Un appuntamento importante, quello di sabato scorso, che ha consentito alla città di ‘affacciarsi’ all’interno di un’esperienza che, dopo il coinvolgimento della cittadinanza con il crowdfunding, è iniziata quasi in sordina, come è giusto che sia per chi si rimbocca le maniche e si mette al lavoro piuttosto che suonare la grancassa delle dichiarazioni.
Quella che ora si presenta come una struttura semplice ma accogliente era un casolare in rovina su cui è stato necessario intervenire in modo radicale, dal tetto al pavimento, dall’allaccio dell’acqua a quello della fognatura. E i lavori non sono ancora finiti, soprattutto per quanto riguarda l’area esterna.
A conclusione del progetto la struttura tornerà al Comune e la città avrà recuperato un bene comune che, ci auguriamo, verrà salvaguardato e opportunamnte riutilizzato.
Coinvolgono un centinaio di giovani, quasi tutti migranti, e l’inserimento sociale pare che stia funzionando se è vero che, come abbiamo verificato, i giovani stranieri frequentano i corsi con entusiasmo, sono contenti di apprendere e/o scambiare le proprie conoscenze.
L’inserimento lavorativo è ancora solo una speranza perchè trovare lavoro è problematico anche per chi ha acquisito delle competenze. A meno che non riesca a mettersi in proprio.
Ecco il senso della seconda fase del progetto, che dovrebbe iniziare a settembre. I ragazzi proveranno a gestire in modo autonomo le officine, sperimentando forme di imprenditorialità, nella prospettiva di costituirsi possibilmente in cooperativa.
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A questa fase 2 si stanno già preparando con dei laboratori ‘trasversali’ su come si fa impresa, si organizza un business plan, si gestiscono le pratiche burocratiche, si cura la comunicazione.
Una formazione ad ampio raggio che dà, evidentemente, molto spazio anche ai temi ambientali e alla importanza del riutilizzo come forma di riduzione dei rifiuti, di cui noi, abitanti del territorio, siamo – come sottolineato dallo stesso progetto – i beneficiari.
E tanto più lo saremo se decidiamo di attivarci e collaborare, evitando di farci sopraffare dalla sfiducia e dalla pigrizia.
Potremmo cominciare a portare, nella sede di Fieri, via Palermo 541, materiali per il Centro di Riuso, dai mobili agli elettrodomestici, dalle biciclette (o parti di esse) ai tessuti, dai bottoni alle cerniere, agli oli vegetali, necessari per fare i saponi.
Tutto quello che si può riparare verrà riparato. O per noi stessi, dietro pagamento di un contributo che servirà a sostenere il progetto, o per essere messo in vendita.
La commercializzazione dei prodotti realizzati è infatti un altro obiettivo del progetto, e noi tutti possiamo contribuire con l’acquisto anche solo di una saponetta o di una maglietta serigrafata.
La vendita dei prodotti sarà organizzata al più presto in una stanza della struttura, il ‘bazar‘.
Per informazioni, cell. 3381215527, email riuso@fieri.info
Molto eloquente il video che puoi guardare cliccando qui.
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