Chiosco di piazza Nettuno, dopo il sequestro arriva il rinvio a giudizio

Un funzionario comunale compiacente rilascia un’autorizzazione illegittima e permette ad un privato di realizzare un ‘ingiusto profitto’ attivando un’attività commerciale in una struttura abusivamente costruita in una piazza sottoposta a vincolo paesaggistico.
Un episodio purtroppo non raro, ma – nel nostro caso – bloccato dall’intervento della magistratura.
Il privato e il funzionario sono stati, infatti, rinviati a giudizio e dovranno comparire, a gennaio, davanti alla terza sezione penale del Tribunale di Catania.
Sono dei vecchi conoscenti di Argo, Giovanni Vasta, legale rappresentante della Società Nuova Epoca e Francesco Gullotta, dirigente pro-tempore del Servizio attuazione della Direzione Urbanistica del Comune di Catania.

La struttura, come avrete già capito, è il chiosco di piazza Nettuno, di cui ci siamo più volte occupati, pubblicando il progetto, la relazione tecnica, la scheda istruttoria che si chiudeva con un parere negativo, ignorato dal dirigente che rilasciava comunque l’autorizzazione.
Negativo era stato anche il parere della Direzione Attività Produttive che richiamava le norme sul commercio in area pubblica che escludono strade e piazze, riservate al transito di veicoli e pedoni. Vi si sottolineava anche la necessità di garantire un “corretto e uniforme funzionamento del mercato” senza discriminazioni e particolarità.
Anche il tecnico istruttore e responsabile del procedimento, Salvatore Barbagallo, aveva richiamato le norme quando osservava che la realizzazione di chioschi di vendita, secondo il Piano Regolatore, è prevista solo nelle zone di verde pubblico.
Tutti richiami inascoltati dal dirigente che firmò l’autorizzazione con una motivazione che il giudice, nel decreto di rinvio a giudizio, definisce ”incongrua”. In particolare quando Gullotta afferma ‘apoditticamente’: “visto quanto sopra ed il quadro generale delle norme e delle prescrizioni secondarie, trattandosi di area di proprietà Marittima Regionale, si rilascia comunque il nulla osta positivo”.

Il Demanio Marittimo, d’altra parte, non brillava per coerenza, ondeggiando tra concessioni e revoche, mentre la Soprintendenza non trovava nulla da ridire nonostante la collocazione del chiosco in un’area di grande valore panoramico-paesaggistico.
Quanto al Tar, dava ragione – nel 2015 – alla Nuova Epoca contro il Comune tirando in ballo le leggi di liberalizzazione delle attività economiche introdotte nel 2011, senza prendere in alcuna considerazione l’esistenza di vincoli posti da un “interesse generale costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario”.
Nessun riferimento alla necessità di tutelare un bene comune come la piazza in questione, posta in zona di incomparabile bellezza paesaggistica, nessuna considerazione dei principi costituzionali (utilità sociale, libertà, dignità, sicurezza, paesaggio e ambiente) che configurano il limite alla libertà di impresa.
Il 12 gennaio prossimo gli imputati che compariranno davanti ai giudici saranno Giovanni Vasta e Francesco Gullotta, come è giusto che sia, ma, in questa vicenda, ci sono anche altre responsabilità, indirette e diffuse, di cui forse nessuno sarà chiamato a rendere conto.

Argo

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  • Una cosa spicca nel fattaccio: parecchie persone , addetti comunali o meno, hanno tentato di dissuadere i colpevoli di un semplice chiosco abusivo. Silenzio totale invece da parte di sindaci, assessori, associazioni cittadine e di quanti siano responsabili del fronte mare chiuso tra il centro storico e la Plaia, della darsena portuale abusiva e devastante, al servizio esclusivo di trasportatori da quali cui non risultano esclusi quelli sotto indagini, sequestri e perfino confische per mafia . Un abuso ambientale e procedurale già costato i primi ben 100 milioni di Euro, che preclude qualsiasi ipotesi di sviluppo turistico marittimo e qualsiasi fonte di lavoro e rinascita economica per tutti noi tartassati da tempo dagli amministratori comunali e dagli ultimi sindaci in testa.

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