La proposta è stata fatta di recente ad un nostro lettore, studente universitario, che – dopo aver gentilmente rispedito al mittente l’offerta – ha voluto rendere pubblica questa storia per stimolare le autorità competenti a trovare una soluzione.
Di irregolarità nei test d’ammissione alle facoltà a numero chiuso si è discusso spesso, nel dibattito pubblico e nei tribunali, ma poca luce è stata fatta su questa pratica, a quanto pare sempre più diffusa, che naturalmente mette a serio repentaglio la genuinità dei risultati finali.
Talvolta sono gli stessi aspiranti fisioterapisti a contattare privatamente, all’università o tramite i social networks, ragazzi che reputano in grado di superare il test al posto loro e a proporgli l’affare, com’è accaduto al nostro lettore.
Ma non solo: c’è chi ha fatto di questo business una professione e agisce da vero e proprio intermediario, mettendo in contatto i primi con i secondi.
Tutto si basa su uno scambio d’identità, reso possibile da alcune falle nei controlli. Al momento della consegna finale dei fogli di risposta, i candidati ricevono un codice adesivo in doppia copia, la prima da attaccare al compito e la seconda alla scheda anagrafica, ma (ecco l’intoppo!) nessuno verifica – né in entrata, né in uscita – la corrispondenza tra il nome riportato sulla scheda anagrafica e la reale identità del candidato. In questo modo è molto semplice per i nostri novelli Mattia Pascal (ci si scusi il paragone ingeneroso) cambiare identità…e professione!
A onor del vero, fino a qualche anno fa il controllo dell’identità del candidato veniva svolto sia all’ingresso che alla consegna della prova. Sembra che, a seguito di ricorsi relativi ai test di medicina, si sia omesso il controllo alla fine, non riuscendo a trovare una modalità alternativa per contrastare questa pratica illecita.
Non è difficile capire che tutto ciò rende parecchio semplice ricostruire lo “scacchiere” delle persone che svolgeranno il test nella stessa aula, facilitando i contatti tra i candidati prima della data della prova e, di conseguenza, anche gli accordi di cui parlavamo poc’anzi.
Eppure non sarebbe difficile migliorare il sistema.
Il codice potrebbe essere assegnato all’inizio e associato dallo stesso candidato alla scheda anagrafica in seguito al controllo dell’identità. Al momento della consegna del test, poi, potrebbe esserci il secondo check sulla corrispondenza tra scheda anagrafica e identità. Ciò renderebbe molto più difficile lo scambio d’identità.
Inoltre, si potrebbe scardinare la prevedibilità nel sistema di assegnazione dei posti adottando una composizione delle aule casuale, o anche ancorata a criteri specifici, ma in ogni caso comunicata solo poco prima rispetto all’inizio del test, in modo da escludere contatti pregressi tra i candidati.
Ovviamente, oltre alla pratica appena descritta, sono molte altre le modalità con cui negli anni i candidati hanno tentato o sono riusciti a falsare i risultati, in gran parte agevolati da una sorveglianza inadeguata: ragazzi che consultano il cellulare in aula o nei bagni, senza essere allontanati seppur scoperti; uso in aula di Apple Watch, orologio collegato a un cellulare attraverso bluetooth, con il quale è possibile leggere eventuali risposte che arrivano al cellulare; continui scambi comunicativi fra candidati seduti vicini e circolazione di fogli; suggerimenti ad opera degli stessi componenti la vigilanza.
Insomma, tutto accade al ballo mascherato dei test d’ammissione, e proprio per questo auspichiamo un intervento deciso delle autorità competenti, il Rettore dell’Università di Catania per stimolare il miglioramento delle procedure di controllo e la competente Procura per far luce sugli eventuali illeciti già commessi o
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