando gli interessi della collettività, il rispetto delle norme e il corretto rapporto tra amministratori e cittadini.

Appare inoltre estremamente contraddittorio il comportamento dell’Amministrazione Comunale, che – a suo tempo – si costituì parte civile nel processo e che adesso concede una sanatoria che estingue l’abuso.

Non è tutto. Siamo voluti entrare nel merito del permesso in sanatoria, lo abbiano analizzato sfruttando le competenze della redazione e siamo arrivati alla conclusione che la normativa a cui la concessione fa riferimento non può essere legittimamente applicata ad una struttura come il chiosco.

Ecco il nostro parere tecnico

Il permesso è stato rilasciato sulla base della legge della Regione Siciliana 10 agosto 2016 n.16, che recepisce il Testo Unico delle disposizioni in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2011 n.380.

All’articolo tre della suddetta legge vengono indicati gli interventi che possono essere eseguiti tramite comunicazione asseverata.

In particolare al comma 2.i si fa riferimento a “l’impianto di prefabbricati ad una sola elevazione adibiti o destinati ad uso non abitativo, di modeste dimensioni, assemblati in precedenza, rimovibili, di uso precario e temporaneo non superiore a sei mesi”.

Ecco i motivi per cui non ci appare pertinente e legittimo applicare al Chiosco di piazza Nettuno questa normativa.

Le strutture di uso precario e temporaneo di cui si parla al comma 2.i dell’articolo 3 potrebbero essere, ad esempio, una struttura di cantiere, baracche, piccoli depositi, manufatti al servizio dell’agricoltura (piccoli depositi per attrezzi agricoli), che hanno appunto non solo carattere precario ma anche temporaneo e occasionale, costruzioni quindi di modeste dimensioni per usi che non comportino oneri di rilievo in termini strettamente urbanistici .

Il chiosco, invece, è una struttura destinata ad una attività economica che ha ottenuto solo un’autorizzazione stagionale ma è concepita per essere reiterata di anno in anno.

Il suo utilizzo durante la stagione estiva non può quindi dirsi propriamente di durata “non superiore a sei mesi”, come precisa la legge, perchè – dopo lo smontaggio invernale (che va comunque verificato, anno per anno) – l’attività sarà ripresa l’anno successivo e la struttura verrebbe rimontata acquisendo di fatto un carattere durevole nel tempo.

Si tratta di principi ormai pacifici in giurisprudenza:

Non sussiste coincidenza tra precarietà e stagionalità dell’opera, posto che le opere stagionali sono destinate a soddisfare bisogni che si perpetuano nel tempo….(Cass.Pen. Sez.III, 16.1.2012 n. 1191”

“….la precarietà di un manufatto non dipende dai materiali utilizzati o dal sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall’uso cui è destinato, con la conseguenza che la precarietà va esclusa allorché il manufatto è destinato a dare una utilità prolungata nel tempo indipendentemente dalla sua eventuale possibilità di rimozione (TAR Lazio,Latina, 5 agosto 2009, n. 771)”.

La norma, inoltre, si riferisce ad interventi di edilizia privata, mentre nel caso del chiosco ci troviamo davanti ad una attività economica svolta in luogo pubblico e su suolo demaniale marittimo.

Un altro aspetto da considerare è quello della prescrizione relativa agli scarichi liquidi, di qualsiasi natura, che – come condizione posta dal Demanio Marittimo – non devono essere dispersi nel suolo e nel sottosuolo.

Nella concessione non vengono però indicati nè la modalità che dovrebbe essere seguita per evitare questa dispersione nè il tipo di controllo che verrà esercitato.

Argo

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  • Di questo passo Catania dovrà rimpiangere Bianco quanto ai tanti lasciapassare dell'interesse pubblico su quelli privati. Di male in peggio oggi per tutti noi.

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