Giuseppe Dossetti testimone del nostro tempo

Una vita ricchissima di azioni e pensieri quella di Giuseppe Dossetti, giurista, teologo, politico, cristiano. L’ha raccontata, lo scorso venerdì 27 gennaio, il teologo Pino Ruggieri inaugurando – nella chiesa del Crocifisso della Buona Morte – il primo di una serie di incontri incentrati sulla figura di “testimoni” del nostro tempo.
Un’esistenza, quella di Dossetti, racchiusa tra il 1913 e il 1996, che ha attraversato quindi buona parte del secolo scorso influendo notevolmente sul corso degli avvenimenti sociali e politici del nostro paese.
Don Ruggieri ne ha ricordato le date e gli episodi fondamentali, la laurea nel ’34 a Bologna, il proseguimento degli studi giuridici alla Cattolica, la sua adesione alla lotta partigiana dal ’43 alla fine della guerra, quando verrà eletto presidente della sezione dell’Emilia Romagna del Comitato di Liberazione Nazionale. La discesa nel campo della politica è tappa obbligata: farà parte della Costituente, elaborerà il programma della Democrazia Cristiana. Si devono a Dossetti le importantissime riforme Agraria, della Cassa del Mezzogiorno e quella Tributaria.
I continui conflitti con De Gasperi lo spingeranno però ad abbandonare di lì a poco la politica, il cui problema principale riguarda, secondo Dossetti, lo strapotere del governo che si arroga il diritto di elaborare il programma politico del partito e non lascia invece, come dovrebbe avvenire in una più matura democrazia, che sia il partito a decidere viceversa le linee programmatiche del governo.
Nel 1953 Dossetti fonda a Dossena l’Istituto di Scienze religiose, aperto ai laici, perché crede che solo un laicato competente negli studi teologici sarà in grado di rinnovare una Chiesa in profonda crisi.
Il richiamo della politica si farà risentire prepotentemente quando due anni dopo Lercaro, vescovo di Bologna, chiede a Dossetti di presentarsi capolista per la DC. Naturalmente a Bologna “la rossa” trionfa il PC di Dozza, ma per alcuni anni Dossetti farà parte del consiglio comunale della città e stilerà il famoso Libro Bianco nel quale tutte le amministrazioni di sinistra degli anni a venire attingeranno a piene mani per la messa a punto dei loro programmi sociali.
Nel 1959 Dossetti abbraccia il sacerdozio, cominceranno gli anni della proficua collaborazione col cardinale Lercaro: sono gli anni del Concilio e Dossetti scrive il regolamento valido a partire dal secondo periodo dei Concili (1963).
Coordina l’edizione critica delle decisioni dei Consigi Ecumenci, un prezioso documento, a tutt’oggi valido, attraverso il quale i vescovi possono conoscere le decisioni prese nei Concili precedenti.
Dopo aver partecipato al seguito di Lercaro al Concilio, lavora alle celebri omelie del suo vescovo che hanno per tema la pace e la povertà.
L’esplicita condanna dei bombardamenti americani in Vietnam, avvenuta nella giornata della Pace del 1968, costringe Lercaro a lasciare la diocesi bolognese.
L’allontanamento di Lercaro coinciderà con il ritiro di Dossetti nella comunità monastica da lui fondata: la “Piccola Famiglia dell’Annunziata”. Per alcuni anni si trasferirà in Palestina alla ricerca di un cristianesimo più aderente alle origini quale era secondo lui quello orientale.
Il 22 febbraio del 1986 il conferimento a Bologna dell’Archiginnasio d’oro sarà l’occasione per tenere un discorso in cui riepiloga il suo vissuto di uomo e di cristiano.
L’impegno politico lo richiamerà un’ultima volta in difesa della Costituzione minacciata dal governo Berlusconi. Di nuovo nelle piazze, nel ’94 tiene comizi un po’ in tutta Italia e promuove la creazione di comitati su tutto il territorio nazionale. È il suo ultimo contributo alla vita pubblica, si spegnerà due anni dopo nella sua comunità di Monteveglio. Nel discorso all’Archiginnasio Dossetti cita un racconto chassidico dove è detto che “ognuno deve guardare attentamente verso quale via lo spinge il cuore, ed a quella attenersi con tutte le sue forze”.
Nota con soave umorismo il nostro relatore che le vie percorse da Dossetti sono state invece davvero tante e varie! Ma tutte sono state percorse fino allo stremo delle sue forze, con una radicalità d’impegno che non è mai venuta meno. Per usare le sue espressioni, ogni azione è stata compiuta con “spendita estrema”, con “scialo della vita”. La stessa radicalità si trova nell’adesione alla parola di Dio, è un’adesione nuziale che si riconosce nel primato della Bibbia e nella centralità dell’Eucarestia.
Dossetti è stato il monaco che non dimentica la città. Sapeva che né la Chiesa né gli Stati pongono riparo alle enormi ingiustizie che piagano l’umanità, che solo con i poveri, anzi, nei poveri si può adorare il Signore.
Una Chiesa che non riconosce il primato della Grazia sulla volontà dell’uomo e continua a sentirsi forte attraverso i movimenti e le attività organizzative tradisce sé stessa, e non influirà mai sui valori fondanti dell’umanità.
Una vita politica basata su gruppi di potere che dettano legge e la condizionano pesantemente non sarà mai una democrazia matura ma sempre aleggerà su di essa l’ombra oscura del fascismo. Questo il pensiero di Dossetti, ancora così dolorosamente attuale.
La relazione di Don Ruggieri si conclude con il verso di Isaia “Sentinella cosa resta della notte?” citato da Dossetti nel ’94 in commemorazione della morte di Giuseppe Lazzati. Come non riconoscere anche Dossetti nel ritratto della sentinella che scruta l’orizzonte per cercare sopra il mare buio e livido della storia tenui segnali di speranza?
Sentinella intrepida è stato Dossetti ed insieme a lui i suoi amici di sempre, Lazzati e La Pira, tutti e tre testimoni del nostro tempo,
figure esemplari di politici e di cristiani.

Argo

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