Lo riteneva necessario Albert Einstein, che credeva alla responsabilità sociale degli scienziati e che si adoperò a favore del disarmo nucleare nel pieno della guerra fredda.
Con il manifesto scritto nel 1955 insieme al filosofo-matematico Bertrand Russell inizia la sua riflessione sui rischi per l’umanità prodotti dall’esistenza delle armi nucleari e si avviano le conferenze internazionali (Conferenze di Pugwash, villaggio di pescatori della Nuova Scozia) per valutare l’impatto di una guerra atomica sullo sviluppo della civiltà umana.
Dopo la seconda guerra mondiale, grazie alla collaborazione di molti scienziati, nascono enti di ricerca europei a scopi pacifici, in cui fu fondamentale il contributo di Edoardo Amaldi, uno dei ragazzi di via Panisperna, allievo di Enrico Fermi.
A Ginevra il CERN (Centro Europeo Ricerca Nucleare, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle) e poi l’ESA (Agenzia Spaziale Europea). contro le guerre e a favore di un governo democratico mondiale
Di queste esperienze e di molte altre iniziative italiane e internazionali si parla nel volume “Fisica per la pace”, scritto a più mani e curato da Pietro Greco, che sarà presentato e discusso alla Camera del Lavoro venerdì 19 gennaio alle ore 17.30.
Un’occasione importante per riflettere sull’importanza della fisica nella civiltà, nella cultura e nella politica.
Non solo la comunità scientifica può fare molto per la pace nel mondo, come viene raccontato nel libro. C’è di più. E’ il metodo stesso della ricerca che dà un contributo fondamentale al futuro dell’umanità.
La scienza si sviluppa sulla base della libera comunicazione e dello scambio di informazioni in un contesto aperto e democratico, lontano da dogmi e autoritarismo.
L’esempio recente dell’acceleratore SESAME in Giordania, dove lavorano ad un progetto comune israeliani, palestinesi, iraniani, egiziani e turchi dimostra che la fisica può costituire un efficace ponte di pace.
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