Sul primo numero di quest’anno de I Cordai, Ivana Sciacca firma un breve e incisivo articolo in cui definisce la ‘riappropriazione’ del Midulla “un gesto molto forte che unisce semplici cittadini, che dal basso si riprendono ciò che gli appartiene”.
Tanto più che “a poco meno di un mese dalla riapertura, al Midulla si fanno già tantissime cose: corsi di danza, di percussioni, cineforum, doposcuola, laboratori creativi e tanto altro”.
La questione, racconta Sciacca, è stata oggetto di scontro anche all’interno del Consiglio della Prima Municipalità, tra chi denunciava l’occupazione abusiva e temeva che generasse un deterioramento della struttura e chi chiedeva di regolarizzare la posizione “di questi ragazzi” che hanno reso fruibile un luogo da tempo inutilizzato.
La chiusura è durata cinque anni, durante i quali è stato rubato tutto quello che poteva essere portato via.
Nato come cinema, l’edificio fu distrutto da un incendio e successivamente acquistato dal Comune che lo trasformò in centro polifunzionale, con una piccola biblioteca e una palestra “di tutto rispetto”, utilizzando i fondi Urban.
Finiti i soldi, la struttura fu lasciata chiusa e abbandonata al degrado, nonostante diverse associazioni ne avessero chiesto l’assegnazione.
Oggi, conclude Sciacca, questo ulteriore “tassello della cattiva amministrazione” della città torna a vivere. Un fatto importante in un quartiere in cui prevalgono disoccupazione, povertà, dispersione scolastica, criminalità minorile. E in cui è percepito come assente lo Stato.
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